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Articolo 21 - Editoriali
Accusa di genocidio per Bashir, giustizia per il Darfur più vicina
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di Antonella Napoli*

Nel giorno in cui il Tribunale Penale Internazionale ha annunciato di aver ampliato il mandato di cattura contro il presidente del Sudan Omar Hassan al Bashir con l'accusa di genocidio, nel centro di accoglienza della comunità del Darfur a Roma c’è stata grande esultanza. La notizia ha riportato, su molti volti segnati dalla sofferenza e dalla rassegnazione, il sorriso. Per la gente fuggita da questa regione martoriata da sette lunghi anni di conflitto, non potrà esserci mai pace se prima non saranno riconosciuti e puniti i responsabili dei crimini commessi, con una ferocia inaudita, contro la popolazione nera di questa vasta e arida area del Sudan ricca di risorse. Se ci soffermassimo a riflettere sulle conseguenze di queste nuove accuse rivolte a Bashir, ci sarebbe poco da festeggiare. Basti pensare che all'indomani dell'annuncio della CPI, due operatrici dell'Organizzazione mondiale per la migrazione - tra cui un'italiana - sono state espulse dal Paese così come era avvenuto per 13 Ong subito dopo l'emissione della prima richiesta di arresto.  Ma, nonostante tutte le preoccupazioni per le possibili ritorsioni di Khartoum, é giusto ricordare e non smettere di parlare di questa crisi che in troppi vorrebbero far passare sotto silenzio. É per questo che Articolo 21 e Italians for Darfur dal primo momento affiancano la comunità del Darfur in Italia e  sostengono la loro causa. Al-Bashir in un primo momento era stato formalmente accusato dalla Corte penale internazionale di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità in Darfur, ma non di genocidio, così come  richiesto nel luglio scorso dal Procuratore Luis Moreno-Ocampo, il quale ha subito presentato ricorso. E a distanza di un anno la sua tenacia é stata ripagata: anche il capo di imputazione più grave é stato riconosciuto. Negli ultimi giorni è stato ribadito da più parti l’importanza di questa azione per la garanzia del diritto internazionale. La morte di migliaia di persone non può rimanere impunita e il ricordo delle vittime del conflitto in Darfur deve essere più intenso che mai. Il 4 luglio 2009 e il 12 luglio 2010 rimarranno nella memoria di tutti come date importanti per la giustizia, ma soprattutto per coloro che l'attendono da troppo tempo. In sette anni di guerra brutale e sanguinaria sono stati perpetrati crimini feroci.  I rifugiati del Darfur in Italia ci ricordano ogni giorno che questo conflitto è costato alla loro patria centinaia di migliaia di vittime e milioni di sfollati che hanno visto le loro case distrutte e le loro comunità disperse. Tutto ciò non può rimanere impunito.  La speranza é che un giorno per il Darfur possa esserci davvero giustizia e con essa possa tornare la pace. Siamo consapevoli  che quel giorno è più vicino perché c'é chi continua a battersi affinchè non ci sia impunità per i responsabili e che tutti coloro che hanno sofferto e hanno perso madri, padri e figli, non saranno dimenticati.  Le loro perdite terribili sono state riconosciute e saranno trattate con dignità. Ma non bisogna abbassare la guardia e si deve continuare a tenere vivo il loro ricordo. Ed é per loro che oggi non deve importare ciò che la decisione del Tribunale internazionzle determinerà per il futuro.  Il 12 luglio é stato un giorno fondamentale per coloro che hanno perso familiari e amici. In loro é nata una certezza: la giustizia per il Darfur non é più  una chimera.

* giornalista e presidente di 'Italians for Darfur'

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