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Ad Articolo 21 il Premio Speciale per l’impegno contro le morti sul lavoro
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di redazione

Ad Articolo 21 il Premio Speciale per l’impegno contro le morti sul lavoro

Ad Articolo 21 il Premio Speciale per l’impegno contro le morti sul lavoro. Il riconoscimento è stato consegnato a  Modena a Filippo Vendemmiati dall’associazione culturale Sei2Sei nell’ambito di Ambiente Lavoro Convention, il più importante appuntamento nazionale dedicato  alla salute e alla sicurezza negli ambienti di lavoro. In particolare il premio vuole rimarcare il valore dell’osservatorio di articolo 21 sulle condizioni di lavoro e sulle malattie professionali.
Il 2009 è stato un anno record per quanto riguarda le denunce di malattie professionali. Sono state oltre 34 mila, il valore più alto degli ultimi 15 anni, con un aumento del 30 per cento rispetto al 2005. L’agricoltura è il settore più colpito: le denunce registrate dall’Inail sono aumentate del 113 per cento in un anno. Troppo poco ancora si fa e si investe per la promozione della salute nei luoghi di lavoro, nonostante l’indubbia convenienza anche economica di questo investimento: l’Eurispes ha calcolato che il costo economico e sociale degli infortuni ha superato nel 2008 il 43 miliardi di euro, quasi il 3 per cento del prodotto interno lordo. Ad ogni euro investito corrisponderebbe invece un rendimento compreso tra i 3 e i 5 euro grazie alla contrazione dei costi provocati da assenze per malattie, senza contare gli incalcolabili vantaggi per il benessere e la qualità della vita.
Il Ministero del lavoro ha invece lanciato una campagna di prevenzione, costata 9 milioni di euro, dal titolo suggestivo e fuorviante “Sicurezza sul lavoro: la pretende chi si vuole bene”. Immagini patinate, di famiglie felici e integrate, a cui basta una telefonata o visitare il sito internet del ministero per informarsi e tutelarsi. Le morti sul lavoro, quelle vere, sono altro, specie nei cantieri edili. Le vittime sono spesso operai non in regola, giovani e ai primi giorni di lavoro, sfruttati e ricattati. Ancora una volta con questa campagna promossa dal ministero si colpevolizza il lavoratore e si nasconde la realtà drammatica dell’organizzazione del lavoro. Articolo 21 ha chiesto, inascoltato, il ritiro di questa campagna. Così come chiede a tutte le testate di informazione di abolire, di togliere dal proprio vocabolario giornalistico la definizione “morti bianche”. Chiamiamole invece morti sul lavoro, se non omicidi veri e propri. La buona informazione e, in questo caso, la prevenzione si fanno anche usando le parole con più attenzione e calibrando il significato di espressioni  tanto banali quanto pericolosamente entrate nel senso comune. “Nessuno sa per quale motivo queste morti siano state definite bianche, sottolinea Piero Proni,  consigliere delegato di Ambiente Lavoro Convention. Io preferisco il termine morti da lavoro. Eppure il parlamento ha varato una commissione che si occupa delle problematiche delle “morti bianche”. Con molta franchezza è una scelta che mi ha molto deluso”.

 


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