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Elogio di “Agorà”: la RAI che piace a noi
Elogio di “Agorà”: la RAI che piace a noi Non è costume di questa rubrica lasciarsi andare ad eccessivi elogi di chicchessia: anche quando si tratta di persone che stimiamo o con le quali abbiamo addirittura condiviso importanti esperienze, avventure e battaglie, preferiamo mantenere il basso profilo.
Faremo così pure in questo caso, benché il tema ci stia particolarmente a cuore, poiché si tratta di libertà di stampa e di amici e colleghi che ogni giorno, col proprio esempio, danno un senso e un’applicazione concreta alla nostra idea di un servizio pubblico aperto e plurale.

Ci riferiamo ad “Agorà”, la bella trasmissione condotta da Andrea Vianello, in onda la mattina su Raitre, dal lunedì al venerdì.
La seguo, più o meno, da quando è iniziata, nel settembre del 2010, e la apprezzo soprattutto per il suo stile garbato ed equilibrato, per il brio che Vianello riesce a conferire anche alle discussioni più accese, per il fatto che è una delle poche trasmissioni, in RAI e non solo, in cui sono rappresentate davvero tutte le opinioni: da Marco Rizzo a Storace, compresi i giornalisti più “scomodi” e querelati, gli scrittori più indipendenti e, spesso, provocatori, gli esponenti sindacali, i docenti universitari di tutte le opinioni politiche, gli imprenditori e i comuni cittadini  (i “cittadini dell’albero”, come li chiama il conduttore, dato che i monitor da cui parlano sono posti su una sorta di albero virtuale) che si confrontano con gli ospiti in studio. Persone diverse, insomma, così autenticamente diverse che quasi sempre vengono fuori dibattiti interessanti e per nulla banali.

E poi c’è il Moviolone: la riproposizione di trasmissioni televisive, assemblee politiche, interviste, incontri, vignette satiriche del giorno precedente, curato da Antonio Sofi e Rossella Romano con arguzia ed ironia, selezionando e dando risalto anche ad episodi che molti altri programmi tendono ad ignorare o, peggio ancora, a censurare.
Senza dimenticare l’Approfondimento, nella seconda parte della trasmissione, in cui ha ancora più spazio la società civile e quella parte del mondo politico che si occupa di precisi settori e ha la possibilità di esprimere le proprie competenze in merito ad un argomento, restituendo alla politica quella concretezza che, purtroppo, in questi ultimi anni le è spesso mancata.

Infine, e questo è l’aspetto che rende “Agorà” un’esperienza quasi unica nel panorama televisivo italiano, ha una squadra di giornalisti molto giovani, molto affiatati, desiderosi di far bene, di approfondire, di raccontare, di fornire agli spettatori non solo le notizie e i retroscena delle varie vicende ma pure le emozioni, la gioia, il più delle volte i drammi di chi le vive.
Dalla tragedia della “Costa Concordia” ai pendolari, dalla scuola ai fenomeni di costume, l’Approfondimento è un cannocchiale sempre puntato sulla realtà italiana ed internazionale, con un occhio attento e critico sulle singole questioni, mai superficiale, mai approssimativo, mai retorico, sempre corretto, come del resto il talk show, e attento a dar voce alle differenti posizioni senza favorire o sfavorire nessuno.

Quando sono a casa, “Agorà” accompagna la mia colazione, entrando in casa con eleganza, quasi chiedendo permesso, in punta di piedi, come la tivù di una volta, quella dei grandi reportage, delle grandi inchieste, dei pionieri che tanti citano a sproposito ma di cui pochi seguono l’esempio.
Quando non sono a casa a quell’ora, cioè il più delle volte, “Agorà” mi tiene compagnia il pomeriggio o la sera tardi, quando la giornata è già trascorsa, le notizie le conosciamo già, tutto è già successo e quel confronto, vivace ed avvincente, mi riporta all’inizio, prima che i fatti si svolgessero, prima che il Parlamento si esprimesse, prima che divampassero feroci polemiche, prima dei crolli della Borsa o dei vertiginosi aumenti dello spread. Talvolta, mi è capitato persino di chiedermi come sarebbero andate le cose se chi di dovere avesse dato retta ad una riflessione, magari ad un semplice commento di un ospite o di un cittadino o anche di un intervistato o, perché no, del conduttore stesso.

“Agorà”, almeno per me, è molto più di una trasmissione: è un’idea di televisione, è il simbolo della RAI che vorrei sempre vedere, è, a modo suo, un’altra idea d’Italia; forse, è semplicemente un ritorno all’epoca, neanche così remota se ci si pensa, in cui la parola “umanità” non era considerata solo vuota retorica.
Se c’è una cosa che vorrei ci lasciasse il governo Monti, con l’auspicio che duri fino al termine della legislatura, è proprio questa sobrietà, questo rapporto schietto con la realtà che ad “Agorà” c’è sempre stato e, piano piano, sta prendendo possesso anche degli altri approfondimenti della RAI e di La 7.
È una sensazione molto gratificante accendere la tivù e sentirsi non semplici spettatori ma protagonisti, al centro dell’argomento di cui si sta parlando; è piacevole sapere di essere precursori di un modello d’informazione che fino a qualche tempo fa era considerato un retaggio del passato mentre adesso tutti hanno capito che, al contrario, è l’unica e l’ultima occasione che abbiamo per riappropriarci del nostro futuro.
Roberto Bertoni
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