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Neve e gelo non fermano la protesta degli operai Yamaha
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di Micol Sarfatti

Neve e gelo non fermano la protesta degli operai Yamaha

Su Milano è scesa  la neve, ma loro no, non sono scesi.  Nemmeno la nevicata che ha ricoperto Milano e provincia ha smosso  i quattro operai Yamaha che dal 16 dicembre protestano sul tetto dello stabilimento di Lesmo (Monza), chiuso dalla casa madre giapponese. Lele, Paolo, Martino e Jarni, questi i loro nomi, vogliono ottenere la cassa integrazione, negata dall’azienda, per i 66 lavoratori licenziati. Si sono attrezzati hanno tende rinforzate, sacchi a
pelo e fornelli da campo, il gelo e la neve sono impietosi, ma non abbastanza per farli desistere.
Nella notte Gianluigi Redaelli, segretario Fim Cisl, ha mostrato loro un comunicato stampa dell’azienda che si dichiara disponibile ad esplorare il ricorso alla cassa integrazione, ma non è stato sufficiente «L’esplorazione al ricorso è già stata fatta durante l’incontro al Ministero del lavoro-precisa Redaelli - gli operai richiedono l’accettazione della cassa integrazione nero su bianco.»  
Yamaha prende tempo, nonostante i richiami delle istituzioni, per ora solo locali, e rimanda ogni decisione al 28 dicembre «Non si può tenere la situazione bloccata in questo modo, aspettare dopo Natale per una responso dall’azienda è assurdo, soprattutto con queste condizioni climatiche,-commenta Redaelli - sappiamo che i vertici aziendali locali devono ancora confrontarsi con quelli giapponesi, ma non abbiamo altre notizie. La protesta prosegue, sia davanti ai cancelli che sul tetto, i quattro non hanno alcuna intenzione di scendere.»
Intanto le loro condizioni di salute cominciano a destare preoccupazioni «Alcuni presentano già segnali di assideramento al volto, sono eczemi da gelo – dice Francesco Salerno, medico e assessore ai Servizi sociali di Mezzago,- Il rischio maggiore però è la polmonite: vento e freddo intenso indeboliscono vie respiratorie e bronchi.»
Anche il Cardinal Tettamanzi ha mostrato grande interesse per la vicenda e ha dichiarato che i quattro «Non possono rischiare la vita.»
Nessuna preoccupazione invece da parte dei vertici aziendali che da mercoledì non si fanno più vedere e non chiedono delucidazioni nemmeno sulle condizioni di salute degli operai.
Eppure Lele, Paolo, Martino e Jarni non mollano «Le tende hanno retto, alcuni hanno esperienze in alta montagna, sono preparati, sono tranquilli, solo un po’ stanchi» racconta Redaelli.
Dall’azienda ancora nessuna comunicazione e anche questa notte, per loro la settima all’addiaccio, sono previste pioggia e neve.


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