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Lannes, giornalista nel mirino: “ Scorta non per me, ma per la mia famiglia”
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di Bruna Iacopino

Lannes, giornalista nel mirino: “ Scorta non per me, ma per la mia famiglia”

“Non voglio protezione per me, ma piuttosto per la mia famiglia...” Gianni Lannes, giornalista free-lance e direttore del portale Italiaterranostra, autore di numerose inchieste, dal caso Ilaria Alpi, alle navi dei veleni, fino al traffico di armi e di rifiuti, si rivolge alle istituzioni. Lannes è ormai avvezzo a intimidazioni, lettere minatorie, effrazioni, freni sabotati, macchine incendiate. Il più recente di questi episodi risale a soli due giorni fa, martedì 17 novembre, una nuova intimidazione che si aggiunge al grave episodio del 5 novembre, l'auto fatta esplodere sotto casa...

Questa non è la prima intimidazione che subisci, ce ne sono state altre in questi anni. Puoi dirci quando è iniziato tutto?
Se devo trovare un precedente devo tornare al 2006. Mi stavo occupando di Somalia, dell'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Rhovatin, avevo seguito l'evoluzione della vicenda e soprattutto il lavoro della commissione parlamentare di inchiesta presieduta da Carlo Taormina. In quel periodo stavo cercando di ricostruire l'ultima fase della vicenda, quella relativa alla Toyota.
Ho scoperto che l'auto era stata comprata non in Somalia ma addirittura in Kenya e recuperata dalla polizia. Quest'auto poi è finita a Roma. Mi è stato permesso di sentire gli ufficiali  della  polizia scientifica, di fotografare la macchina, e di parlare con Taormina di nuovo. Alla fine ho messo insieme il tutto e ho proposto il pezzo al Corriere.... dopo una serie di rinvii però non se ne fece nulla; a pubblicarlo fu invece il Manifesto (18 marzo 2006). L'inchiesta giornalistica è stata la molla per far ripartire l'indagine, fino ad appurare recentemente che il Dna recuperato sulla Toyota non era quello di Ilaria e che la macchina era taroccata.
Nei giorni successivi tornando a casa, a Roma, ho trovato la porta aperta e tutto in disordine, erano entrati in casa ma non avevano portato via nulla, forse perchè non avevano trovato quello che cercavano. Ho quindi deciso di andar via da Roma.
L'anno successivo mi trovavo a Catania, per una conferenza legata alla base siciliana di Sigonella, in merito al rapporto tra gli incidenti verificatesi presso la base e la diffusione di neoplasie; in quell'occasione mi perviene una lettera anonima con minacce di morte: ho di nuovo cambiato residenza. Per arrivare ai fatti di quest'anno: il 29 giugno mi arriva una mail con nuove minacce, il 2 luglio il primo attentato, il 23 luglio hanno sabotato i freni di un'altra vettura, e il 5 novembre l'incendio di un'altra auto sempre sotto casa...


Hai fatto delle denunce, ci sono indagini in corso?
Le mie notizie sono scoraggianti, i carabinieri mi hanno notificato la richiesta di archiviazione depositata dal gip il 5 novembre, in merito al primo attentato, quello del 2 luglio... la sera stessa hanno fatto saltare la mia auto, solo una coincidenza?
Ho anche incontrato il prefetto che mi ha dato rassicurazioni, non ha però disposto alcuna protezione... non tanto per me quanto per la mia famiglia, questo nonostante l'interrogazione parlamentare presentata l'8 luglio da Leoluca Orlando, rimasta, al momento, senza risposte...

Da quanto hai affermato sembrerebbe esistere un nesso causale tra il tuo lavoro e le intimidazioni che hai subito fino ad ora... Di cosa ti stai occupando in questo periodo?
Ho ripreso a seguire la vicenda delle navi dei veleni che avevo già affrontato alla fine degli anni '80, in seguito alla sollecitazione di cittadini preoccupati per l'insorgenza di neoplasie, soprattutto nel Gargano, mi sono occupato di traffico di armi e di rifiuti...
Qualche settimana fa è stato pubblicato il mio ultimo libro,  “Nato, colpito e affondato...” e questo potrebbe avere in qualche modo un nesso con il primo attentato, quello del 2 luglio, data in cui dovevo recarmi a Napoli per intervistare Giulio Russo Krauss del dipartimento di Ingegneria  navale alla Federico II (per conto della Rai); l'intervista riguardava vicenda del Francesco Padre, il peschereccio affondato misteriosamente nell'Adriatico orientale nel 1994. Una storia che richiama molto da vicino altre storie ancora oscure, da Ustica all'Achille Lauro.
Mi sono occupato di traffico di armi e rifiuti pericolosi, di “incidenti” nei mari, di inceneritori... per esempio ho “toccato” gli interessi della Marcegaglia che in Puglia sta realizzando inceneritori illegalmente eludendo le valutazioni di impatto ambientale, tanto che uno di questi, quello di Modugno, è stato sequestrato.

Cosa chiedi dunque alle istituzioni?
Protezione per la mia famiglia, prima di tutto e che episodi del genere, a danno anche dei colleghi, non si debbano verificare più... Purtroppo il mezzogiorno d'Italia se non l'intero paese, è diventato un far west.

 

 


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