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Articolo 21 - Editoriali
Wikileaks: svelare i file non serve alla democrazia. Intervista a Dominque Wolton
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di Xavier Sartre*

La pubblicazione su Wikileaks di file segreti della diplomazia statunitense sta creando da giorni seri imbarazzi e tensioni in campo internazionale. Ma questa operazione aiuta la trasparenza e la democrazia? Lo abbiamo chiesto a Dominique Wolton, direttore dell’Istituto di Scienze della comunicazione in Francia:

Si l’information mette en cause les individués …
Se l’informazione mette a rischio gli individui, credo allora che la libertà di stampa debba tener conto anche della fragilità degli uomini. E questo i giornalisti lo dovrebbero sapere molto bene, poiché sono molto spesso minacciati dalle diverse situazioni nel mondo. Non vedo in nome di quale diritto o di quale dovere dell’informazione si debba mettere a rischio uomini e donne, renderli vulnerabili, gli esseri umani non sono computer. Sappiamo bene quanto sia necessaria esercitare una funzione critica, fondamentale per giornali e giornalisti, ma a condizione che sia
basata su risultati d’inchiesta. Ma questi non sono i risultati di un’inchiesta, si tratta di un furto.

Questo tipo di trasparenza non è comunque utile in una democrazia?
Je ne pense pas que ca augment la crédibilité…
Io non penso che questo possa aumentare la credibilità della stampa e della democrazia. Quando ci sono elementi recettori di tanti segreti, e quando ci si trova a vivere in una logica del sospetto e della denuncia, allora questa non è democrazia. La democrazia non consiste nel fatto di ritenere che tutti i poteri siano “marci”, tranne ovviamente quello dell’informazione: la democrazia consiste nell’indicare ai cittadini cosa sia il bene e cosa sia il male da un punto di vista sociale, nei media come in altri settori. Non si può immaginare e credere che vi siano sempre dei complotti o delle strategie di menzogna, ovunque… Così facendo i cittadini non avranno più fiducia nei poteri politici, militari e diplomatici, né tantomeno nei mezzi di informazione.

La domanda allora è: perché i media si fanno essi stessi megafoni di Wikileaks?
L’absence di une riflassions…
L’assenza di una riflessione nei media non è la sola: il mondo accademico non è certo migliore. L’assenza di una riflessione dei media sui limiti di Internet è follia: c’è una tale quantità di informazione per cui si crede che più essa abbonda, più si è democratici. Si sostiene, in questo caso, che le informazioni non è stato possibile verificarle, perché sono informazioni confidenziali, segrete. Il giornalista allora riferisce notizie e informazioni che egli stesso non ha verificato? Questo è già imbarazzante, perché la deontologia dei giornalisti prevede che questo tipo di materiale non possa essere pubblicato. Siamo completamente all’opposto del valore sulla libertà di stampa. I mezzi di informazione non riescono ad assumere una distanza critica. Il cuore dell’informazione nel mondo è rappresentato dalle informazioni verificate e costruite dai giornalisti. Ci sono quindi informazioni non verificate che provengono da varie fonti, ma il nostro lavoro, il nostro compito, la grandezza stessa del nostro lavoro ci dovrebbe imporre in alcuni casi di fare una scelta consapevole: quella di non diffondere e di non pubblicare. Spesso ci si giustifica dicendo che si tratta del dovere di informare o ci si mette una maschera dicendo che se non è questo giornale, allora lo sarà un altro a pubblicare. Ma la conseguenza di una concorrenza interna ai media non può giustificare il fatto di scaricare la coscienza per pubblicare il più velocemente possibile non importa cosa.

Qual è il rischio in un contesto di globalizzazione?
La globalisassions de l’information …
La globalizzazione dell’informazione è come un palazzo che si può fondare su voci, rivelazione o scandali… Così facendo si arriverà esattamente al risultato contrario: non si aumenterà la coscienza democratica, ma si aumenterà soltanto il rifiuto della democrazia: ecco allora che avremmo costruito il palazzo delle voci e di tutte quelle volontà intenzionate a ridurre la libertà di informazione.

Allora ci si equivochiamo su cosa sia veramente la libertà di informazione?
La liberté d’information…
La libertà di informazione non consiste nello stabilire una sorta di canale tra quello che è un attore politico, militare o diplomatico e la stampa: altrimenti i giornalisti non servirebbero a niente. Il lavoro di un giornalista è quello di scegliere ciò che deve tenere per sé come informazione, come conoscenza personale, come cultura personale e quello che può invece assumersi come responsabilità davanti all’opinione pubblica. L’autocensura fa parte della vita politica e non è ipocrisia. Per il fascino di un’abbondanza dell’informazione, i giornalisti dimenticano che la grandezza del loro mestiere è - giustamente - quella di non sottomettersi a tutto ciò, ma di porre una distanza rispetto alle fonti di informazione. Se lo fanno, la loro credibilità aumenterà nel mondo. Come purtroppo sappiamo, la credibilità dei media e dei giornalisti, negli ultimi 20 anni, è in calo. Quindi, non è che facendo questo che i cittadini avranno più fiducia nei giornalisti, anzi al contrario.

*(Da Radio Vaticana 7/12/2010)

 

 

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