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Articolo 21 - Editoriali
La storia di Mohmad, l'operaio marocchino scaricato dai suoi padroni
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di Giuseppe Giulietti

Mohmad lâ??operaio marocchino di 34 anni, scaricato dai suoi â??padroniâ? nella campagna di Assisi, può persino ritenersi un uomo fortunato. Ad altri suoi amici e connazionali è andata anche peggio; nessun carabiniere potrà più raccogliere le loro storie e le loro denunce, perché la loro vita è stata stroncata dal razzismo, dalla violenza e dalla spregiudicatezza dei nuovi signori della morte e della schiavitù. Nonostante il lieto fine, se di lieto fine si può davvero parlare, questa storia  è davvero allucinante. Questâ??uomo è in Italia da dieci anni e stimato da tutti. La sua, dunque, è una presenza regolare, anzi regolarissima sotto ogni profilo. Si guadagna da vivere faticando nei cantieri. Per arrotondare i magri introiti effettua qualche lavoretto in nero, quelli tanto lodati dal nostro presidente del consiglio. A quanto si è sin qui appreso, al momento della brutta avventura, stava lavorando â??in  neroâ? in un cantiere  di Foligno. A causa di un malore è crollato dalla impalcatura, restando immobile, sembrava morto. I titolari, stando alle ricostruzioni, invece di ricorrere al più vicino ospedale, lo avrebbero prelevato e se ne sarebbero liberati gettando il corpo nella campagna di Assisi. Qui infatti lâ??uomo è stato ritrovato ed aiutato da una intelligente e sensibile pattuglia del comando dei Carabinieri di Assisi. Ad innescare lâ??incredibile (e forse non del tutto chiarita vicenda ), sarebbe stata la paura dei titolari del cantiere di essere scoperti non in regola e di dover pagare le conseguenze amministrative e penali della loro inadempienza. Qui sta davvero la paradossalità e la drammaticità di questa storia. Possono delle persone normali e â??timorate di Dioâ? sbarazzarsi in questo modo di una persona umana? Cosa è passato nelle loro menti? Quali ingiustificabili  errori li hanno condizionati? Se le cose sono  andate davvero così, i â??padroniâ? di Mohmad lo hanno considerato una cosa, un mobile vecchio da buttare nel primo bidone della spazzatura. Se le cose non sono andate così, i padroni  di Mohmad hanno allora il dovere di gridarlo ai quattro venti, di smentire, di urlare che una simile atrocità non lâ?? hanno mai né pensata, né tanto meno commessa.Debbono farlo subito, con forza, con argomenti solidi, perché quanto è accaduto ha  offeso non solo la dignità di Mohamad, ma anche quella di tante donne e di tanti uomini di questa regione che non intendono rassegnarsi ad una cultura della esclusione, della violenza, della persona ridotta a merce. Quando le autorità avranno finito le loro indagini, sarebbe importante che le stesse Istituzioni umbre , la Regione, La provincia, i comuni di Foligno e di Assisi, trovassero il modo di tributare un riconoscimento civile a Mohamad e ai tanti suoi fratelli che qui hanno trovato ospitalità accettando i lavori più faticosi , più umili, spesso più a rischio. Il primo gesto sarà compiuto, con la consueta generosità e passione civile , dallâ??unione comunale dei DS di Assisi  che hanno deciso di organizzare una serata di solidarietà, nellâ??ambito della Festa dellâ??Unitaâ?? in corso a Palazzo di Assisi, dedicata a Mohamad e ai suoi fratelli. Lâ??Umbria laica e religiosa, le forze politiche, le organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, le associazioni del volontariato troveranno il modo di non far sentire solo Mohamad, magari trovandogli  una casa più bella e riuscendo finalmente a far arrivare in Italia la sua famiglia. Allo stesso modo, ne sono certissimo, lâ??Umbria civile, senza distinzione di parte alcuna, troverà il modo di mettere alla porta (quando lâ??inchiesta sarà ovviamente conclusa), i nuovi barbari, gli unici autentici clandestini della civiltà, della dignità, del rispetto.
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