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Articolo 21 - Editoriali
La senescenza di Rai e Mediaset e la crisi degli ascolti
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di Stefano Munafò

Il Sole 24 Ore di recente (in una nota di Francesco Siliato), ha messo il dito nella piaga evidenziando come la Rai , nellâ??appena trascorso mese di giugno, abbia toccato negli ascolti la quota piu` bassa di tutta la sua storia: il 39,92 per cento.

Dallâ??interno dellâ??azienda pubblica, sono subito scattate due reazioni simultanee, ma di opposto segno. Sandro Curzi ha protamente colto lo spirito dellâ??analisi di Siliato per lanciare un allarme sullâ??urgenza di rendre la Rai editorialmente e gestionalmente competitiva, dopo 14 mesi in cui lâ??azienda e` rimasta â??decapitataâ? e quasi in sonno. Lâ??Ufficio Stampa della Rai (probabilmente ispirato dal Dg, Flavio Cattaneo) ha tentato, invece , di minimizzare ed annacquare in vario modo i risultati negativi.Criticando il Sole ,soprattutto,per una mancata â??contestualizzazioneâ? dei dati, e citando lâ??assenza dei campionati europei di calcio come la vera ragione della crisi del giugno 2005, rispetto allo stesso mese del 2004.

In realtĂ  , Siliato aveva proposto unâ??analisi dei dati semestrali della Rai che partiva addirittura dal 1987 (il primo anno dellâ??era Auditel) per arrivare al 2005. Un grafico molto interessante dal quale si evince (per restare solo nellâ??arco che va dal 1996 al 2005) che la Rai ha sempre mantenuto, con alcune punte mensili in basso,una quota media semestrale oscillante tra il 47 e il 48 % . E` stato solo a partire dal 2002, che i risultati sono scesi stabilmente sotto il 47 %, e precisamente: il 46,43 nel 2002, il 44,90 nel 2003, il 44,30 nel 2004, e appena il 42 ,57 nel 2005 ,con la punta negativa del 39,92 nel gia` citato mese di giugno. Siliato, pero`, non ci ha voluto spiegare le ragioni di questo rapido e progressivo declino degli ascolti Rai nellâ??Intera giornata. Neppure in termini generali. E non ci ha proposto, soprattutto, unâ??analisi comparata rispetto ai risultati conseguiti negli stessi periodi da Mediaset, e successivamente da  La7, dalle Altre TV, e in particolare, negli ultimi tre anni, da Sky-Italia. Senza allontanarci troppo indietro nel tempo e` presumibile pensare che in tutta una prima fase (quella piu` lontana) , il declino Rai sia essenzialmente dovuta ancora alla perdita costante e progressiva della vecchia â?? rendita di monopolioâ? di cui ha goduto la Rai. Negli ultimi anni ,pero`, insieme alla crisi Rai ha giocato un fenomeno nuovo, che ha colpito insieme non solo la Rai ma anche Mediaset. Lâ??omologazione dellâ??offerta duopolistica, la stanchezza e la ripetivita` dei programmi, hanno cominciato a spingere soprattutto   verso Sky il pubblico giovanile o piu` colto, proveniente da Rai e Mediaset.

La voce â??Altre TVâ? (tutte le tv tranne Rai, Mediaset e La7) appena qualche anno fa comprendeva a stento una percentuale del 7%. Oggi, con lâ??avvento di Sky Italia, le Altre TV sono al 14 %, con punte del 18% di share. Una realtĂ  documentata quasi quotidianamente su  .Com da Remo De Vincenzo, uno tra i piu` attenti analisti dei palinsesti italiani. E` chiaro che questa e` ormai una fetta di pubblico stabile, che ha abbandonato Rai e Mediaset, Si consideri, in aggiunta, che si tratta di un pubblico giovane o piu`colto, che attraverso lâ??abbonamento stabilisce con Sky (e con la realtĂ  multicanale  e specializzata) una consuetudine  non estemporanea. Trattasi dunque di un pubblico destinato  inevitabilmente a crescere. Soprattutto se lâ??offerta duopolistica e generalista non riuscira` a rinnovarsi. Pier Silvio Berlusconi, nella parte finale di una recente intervista a Repubblica, ha quasi suggerito  una â??santa alleanzaâ? controâ?Ś Rupert Murdoch. â??Ci sentiamo sottovalutatiâ?Ś Lâ??industria italiana e` un valore. La tv generalista e` vista dal 98 per cento della popolazione. La tv satellitare e` solo al 16 per cento. Internet al 28, compresi gli uffici.La tv gratuita e` lâ??unico mezzo per tutti eppure nessuno si preoccupa di salvaguardare questa industriaâ?.

Tutto comprensibile. Ma con due piccole notazioni. Primo, non pare davvero che il governo italiano e le sue leggi (vedi la Gasparri) abbiano  trascurato gli interessi e i valori industriali di Mediaset. Casomai sono stati mortificati quelli della Rai, come dimostra , non fosse altro, il fatto che, il servizio pubblico e` stato lasciato senza â??testaâ? per quattordici mesi. Caso unico nella storia dellâ??industria italiana. Secondo, e` giusto difendere lâ??industria televisiva italiana (e in particolare quella generalista) con il suo â??indottoâ? locale e la sua natura nazional-popolare.

Ma il duopolio italiano deve essere anche capace di difendere se stesso. Legittimandosi, innanzitutto per il suo pluralismo nellâ??informazione e la circolazione in generale dei modelli culturali (soprattutto in Rai).E curando i mali della omologazione, della senescenza e della ripetivita` dei programmi che si sono affermati nelle due aziende. Nellâ??emisfero Rai, per mancanza di linee strategiche consone con il servizio pubblico per eccessiva attenzione ai ricavi e un assai piu` flebile interesse allâ??investimento nei programmi, a Mediaset.

Se i piu` colti, i bambini ed i giovani (che sono il sale del pubblico di domani) abbandonano la TV generalista, ci sara` pure una ragione.

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