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Articolo 21 - Editoriali
Federico Orlando: Intercettazioni vietate una censura che violeremo
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di Redazione*

Cara Europa, mercoledì sera mi ha molto colpito la fermezza dell'on. Di Pietro, che spero di veder presto nelle dichiarazioni di tutti i dirigenti del Pd, nel giudizio sui limiti che la nuova legge delle intercettazioni, se approvata, imporrebbe ai magistrati, con grave pregiudizio per noi cittadini  minacciati dalla malavita; e per voi giornalisti, che se osaste pubblicare qualcosa prima del rinvio a giudizio sareste puniti con la galera. E gli editori con multe da strappare la pelle. Insomma, io verrei  a sapere un bel giorno che quattro anni prima è stata aperta un'inchiesta a carico del mio sindaco per collusioni con la mafia. E ora c'è un rinvio a giudizio. Lo saprei solo in quel giorno. Per quattro anni i miei rapporti col sindaco sono rimasti quelli di sempre, magari di stima, E' una truffa ai miei danni, o no? E soprattutto è un venir meno di quella politica della “sicurezza” sulla quale Pdl e Lega hanno costruito non piccola parte delle loro fortune elettorali. (Giulia Lumìa, Roma)


Cara signora, anch'io ho apprezzato la fermezza dell'on. Di Pietro, accolta con interesse, mi pare, dai due interlocutori Lilli Gruber e Stefano Folli (si trattava della trasmissione Otto e mezzo, su La7). A parte le questioni tecniche fondamentali, come i bastoni fra le ruote delle indagini e la crescita esponenziale degli spazi per la malavita, e le considerazioni sulla sicurezza che giustamente fa lei, l'ex magistrato di Mani Pulite ha detto una cosa che io spero diventi atteggiamento comune di tutta l'opposizione parlamentare. Ha preannunciato la”disobbedienza civile” contro a legge sulle intercettazioni, per vanificarne l'efficacia. In pratica Di Pietro ha annunciato che se venisse a conoscenza dei particolari socialmente allarmanti di una intercettazione, che la stampa non potrebbe comunicare, lui li svelerebbe nelle aule parlamentari e tutto il paese ne verrebbe a conoscenza. Le dico una cosa che conosco, essendo io un giornalista che ha fatto anche l'esperienza di parlamentare. Di solito i colleghi della stampa parlamentare non mettono piede nell'aula (cioè, nella tribuna riservata alla stampa, sia alla Camera che al Senato), preferendo i pour-parlér ”in esclusiva”  nel Transatlantico o alla bouvette con questo o quel deputato o senatore. Ma posso assicurarle che, il giorno in cui, imperante la legge sulle intercettazioni, un parlamentare si mettesse a renderne pubblici i contenuti alle camere, non solo la stampa parlamentare ma anche i cronisti giudiziari (debitamente accreditati) si affollerebbero davanti  ai teleschermi e magari anche nelle poltrone delle tribune riservate. Lei mi dirà: ma poi come faranno a pubblicarle, se le sanzioni sono così feroci non tanto per magistrati, avvocati, cancellieri “chiacchieroni” quanto per editori e giornalisti? Ebbene, noi pubblicheremmo egualmente le intercettazioni di cui avessimo conosciuto i contenuti. E' questo che affermeremo in piazza il 28, nella manifestazione nazionale indetta dalla Federazione della stampa, dall' Unione cronisti, da Articolo 21,ecc. Intanto, l'ha scritto chiaro e tondo, con la consueta ironica pacatezza, Gian Antonio Stella proprio sul sito di Articolo 21: “Se rischiassi la galera? Pubblicherei lo stesso”. E se il suo editore le facesse difficoltà, timoroso di pagare la multa? “In questo caso, si aprirà un contenzioso tra me e il mio editore, sarebbe la prima volta”. Un contenzioso, aggiungo io, che porta diretto alla Corte costituzionale, che cancellerebbe una legge il cui vero nome è “censura”: come quella fascista, anche se – dice Stella - “non ho mai voluto fare paragoni tra Berlusconi e Mussolini. Ma anch'io la chiamerei e giudicherei censura”. Contro la quale come cittadini e come giornalisti ci batteremo perché ci fa scifo e anche in nome di quello che Bersani ha chiamato “patto repubblicano per la Costituzione”. Vedremo se questo patto passerà dalle parole ai fatti. (Federico Orlando)

* Articolo pubblicato sul quotidiano "Europa"

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