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“Noi, schedati per imbavagliare la stampa”
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di Elisabetta Reguitti*

“Noi, schedati per imbavagliare la stampa”

“Esprimere opinioni, raccontare i fatti e difendere la libertà d'informazione in Italia è considerato  sovversivo e da contrastare in ogni modo” è lapidario il commento di Paolo Serventi Longhi segretario generale della Fnsi dal 1996 al 2007 e inserito nell' elenco dei giornalisti  schedati e spiati. “ L'aspetto decisamente più grave è che di quella vicenda non siano mai emerse ipotesi di reato che quel sistema sia stato considerato a tutti gli effetti  del tutto legittimo. Temo che le cose siano addirittura destinate a peggiorare”. Ieri come allora la Fnsi, secondo Serventi Longhi,  era impegnata  a sostenere battaglie tra le quali anche  quella della riforma del  sistema televisivo. La discussione sulla legge Gasparri solo un esempio. “ I giornalisti liberi hanno sempre dato fastidio. E non mi stupirei che anche oggi  ci fossero elementi poco chiari  o peggio di  intimidazioni ad personam per i professionisti impegnati  nel   difendere la libertà d'informazione uno dei cardini della Costituzione”. Il pericolo maggiore per Serventi Longhi è rappresentato anche dalla poca sensibilità dell'opinione pubblica. “Bisogna vigilare su tutti i fronti perchè non passi che il lavoro fatto dagli appartenenti ad alcuni servizi deviati  oltre che  politicizzati sia utile e  indispensabile alle finalità istituzionali come avete ben scritto ieri su vostro giornale”. Serventi Longhi parla di un'opinione pubblica addormentata. “Dal punto di vista pratico ricordo poi che anche dopo avere letto il mio cognome pubblicato  sugli elenchi dei verbali che coinvolgevano i giornalisti  “schedati” non avevo provveduto ad alcun tipo di controllo o di bonifica telefonica”.  Dal canto suo Beppe Giulietti giornalista e portavoce dell'associazione Articolo21 sferza un affondo parlando del fatto che la vicenda  archivio riservato del Sismi e sequestrato dalla Digos  venga considerata “del tutto normale. Come del resto essere minacciati in sedi istituzionali dagli stessi rappresentanti politici del cosiddetto Partito dell'Amore che si avvale di personaggi che operano nell'ombra”. Anche Giulietti, tra gli spiati, si dice comunque tranquillo. “Chi ha qualcosa da temere sono coloro che hanno  diversi livelli di comunicazione più o meno legittimi”. Ma non è tutto:  per un Paese che ha vissuto e vive ancora dei  segreti di Stato come Piazza Fontana, la strage di  piazza della  Loggia a Brescia e molti altri infatti sarebbe necessario scardinare ogni attitudine a secretare. “ L'Italia ha bisogno di  liberarsi da ogni metastasi che inficia la trasparenza. Costi quel che costi”.
Eric Jozsef – corrispondente di Libération – in qualità di “spiato” dal sistema Pollari & Pompa si chiede: “ Mi  piacerebbe sapere chi aveva incaricato Pio Pompa di operare secondo quelle modalità. Perchè Pompa ha lavorato su quelle informazioni “aperte”. Quesiti che per Jozsef sono rimasti senza risposta nonostante l'uso inappropriato soprattutto delle strumentazioni per lo spionaggio. Per il giornalista quella vicenda andrebbe approfondita. “Non è solo una situazione italiana. E' bene regolarsi”.    
Dal canto sul Lorenzo del Boca presidente del consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti sintetizza la questione affermando come in linea di principio “qualsiasi procedimento non promosso
 dall' autorità giudiziaria è illegale e quindi  non può essere sottoposto ad alcun segreto di stato”. Si tratta dunque di una questione di etica e di principio per il presidente Del Boca che sulla specifica vicenda “Pollari e Pompa” parla della possibilità che sia più complicata di quello che appare . In ogni caso, però,  sulla  presenza  in quegli elenchi di alcuni  nominativi di giornalisti  il presidente nazionale Del Boca non ha dubbi:  “la difesa della libertà di stampa viene prima di tutto”.
 Roberto Natale della Fnsi  afferma che: “Le schedature son pratiche incompatibili con una democrazia e non c'è alcun motivo dicibile e confessabile perchè venga apposto il segreto di stato”.

* Il Fatto quotidiano – 23 dicembre 2009


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