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Intercettazioni illegali. “Tramonti incrociati” dello Squalo Murdoch e del Sultano Berlusconi
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di Gianni Rossi

Intercettazioni illegali. “Tramonti incrociati” dello Squalo Murdoch e del Sultano Berlusconi

Entrambi sono tra gli uomini più ricchi al mondo, anche se la classifica della rivista americana  Forbes li inserisce al 118° e al 122° posto per quest’anno. E comunque Berlusconi e Murdoch hanno molte cose in comune. Sposati più volte, amanti delle belle donne possibilmente giovani, con una nidiata di figli e problemi di successione alla guida dei rispettivi imperi, il Sultano di Arcore viaggia tra i 9 e i 7,8 miliardi di dollari come ricchezza personale, mentre lo Squalo australo-americano si aggira tra i 6,3 e i 7,6 miliardi di dollari. Anche se, sempre secondo Forbes, Murdoch (13° posto) è ritenuto più potente di Berlusconi (14° posto) nel ranking speciale sulle capacità di influenzare il mondo degli affari e quello della politica. Le altre similitudini non finiscono qui: entrambi sono feroci populisti, neo-conservatori, operano spregiudicatamente con i  media, influenzano i mercati e la politica. Non amano essere contraddetti, non si scusano mai (la colpa è sempre degli altri, dei loro collaboratori e, comunque, loro non sapevano né erano stati messi a conoscenza dei fatti, tutt’al più non ricordano), si ritengono immortali e non delegano in realtà il proprio potere aziendale. Qui finiscono le somiglianze e si entra nel paludoso terreno dei conflitti di interessi. Meno apparenti per lo Squalo, macroscopici per il Sultano! 

Murdoch appartiene alla “scuola anglosassone”, per la quale chi sceglie la strada di fare l’imprenditore non può diventare un politico di professione, ma certo può influenzare prepotentemente l’azione dei politici con finanziamenti più o meno occulti, ne determina ascese e cadute con le campagne mediatiche e anche con “armi sporche”, tipo intercettazioni, dossier e corruzione di agenti speciali della polizia, come sta uscendo fuori dalle inchieste giudiziarie sul gruppo News Corporation in Gran Bretagna (ma anche negli Stati Uniti e ora in Australia).

Murdoch, il più potente uomo sulla terra nel campo dei media ora dovrà rispondere delle azioni dei suoi più stretti collaboratori in giro per tre continenti, sottoporsi alla “gogna mediatica”, con le riprese TV delle sue audizioni, come è successo a Londra davanti ai parlamentari della Commissione Interni della Camera dei Comuni. Lo Squalo è stato “denudato”, i suoi  balbettii infiorettati di “non so, non mi ricordo” hanno rivelato l’altra faccia dello strapotere di colui che, da oltre 30 anni, ha condizionato le elezioni dei premier britannici, dalla conservatrice Thatcher al neo-laburista Blair, al neo-conservatore Cameron; ma ha anche influito sulle sorti dei governi in Australia e negli Stati Uniti.

Un “imperatore” senza confini che ha fomentato le velleità bellicose di potenti dell’Occidente contro “la civiltà islamica”, portandoci a distruggere città, società, culture ed esseri umani ovunque ci fossero “tesori energetici” da riportare sotto il controllo di alcune multinazionali. Uno Squalo che è riuscito a condizionare i mercati finanziari americani ed europei, contrastando con tutte le sua potenza di fuoco informativa la nascita e l’affermarsi dell’Euro, determinando l’opinione pubblica inglese a schierarsi contro l’ingresso di Londra nell’Eurozona, agitando le peggiori menzogne nei confronti del presidente degli Stati Uniti Obama, fino a spingere i Repubblicani più oltranzisti dei “Tea Party” a contrastarlo sul piano del risanamento del debito pubblico, rischiando così il fallimento di Washington.

Da una parte il suo dogma dell’ Euroscetticismo, che si va estendendo come un virus nei paesi del Nord e dell’Est Europa, dove ha messo radici con i suoi media; dall’altro la sua doppia morale capitalistica, con la difesa ad oltranza delle regole neo-liberismo monetarista, ma furbescamente facendone carta straccia utilizzando sotterfugi illegalità. Ora ci si attende che la giustizia inglese arrivi presto alla scoperta delle responsabilità dirette dei vertici di News Corporation, dopo gli arresti dei big e le dimissioni dei responsabili di Scotland Yard. Soprattutto, però, dovrebbero battere un colpo le Autorità di garanzia europee e le istituzioni dell’Unione Europea contro l’uso distorto dei media. 
 
Una lezione viene comunque da Londra. Una lezione di civiltà, di senso delle responsabilità e di garantismo. I sospettati dello scandalo si sono dimessi dai loro incarichi e sono stati arrestati, poi rilasciati su cauzione, non hanno aspettato di essere rinviati a giudizio. Un capo del governo ha dovuto sostenere un duro confronto alla Camera dei Comuni con l’opposizione, senza sottrarsi alle accuse più dirette. La sua poltrona ora traballa, ma l’opinione pubblica britannica è giudice degli eventi grazie ad una “copertura mediatica”, ad una stampa libera che non strilla e starnazza come accade in Italia contro la “giustizia politica…sommaria…a tempo”, contro “il tintinnare di manette” o “le toghe rosse” che vorrebbero rovesciare la volontà popolare espressa con il voto. Non si attendono, insomma, che le sentenze arrivino in giudicato, per poter esprimere giudizi etici sui comportamenti degli uomini e delle donne “del potere”. Ma è proprio così che si difendono le regole della democrazia!

E’ una lezione che la sinistra dovrebbe prendere ad esempio, quando si affrontano casi inquietanti come le varie cricche, da quella del G8 alla P3 e alla P4, che da decenni all’ombra del regime berlusconiano stanno spolpando lo Stato e imponendo la propria “politica amorale”. Altro che leggi bavaglio contro le intercettazioni, che invece hanno aiutato a scoprire il marciume di questo regime (da ultimo quelle relative al caso di “Annozero”, che è costata a Berlusconi l’iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Roma per abuso d’ufficio). Quelle dei giornali di Murdoch erano, va ricordato, intercettazioni illegali, pagate dalla casa editrice e operate da detective privati, con la probabile collaborazione di forze di polizia. Nessun magistrato le aveva autorizzate. 

Cosa succederebbe in Italia se si seguissero le procedure inglesi ed americane? Tutti gli esponenti indagati per gli ultimi scandali si sarebbero dovuti dimettere dai rispettivi incarichi parlamentari, di governo o aziendali. Subito si sarebbero dovute tenere dei confronti parlamentari tra il capo del governo, così come una Commissione parlamentare avrebbe dovuto aprire un’inchiesta parallela a quella della magistratura. Ecco, mentre nella patria  di “Alice nel Paese delle meraviglie” le reincarnazioni de lo Stregatto e del Cappellaio Matto vengono inseguite e portate davanti alla giustizia, nel paese dove regnano “pizza, pasta e quacquaraquà”, guai a mettere in dubbio, anche in Parlamento, che Ruby Rubacuori non sia stata la nipote dell’ex-presidente egiziano Mubarak, come stragiurato dal Sultano di Arcore!

Sta qui, purtroppo, tutta la differenza tra società di “Serie A”, come Gran Bretagna e Stati Uniti, e un paese come il nostro, che è al 167° posto su 170 nella speciale e degradante classifica sull’evasione fiscale e, per l’autorevole Freedom House, al 75° posto per la libertà di stampa (Gran Bretagna al 29° e Stati Uniti al 22°).


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