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Articolo 21 - Editoriali
In memoria di Mariarca Terracciano. Morire per il lavoro, i soldi che non ci sono più, nell’indifferenza dei media.
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di Gianni Rossi

Gli occhi profondi e lucidi non risplendono più. Le sue pupille scure non abbagliano più lo sguardo di chi ha potuto vederla e sentirla per pochi istanti, distesa su una lettiga mentre il sangue rosso cupo scivolava via dal braccio verso la sacca trasparente. La sua voce calma e sicura che scandiva con saggezza le parole della sua protesta solitaria, dignitosa e con l’incedere antico, musicale, delle donne del Sud, si è spenta per sempre. Mariarca Terracciano, 45 anni, infermiera, sposa e madre di due figli fa “scandalo” più da morta che da viva. Scandalo in senso cristiano, ovvero testimonianza scomoda di un mondo che non sa più rispondere alle domande semplici e dirette della gente comune, di chi lavora duramente per sostenere una famiglia e di chi un lavoro l’’ha perso o non lo ha mai avuto davvero.

Mariarca, ovvero la “Maria signora”, la “Maria che domina” come l’etimologia del nome induce a percepire, ha raggiunto la lunga folla di migliaia e migliaia di altre anime che in Paradiso ogni anno si aggiungono alla schiera dei morti sul lavoro. Quel lavoro che nella nostra società fatta ancora di sfruttamento, nonostante le tante conquiste ottenute nel secolo scorso a costo di sacrifici, lotte e sangue versato da milioni e milioni di lavoratori, oggi più che mai distrugge speranze, certezze, voglia di vivere e di realizzarsi. Mentre tutte le televisioni, le radio, i taccuini e i registratori dei giornalisti erano distratti dagli effetti spettacolari della crisi delle borse, del crollo dell’euro, della caduta degli stati europei spazzati via dalla speculazione mondiale; mentre gli occhi dell’opinione pubblica venivano inondati dalle macerie del regime berlusconiano, dell’ultimo “Califfo” di Occidente e della sua “corte dei miracolati”, ecco che il simulacro esile e gentile di una donna del nostro Meridione svillaneggiato dal leghismo egoista ed imperante ci lanciava un messaggio di onestà e di fierezza.

Mariarca per alcuni giorni si è tolta il sangue vero per onorare il suo lavoro, aveva fatto lo sciopero della fame, perché oltraggiata nell’intimo del suo senso di responsabilità: ogni lavoratore vale in quanto viene pagato, in quanto il suo valore è riconosciuto mensilmente dal danaro, appunto il “controvalore” della fatica.Se, a fronte del  lavoro responsabile, diligente, viene meno il controvalore dello stipendio, ecco che si inceppa il meccanismo vitale che sta alla base della nostra società capitalistica: si ritorna indietro nel tempo, alla barbarie dell’epoca pre-industriale, al lavoratore-schiavo, alle sopraffazioni, alla cancellazione dei diritti umani. In piena crisi economica e finanziaria, i governi europei, le nazioni più industrializzate rispolverano ricette antiche, liberiste, che suonano ancora e sempre come “lacrime e sangue” per le masse popolari, per chi lavora, chi sta in pensione, chi è in cerca di un’occupazione stabile, per chi è malato e chi è indigente. “I soldi non ci sono più. Bisogna fare tutti dei sacrifici!”. Tutti, tranne le "cricche" del potere, chi specula nella finanza internazionale chi evade utlizzando gli "scudi" fiscali!

Un ritornello monocorde che suona stridulo proprio per chi è invece orgoglioso del proprio lavoro, anche se scarsamente retribuito, per chi crede in valori semplici e basilari: la responsabilità verso gli altri, la famiglia, i figli, la casa, la solidarietà, la speranza di essere felici. A Mariarca tutto questo è stato tolto di colpo nelle settimane scorse. E il mondo le è caduto addosso. Certo, non si è data per vinta, ha resistito e lottato. Era da esempio per gli altri suoi colleghi di lavoro. Con il pudore di chi è semplice e di chi non ama le ribalte né i palcoscenici mediatici, Mariarca ha comunicato la sua battaglia ad una piccola televisione locale ed ha fatto il giro del mondo su Youtube. Eppure nessun Telegiornale delle grandi TV pubbliche e private si è interessato del suo caso.

La sordità e la cecità del giornalismo TV (che poi è quello che informa l’80% della popolazione) sono fattori preoccupanti proprio in questo periodo di crisi che da economica e finanziaria sta diventando sempre più una crisi sociale, che potrebbe sfociare anche in tensioni e violenze. Ben altro spirito di servizio e di responsabilità professionale ci si aspetterebbe dal mondo giornalistico per documentare la realtà drammatica del paese in cui viviamo! Ancora una volta, seppure in modo diverso, il corpo di una donna è stato violato dalla brutalità della società egoista e mercantile.

Mariarca non è morta per una violenza sul suo corpo di donna bella e gentile. Mariarca è stata uccisa dal cortocircuito del sistema sociale, che lei stessa ha cercato di “bucare”, offrendole in pasto proprio il suo corpo, ultimo baluardo della sua dignità di persona e di donna. Mariarca oggi è diventata un “titolo” da TG, un’apertura di prima pagina per i giornali nazionali. Fra pochissimi giorni, anche Mariarca, purtroppo, scomparirà nel tritacarne dell’informazione consumistica, come i suoi tanti compagni di strada morti prima di lei sul lavoro e per il lavoro.

Eppure, ci sentiamo di rivolgere un appello a chi scrive, a chi si occupa di televisione e di radio: raccontateci ogni giorno questo mondo che sta soffrendo, che cerca di sopravvivere, che sa mostrare la dignità e l’onestà di milioni e milioni di cittadini, impegnati a far vivere una società ormai in declino, senza ricercare scorciatoie truffaldine per “fregare” gli altri. Allora sì che Mariarca non sarà morta invano. Allora sì che Mariarca resterà un esempio di vita e non solo una martire del lavoro: una donna del Sud con il coraggio da leonessa e l’umiltà della discrezione di un’anima gentile. 

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