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Le rivelazioni di Wikileaks che inquietano i rapporti politici. Specie col Medioriente
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di Marco Calamai

Le rivelazioni di Wikileaks che inquietano i rapporti politici. Specie col Medioriente

E’ vero. Sapevamo quasi tutto, o in ogni caso sospettavamo quasi tutto, di ciò che  “racconta” Wikileaks. Eppure, tra le tante informazioni che ha donato Assange e il suo gruppo ai cittadini del mondo, alcune sono di assoluto interesse per capire quanto sta avvenendo, o rischia di avvenire, in alcune regioni cruciali di questo pianeta. Ben vengano quindi queste informazioni che tra l’altro ci aiutano a capire gli enormi rischi che si corrono in queste parti del mondo. Un esempio? Eccolo: il Medio Oriente.  Wikileaks, attraverso i dispacci delle ambasciate americane ci toglie gli ultimi dubbi.  Qui non si tratta dei soliti commenti giornalistici, rigorosi o di parte, ma di una radiografia documentata e di prima mano di quali siano le preoccupazioni che muovono in questa fase la diplomazia americana da un lato, gli altri paesi dall’altro.
Gli Usa e la ragnatela medio orientale. Qui emergono alcuni dati. Ne citiamo due che ci sembrano di particolare rilevanza.
Il primo: gli americani sono sempre più preoccupati per le armi che dall’Iran e dalla Siria, attraverso la valle della Bekaa, arrivano agli Hezbollah, il “partito di Dio” degli sciiti libanesi. In particolare i missili Scud – D (a quanto si dice di fabbricazione nord-coreana), che possono raggiungere qualsiasi punto di Israele. Dai commenti riservati si avverte la consapevolezza che Israele sta pensando sempre più seriamente a una nuova guerra contro il Libano, una decisione che i generali di Tel Aviv considerano ormai “praticamente inevitabile”.
Il secondo: si confermano le preoccupazioni americane di fronte alla nota doppiezza dell’Arabia saudita (ma anche del Kuwait, degli Emirati Arabi Uniti, del Qatar) nei riguardi del terrorismo sunnita (Al Qaeda e gruppi simili). Qui si fanno i nomi delle Ong e di altre organizzazioni arabe radicali che secondo gli ambasciatori Usa accreditati in questi paesi, svolgono il ruolo di finanziatori, non tanto occulti, dei gruppi terroristici di matrice sunnita. Questo avviene mentre i governanti, specie dell’Arabia saudita, premono sugli Usa, d’accordo con Israele, per una guerra contro l’Iran degli ayatollah sciiti, il vero grande nemico dell’universo sunnita in Medio Oriente. Questi rapporti “confidenziali” certo, non dicono niente di quanto gli Usa di Obama intendono davvero fare nella regione, eppure ci avvertono di un fatto inquietante: una nuova guerra in Medio Oriente è più che possibile e questa volta sarà probabilmente una guerra contro la minaccia atomica iraniana e contro le forze più vicine a Teheran ovvero, in particolare, il Libano, ormai controllato, politicamente e militarmente, dagli Hezbollah. Ma questi rapporti ci dicono anche che diventa sempre più difficile per gli americani continuare a subire l’ambivalenza arabo sunnita: da un lato l’alleanza a livello di governi con Washington (con relative commesse militari come l’ultima in Arabia saudita), dall’altro la copertura ai gruppi terroristici sunniti (in Iraq, in Afghanistan, in Yemen, in Somalia e via dicendo) animati dal doppio odio antioccidentale (i crociati) e antisciita (i rinnegati).
Le informazioni di Wikileaks, in sostanza, ci confermano non solo quanto sia complesso e minaccioso il quadro geopolitico del Medio Oriente ma anche che la crisi potrebbe precipitare da un momento all’altro nel baratro di un conflitto spaventoso. E ci dicono anche, amara considerazione, quanto sia insufficiente l’impegno della nostra vecchia Europa per una reale pacificazione della regione. La crisi globale sembra aver oscurato, nell’Italia berlusconiana in modo particolare, l’importanza del quadro politico internazionale, ivi compresi i punti di maggior rischio per la pace, tra l’altro non lontani da noi. Anche per questo dobbiamo essere grati a Wikileaks,  ovvero alle grandi potenzialità della tecnologia digitale e di Internet al servizio dell’informazione. Come Julian Assange ci sta dimostrando a rischio della sua stessa vita.


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