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Ddl Gelmini, monta la protesta. Un appello per la difesa dell'Università e della Ricerca
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di redazione

Ddl Gelmini, monta la protesta. Un appello per la difesa dell'Università e della Ricerca

Mentre riprende l'iter parlamentare per la riforma dell'università voluta dal Ministro Gelmini, e cresce la protesta di studenti e di ricercatori dal nord al sud della penisola in vista del presidio previsto per domattina davanti a Montecitorio l'Unione degli universitari diffonde un appello destinato alla "... svegliare la politica e la società civile."

Per la difesa dell'Università e della Ricerca
La conoscenza e la formazione sono la chiave del progresso e della democrazia. Pensiamo che il sapere rivesta nella società un ruolo di primo piano ed è fondamentale per realizzare una “società della conoscenza” in cui il sapere garantisca i diritti di cittadinanza e il progresso sociale, economico e civile. La formazione e l’accesso alle informazioni sono, quindi, necessari per una società democratica, plurale, dei diritti e delle pari opportunità per tutti. Nel nostro Paese da troppi anni il sistema formativo italiano subisce un duro attacco attraverso il taglio sistematico dei finanziamenti, riforme non condivise e continui tentativi di privatizzazione. Mentre la globalizzazione dell’economia cambia il volto della società e rende sempre più strategico il settore della formazione e della conoscenza, l’Italia continua ad ignorare l’Università e la ricerca ed è tra gli ultimi paesi in Europa per spesa per l’istruzione e la formazione. Il ruolo del sapere come strumento di critica e di acquisizione della conoscenza dei diritti è messo in discussione dalle politiche di smantellamento del sistema universitario e di ricerca pubblica.
Oggi il sistema universitario e quello della ricerca sono prossimi al collasso finanziario e gestionale stretti fra i tagli continui ai finanziamenti, il disordine legislativo e i tentativi di riforma che ne minano al fondo il carattere pubblico. Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi dieci anni hanno, chi più chi meno, ridotto progressivamente i finanziamenti per didattica, ricerca, strutture e diritto allo studio giustificando questi tagli con i malfunzionamenti che pure ci sono nel sistema ma senza mai concentrarsi veramente sui problemi reali con l’intenzione di risolverli. Negli ultimi due anni l'attacco al sistema universitario, e della formazione in genere, si è intensificato fino a livelli senza precedenti con la Legge 133/08, la Legge 1/09 e ora con il DDL Gelmini e la Manovra correttiva, e in ultimo la Legge di Stabilità (ex finanziaria). I tagli della L. 133 non sono stati minimamente rivisti nella manovra che invece li intensifica attraverso un taglio del 10% alle spese dei ministeri, ma soprattutto con la conferma del blocco del turn-over del personale della pubblica amministrazione. La legge di stabilità porterà il più grande taglio al diritto allo studio che sia mai stato fatto fin'ora: entro il 2013 le risorse per le borse di studio saranno ridotte del 90%. E' la fine del diritto allo studio. Il ritorno definitivo all'università di classe.
La figura dei ricercatori con il DDL viene umiliata, cancellata e ridotta ad appendice precaria del sistema accademico. Mentre durante la crisi tutti i paesi investono in istruzione e ricerca come via a lungo termine per uscirne, l'Italia attraverso il ddl Gelmini precarizza migliaia di ricercatori, ne impedisce l'accesso al mondo accademico, distrugge gli enti pubblici di ricerca.
Le ragioni dei problemi e dei malfunzionamenti del sistema universitario sono molteplici e diverse, ma ad aggravare fortemente questa mala gestione c’è proprio il taglio delle risorse che non consente agli Atenei di garantire servizi di qualità ed una sostenibilità della didattica e soprattutto della ricerca che necessità di fondi e strutture adeguate. Sicuramente negli anni ci sono state pessime gestioni delle risorse e sprechi, che vanno combattuti. Ma non è tagliando indiscriminatamente su tutto il sistema che il sistema diventa virtuoso e capace di autogovernarsi. I tagli indiscriminati generano una guerra tra poveri in cui sopravvivono comunque i gruppi di potere più forti e le baronie meglio organizzate penalizzando così sempre e comunque quella parte (maggioritaria) del sistema pubblico che funziona.
La verità è che il taglio dei fondi, i tentativi di privatizzazione e il modello aziendalista sono oggi gli strumenti che il Governo utilizza per disegnare un sistema in cui le università diventino un lusso per pochi, mentre alla maggioranza degli studenti si lascia un’istruzione scadente. L'obiettivo è portare la ricerca sotto il controllo del mercato, limitarne l'autonomia e la libertà.
Le mobilitazioni studentesche e del mondo accademico, oltreché della formazione e della cultura in generale, stanno mostrando tutto il dissenso e l’opposizione verso i tagli e la privatizzazione prospettate dal Ministro Gelmini, rivendicando una formazione pubblica, libera e che garantisca un futuro ai giovani, al Paese, alla democrazia.
Rifiutiamo che le Università di qualità siano solo per pochi e ricchi. Non possiamo accettare la privatizzazione del sistema, la distruzione del diritto allo studio, l'espulsione di massa di migliaia di precari della ricerca e insegnanti dai luoghi della formazione.
Ma oltre al danno, la beffa più grande sta nel gioco delle tre carte degli emendamenti al ddl presentati dalla maggioranza per cancellare i finanziamenti stanziati dagli emendamenti precedentemente presentati dalla maggioranza stessa e approvati in Commissione Cultura. La maggioranza ha quindi scelto di forzare l’approvazione del ddl Gelmini per portarlo a casa a tutti i costi, facendo anche marcia indietro sulle disponibilità finanziarie precedentemente espresse tornando così ad una riforma a costo zero.
Con questo appello vogliamo svegliare la politica e la società civile. Il 17 novembre è stata la giornata internazionale di mobilitazione studentesca per il diritto allo studio. 200.000 studenti sono scesi in piazza in tutta Italia.
Vogliamo che l’iter di approvazione del ddl Gelmini venga fermato e che venga cancellato dall'agenda parlamentare e politica (attuale e futura), e chiediamo a tutte le opposizioni di farsene carico. Le priorità immediate sono la cancellazione dei tagli al FFO e al diritto allo studio, il ritiro del decreto sui requisiti minimi, la stabilizzazione del precariato. Solo una volta eliminate queste ghigliottine al sistema universitario pubblico e al diritto allo studio si potrà e si dovrà aprire una riflessione seria e profonda sul come risolvere davvero i mail che attraversano l’Università italiana per salvaguardare e rilanciare quello che dovrebbe essere il motore del progresso di una società civile, altrimenti a pagarne le spese saranno solo gli studenti, i ricercatori e il futuro del Paese.
Udu - Unione degli Universitari


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