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Sei registi indipendenti arrestati in Iran. Tra loro c’è Mojtaba Mirtahmasb
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di Marco Curatolo

Sei registi indipendenti arrestati in Iran. Tra loro c’è Mojtaba Mirtahmasb Sono stati arrestati poche ore dopo che il canale televisivo BBC Persian aveva osato trasmettere un documentario sulla Guida Suprema, l'Ayatollah Khamenei, e sui retroscena della sua ascesa al potere. Sono sei registi indipendenti che le autorità iraniane accusano di avere collaborato con il servizio in lingua farsi dell'emittente di stato britannica, fornendo notizie, reportage clandestini, documentari con lo scopo di offrire dell'Iran un'immagine a tinte fosche.

Le fonti ufficiali hanno fornito solo le iniziali dei loro sei nomi, ma non è stato difficile, per le organizzazioni che difendono i diritti umani in Iran, risalire alla loro identità. Si tratta di Katayoun Shahabi (l'unica donna tra i sei), Naser Saffarian, Hadi Afarideh, Mohsen Shahrnazdar, Mehrdad Zahedian e Mojtaba Mirtahmasb. Quest'ultimo, non più tardi di dieci giorni fa, era atteso alla Mostra del Cinema di Venezia per partecipare alla proiezione di "This is not a Film" di Jafar Panahi, di cui è co-autore, ma all'ultimo momento le autorità iraniane gli avevano sequestrato il passaporto, impedendogli di partire. In quella occasione Articolo 21, Amnesty International, Iran Human Rights Italia, insieme a registi, giornalisti, parlamentari e semplici cittadini italiani, aveva sottoscritto un appello affinché fosse consentito a Mirtahmasb di raggiungere Venezia. Non solo quella richiesta è rimasta inascoltata (anche dalle autorità italiane che sulla vicenda hanno taciuto), ma ora il nome del regista si aggiunge a quello delle migliaia di altri prigionieri di coscienza detenuti nelle carceri della Repubblica Islamica dell'Iran, o in libertà provvisoria in attesa di giudizio.

Tra loro ci sono anche altri registi come lo stesso Jafar Panahi e Mahnaz Mohammadi, o attrici come Marzieh Vafamehr e Pegah Ahangarani. La notizia dei sei arresti è stata confermata all'agenzia semiufficiale ISNA da Seyed Mohammad Hosseini, ministro per la cultura e la guida islamica, il quale per l'occasione ha ribadito accuse già altre volte indirizzate dal regime alla BBC Persian: di avere fomentato con le sue trasmissioni le proteste post-elettorali nell'estate del 2009. A sua volta la BBC ha diffuso un comunicato in cui nega che i sei arrestati facciano parte, a qualsiasi titolo, del suo staff, o di avere commissionato loro alcun tipo di lavoro. "Le persone in questione - si legge nel comunicato - sono registi di documentari indipendenti, i cui film sono stati presentati in festival e rassegne internazionali. Come è consuetudine, BBC Persian ha acquistato i diritti di quei film per mandarli in onda."

Il fatto che i sei arresti siano giunti a breve distanza di tempo dalla trasmissione, da parte di BBC Persian, del documentario sulla vita dell'Ayatollah Ali Khamenei, fa pensare che siano una chiara ritorsione e un tentativo di intimidire i responsabili della rete britannica in lingua persiana. Tuttavia Sadeq Saba, direttore di BBC Persian, ha negato il coinvolgimento dei sei arrestati nella realizzazione del documentario, affermando che esso è frutto di un lavoro interno alla rete. "Non abbiamo uffici a Teheran - ha detto Saba - e non abbiamo collaboratori in Iran, né ufficiali, né non ufficiali".
Da quando, nel gennaio 2009, la BBC ha lanciato la sua sezione in lingua persiana, il regime ne ha continuamente contrastato le emissioni. Molti iraniani riescono ugualmente a vedere i programmi di BBC Persian utilizzando sistemi satellitari illegali, ma per ostacolare anche questa visione clandestina, le autorità iraniane sono solite disturbare con interferenze il segnale del satellite. Durante la trasmissione del documentario sull'Ayatollah Khamenei, il 17 settembre scorso, le interferenze sono state intensificate.

Sta di fatto che, una volta di più, il regime iraniano tenta di accreditare la tesi che i problemi interni del Paese non nascano dalla pessima politica economica del governo Ahmadinejad, dalla mancanza di libertà, dalle continue violazioni dei diritti umani, ma dall'immagine negativa che media ostili propagandano dell'Iran. E intanto, accusando autori indipendenti di essere al servizio di media stranieri nemici del regime, le autorità di Teheran trovano un ennesimo modo di colpire le poche voci libere e di imbavagliare il dissenso. In questo caso le bocche messe a tacere sono ben sei, in una volta sola.

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