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Si arrivi quanto prima alla verità
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di Rita Borsellino

Si arrivi quanto prima alla verità

“Dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio, Totò Riina presentò il  papello, una sorta di conto e condizioni e qualcuno si fece vivo”. Lo  disse per la prima volta Giovanni Brusca in un interrogatorio del 10  settembre del ‘96. Nel 2001, sempre Brusca, anche sulla base di  quanto raccontato nove anni prima dal pentito Gaspare Mutolo a  proposito di un incontro tra Paolo Borsellino e l’allora ministro  dell’Interno Nicola Mancino, riferì che “Borsellino fu ucciso perché  voleva fermare la trattativa tra pezzi dello Stato e i Corleonesi  avviata dopo la strage di Capaci”.    

Sono passati lustri e decenni da queste e da altre rivelazioni. Che  oggi sembrerebbero trovare conferma nel “papello” consegnato ai  magistrati da Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco di  Palermo, che della presunta trattativa sarebbe stato il principale  intermediario.  Il condizionale, purtroppo, è d’obbligo, in questa vicenda che  continua ad essere avvolta da un alone di mistero, con personaggi  che dicono e non dicono, ricordano e non ricordano. Fatto sta che le  maggior parte delle testimonianze raccolte negli ultimi 17 anni ci  raccontano le stesse cose: ossia, che in qualche modo la trattativa  tra Stato e mafia fu intavolata e che a questa trattativa Borsellino,  come non poteva essere altrimenti per un uomo che ha a cuore le  istituzioni e la democrazia, era contrario.

Da qui, l’ipotesi che  “l’accelerazione” dell’uccisione del giudice fu impressa proprio per  evitare pericolose interposizioni.   Insomma, si tratta di un quadro lineare. Che poi ci sia voluta una  trasmissione televisiva per riportarlo alla luce, piuttosto che  testimonianze riferite nelle sedi opportune, ossia le procure, è un  fatto che fa pensare e che fa male. Un fatto che potrebbe  aggiungere altra confusione al già fitto giallo di cui stiamo parlando.  Ma tant’é…  Dopo diciassette anni, dopo tutto questo tempo in cui alcune cose  sono state tralasciate e su altre non si è indagato a sufficienza, ciò  che importa è che si arrivi finalmente e al più presto alla verità. 

Quella vera, e non le piccole e tante verità che in questi anni hanno  deviatoi e confuso. Perché non è più accettabile continuare ad  assistere a questa pantomima inquietante, con “pillole di verità” che  vengono fornite a puntate, anche da uomini delle istituzioni la cui  memoria sembra funzionare a intermittenza. Perché non è più  accettabile che non si sappia ancora che fine abbia fatto l’agenda  rossa del giudice Borsellino in cui sicuramente sono contenute  queste verità  o che cosa sia successo nel covo di Totò Riina nei  giorni successivi alla sua cattura.  Chi ha sbagliato si assuma le proprie responsabilità. E la giustizia  faccia il suo corso. Che è poi quello di far trionfare la verità.  

*Deputato del Parlamento europeo   


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