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Articolo 21 - ESTERI
L’Africa? c’est moi
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di Alberto Bobbio*

L’Africa? c’est moi

L’Africa? “A moi”, dice senza alcuna remora retorica il presidente francese Nicolas Sarkozy, dopo aver vinto la gara a chi bombardava per primo il Colonnello Gheddafi. C’è una lezione da trarre circa ciò che accade nel Nord Africa e poi più a sud tra Costa d’Avorio, la Nigeria gonfia di petrolio e distretti nazionali colmi di minerali indispensabili alle tecnologie occidentali. Ed è quella che le bugie hanno le gambe corte e di solito lasciano sul terreno macerie.

In questo caso le macerie hanno un nome preciso: fame, sottosviluppo e rapina. La gara del presidente francese aveva un intento ben preciso. Mettere alle corde il leader libico poiché disturbava interessi francesi non solo nell’area del Maghreb, ma anche nella fascia subsahariana. Gheddafi certamente è un tiranno del suo popolo, ma le motivazioni etiche ed umanitarie non sono mai la ragione degli interventi delle cosiddette “coalizioni dei volonterosi”. Gheddafi era un disturbo, anzi il disturbo primario della geopolitica francese in Africa e più in generale occidentale, nel senso dei grandi interessi energetici, delle telecomunicazioni, e di quelli finanziari. Gheddafi aveva promesso di finanziarie il Fma, in pratica il Fondo Monetario africano, e la Banca centrale africana, che avrebbe dovuto emettere in futuro un’unica divisa continentale. Sarebbe stata la fine del Cfa, il franco francese africano, alter ego della vecchia moneta di Parigi in versione africana, che ha permesso alla Francia di controllare economie dai grandi potenziali e il commercio di materie prime essenziali.

Il Fondo monetario africano è nato l’anno scorso in Camerum e i Paesi occidentali, francesi in testa, si sono precipitati a bussare alla porta. Ma il protocollo adottato dagli africani, proprio da quella porta li fa stare fuori. I soldi li mettono la Libia, l’Algeria e la Nigeria. E’ stato il più grande sgarbo mai fatto dagli africani all’Occidente. La rabbia di francesi e americani, andata in scena nella gara a chi per primo premeva il pulsante delle bombe su Tripoli, la dice lunga sul motivo della guerra. Adesso il Fma avrà qualche difficoltà perché gli americani hanno congelato 30 miliardi di dollari di Gheddafi, che dovevano essere usati a quello scopo. Insomma altro che passione umanitaria e democratica per il popolo libico. Se c’è una cosa a cui si sono sempre applicati i leader occidentali e in particolare i francesi è stato sempre quello di dividere gli africani. Anche la stessa Unione Africana, una sorta di Onu del continente, è stata sempre finanziata dall’Occidente in modo da controllarla e quando gli africani hanno deciso di affrancarsi, affidandosi appunto a Gheddafi, l’unico che ha i soldi, gli europei, Sarkozy in testa, hanno creato una miriade di sigle di comunità economiche regionali per impedire all’Africa di irrobustire un organo centrale di rappresentanza che avrebbe potuto avere più voce in molti capitoli.

Ecco gli accordi dell’Eliseo con Mubarak per l’Unione del Mediterraneo per convincere il Nord Africa a staccarsi dal resto del continente. L’idea è fallita, ma le bombe su Tripoli sperano di rivitalizzarla. Oggi i tentativi di Zuma, il presidente sudafricano che ha in tasca un mandato dell’Unione Africana per trovare una soluzione diplomatica e non militare alla guerra in Libia, dimostrano che si stanno giocando due partite non solo circa le armi, ma soprattutto circa gli interessi. E che la pace, la giustizia, lo sviluppo e la vita dei popoli africani presi in mezzo dalle tragedie, sono purtroppo le ultime ragioni, come sempre relegate in fondo alla fila.

*da www.ilmondodiannibale.it


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