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Beni confiscati. La denuncia di Avviso pubblico: “Venderli significa restituirli alla mafia”.
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di Nello Trocchia

Beni confiscati. La denuncia di Avviso pubblico: “Venderli significa restituirli alla mafia”. “ Vendere i beni confiscati significa restituirli ai mafiosi”. E’ lapidario Pierpaolo Romani, coordinatore di Avviso pubblico, la rete che mette insieme i comuni che si oppongono alle mafie. La proposta della maggioranza, presentata in un emendamento, potrebbe avere effetti devastanti, demolendo l’impianto della legge 109 che norma la confisca dei beni mafiosi.
“I comuni sono destinatari dell’80% dei beni confiscati - ricorda Romani e di questi beni ne fanno un uso sociale( li trasformano in scuole, centri di recupero per ragazzi tossicodipendenti) restituendoli alla cittadinanza come luoghi di diritti, quelli che le mafie avevano cancellato”.
La maggioranza sembra continuare a girarsi dall’altra parte e non vuole ritirare l’emendamento. Giuseppe Mariniello, vicepresidente della commissione bilancio del Pdl, chiarisce al cronista: “  Il problema è di priorità, i soldi provenienti dalla vendita andranno al fondo unico per la giustizia, utili proprio per combattere la mafia”. Dell’uso e riuso sociale poco importa, così come dei giovani che trovano lavoro nelle cooperative che dai terreni sottratti al crimine organizzato producono vino, olio e pasta.
Ma la battaglia va avanti e Romani lancia un appello. “Oggi i comuni si stanno opponendo a questa norma, Avviso pubblico che li mette insieme grida il suo no e invita tutti i comuni ad approvare un ordine del giorno da inviare alle massime cariche istituzionali perché si ritiri questo emendamento”. In molti comuni si sta votando all’unanimità l’ordine del giorno con voto unanime, senza differenze di casacca.
C’è un altro elemento che si accompagna a questo emendamento: la destrutturazione dell’impianto centrale della 109: il riuso sociale dei beni e l’alto valore simbolico che a questo atto si assegna. Mariniello chiarisce il pensiero della maggioranza: “ Che riuso sociale? L’uso sociale è potenziare il bilancio delle forze dell’ordine, dando i mezzi a chi fa questo lavoro, aumentando la presenza della polizia nei territori. Più finalità sociale di questa, poi tutto il resto se ne può parlare, ma ora servono i soldi. Non servono gli slogan”. Alla domanda se una parte del Pdl strizza l’occhio all’anfimafia delle chiacchiere, Mariniello precisa e isola: “ No ma quale parte, sono singoli elementi, alla fine prevarrà la ragione e la ragione è l’emendamento approvato al senato che potremo, di certo, anche migliorare”.
La nuova lotta alla mafia, secondo il governo, è fatta di militari in strada e repressione. Il resto, come ha detto Mantovano, lo lasciamo all’antimafia delle chiacchiere. Quell’antimafia delle chiacchiere che chiede il riuso sociale dei beni, una battaglia che caratterizzò l’impegno politico di Pio La Torre, ammazzato dalla mafia nel 1982. Sull’alto valore simbolico del riuso sociale dei beni mafiosi interviene anche Francesco Menditto giudice delle misure di prevenzione a Napoli: "Invece di vendere i beni confiscati che, attraverso prestanomi rischiano di tornare alla mafia occorre accelerare i procedimenti di confisca e di destinazione a fini sociali.
Le mafie non si combattono solo con la repressione ma anche con gesti di alto valore simbolico, oltre che pratico: con la destinazione a fini socialmente utile dei patrimoni confiscati si riafferma la legalità e si restituiscono alla comunità i beni sottratti con l'intimidazione e la violenza”. E i magistrati che aderiscono all’appello di Libera aumentano, il governo e la maggioranza continuano sulla loro strada: vendiamo i beni e facciamo cassa. Anche se all’asta oltre ai beni andrà la credibilità della lotta alla mafia.

Ascolta l’intervista a Pierpaolo Romani.

Domani iniziativa a Roma di Avviso Pubblico.

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