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Articolo 21 - Editoriali
Scandalo Strauss-Kahn. La “maledizione Mitterrand” sugli eredi socialisti e la “vendetta” di Sarkozy.
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di Gianni Rossi

Trent’anni dopo, in Francia, in “casa socialista” si sta sfiorando il dramma, ad un anno dalle presidenziali che si ritenevano già vinte, e ritorna in mente ai più scaramantici la “maledizione Mitterrand”, mentre ci celebrano i 30 anni dalla sua elezione a Presidente della Repubblica. Il leader che seppe trascinare i socialisti, dopo aver riunificato le diverse “famiglie” della sinistra riottosa d’oltralpe, alla vittoria storica e alla conquista degli Champs Elisèes, fu anche l’uomo dalle mille contraddizioni, dagli scandali sopiti, dalla vita privata segnata da tanti amori e dalle due famiglie parallele, una ufficiale, e l’altra ben  protetta agli sguardi indiscreti dei media, che riassunse in sé virtù e difetti dei socialisti francesi. E fu sempre lui, “il grande seduttore”, a benedire in qualche modo i tre giovani rampolli dell’intellighenzia socialista, Jacques Attali, Bernard Kouchner e Dominique Strauss-Kahn, come suoi eredi. Una “maledizione” che per prima colpì il suo fido Lionel Jospin, da lui voluto ai vertici del PS e poi, per due volte, “trombato” alle elezioni presidenziali contro il neo-gollista Chirac.

I due più giovani “moschettieri”, Attali e DSK, sono espressione di ambienti vicini al mondo dell’alta borghesia parigina. Entrambi economisti, esperti di scienze politiche e di origini ebraiche sefardite, ben introdotti nei salotti della finanza e dell’imprenditoria nazionale, Attali prima e DSK poi, hanno vissuto momenti di gloria e respirato la polvere delle disgrazie politiche. Attali, dopo essere stato per anni il “consigliere principe” del Presidente François Mitterrand in campo economico, fu nominato nel 1991 primo presidente della BERS, la neonata Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, voluta proprio dai francesi per aiutare i paesi dell’ex-Patto di Varsavia ad uscire dallo stato di crisi economica, dopo la fine dell’impero sovietico. Si dovette dimettere appena tre anni dopo, a seguito di uno scandalo mediatico montato dai giornali inglesi, per le sue eccessive spese di rappresentanza e per gli investimenti sbagliati fatti dalla BERS. Ritornò a fare il “maitre à penser” della “guache au caviar”, ben coccolato dagli ambienti trasversali della politica transalpina e dai salotti della finanza e dell’imprenditoria europea. Nel 1994 apre uno studio la Attali & Associès che fornisce consulenze per fusioni e acquisizioni ai grandi gruppi economici, destinato a fornire consulenze in materia di strategia, ingegneria finanziaria e fusione-acquisizione di grossi gruppi economici; mentre nel 1998 fonda l’’associazione no profit  PlaNet Finance, presente in 60 paesi che finanzia, consiglia e forma 10 mila società di “micro finanza”. Fino a quando il neo eletto Presidente della Repubblica, Sarkozy, che nel tentativo furbesco di portare scompiglio nelle fila socialiste appena sconfitte  con la Sègolène Royal alle presidenziali del 2007, non lo scelse come presidente della “Commissione per la liberazione della crescita” (fra i 42 “saggi” vi erano anche gli italiani Franco Bassanini e Mario Monti). Nel 2008 ha presentato un Rapporto con centinaia di proposte per modificare la società capitalistica in termini istituzionali, sociali ed economici, all’insegna della massima trasversalità dal “capitalismo compassionevole”, al “neoliberismo keynesiano” al “new labour”.

Era l’epoca del “Sarkò inarrestabile” che nominava anche il fondatore di Medecins sans frontieres, l’altro socialista Bernard Kouchner, a ministro degli esteri, poi dimesso sul finire del 2010, e pure lui coinvolto in alcuni scandali internazionali per le sue attività in Africa e nel Kossovo. Anche la sua carriera politica, da socialista radicale, era iniziata sotto l’ala protettrice di Mitterrand, che lo volle nei suoi governi negli anni Ottanta-Novanta. Anche lui, come DSK sposato con un volto notissimo della TV francese (Christine Ockrent).

Scomparsi dalla scena politica due dei tre “Moschettieri” di Mitterrand, restava solo il più affabile, l’incantatore delle platee, il più preparato, l’esperto ministro delle finanze che aveva fatto entrare la Francia nell’Euro e ne aveva avviato alcuni anni di prosperità. DSK, però, nel suo DNA non aveva mai disdegnato amori e onori.  La sua vita, stando alle malelingue d’oltralpe e ad alcuni comici e disegnatori satirici, che lo hanno definito di volta in volta “il ghiottone”, “l’ingordo” e “lo scimpanzé allupato”, è stata costellata di incidenti dal vago sapore di vaudeville, con molte donne che ne raccontavano gesta di “tombeur di femmes” piuttosto aggressivo, e le dicerie di condurre “un train de vie”, un tenore di vita, una condotta sociale molto dispendiosa (alcuni giornali, poi querelati, hanno riferito testimonianze di sarti dai quali si era fatto confezionare abiti dai 7 mila ai 35 mila dollari), grazie ai suoi proventi di lobbista e alla sua rete di conoscenze e alleanze con i maggiori imprenditori e finanzieri francesi. Ma anche grazie al suo appannaggio da Direttore generale del Fondo Monetario Internazionale e alla ricca dote della terza moglie, anche lei giornalista televisiva, Anne Sinclair, franco-americana. Tanto da guadagnarsi nel 2009 una feroce satira radiofonica dal noto comico Stephane Guillon, messa in onda sul canale France Inter (la seguitissima radio 24 ore di notizie internazionali), che lo definiva “ossessionato dalle donne”. Per questo viene anche definito il maggior esponente della “gauche paillettes” dai quotidiani e dai settimanali di sinistra, che di recente hanno pubblicato le foto della coppia Strauss-Kahn a bordo di una costosissima Porsche nera per le strade di Parigi (era della flotta aziendale dei Lagardère, prestatagli dal portavoce del gruppo Ramzi Kirhoun).  E sempre in quest’ultima “settimana di passione”, i media d’oltralpe hanno documentato i beni immobili “dispendiosi” della coppia: un appartamento da 4 milioni di euro, acquistato nella centralissima e prestigiosa Place des Vosges, a Parigi; una villa faraonica nel centro di Marrakech, in Marocco, del valore di 3 milioni di euro.

Alla luce dell’ultimo scandalo sessuale newyorchese, avvenuto in una suite del prestigioso albergo della catena francese Sofitel a Manhattan, dall’esorbitante costo di oltre 3 mila dollari al giorno, soprattutto i media francesi ripropongono alcune vicende mai chiarite né perseguite dalla giustizia, che hanno coinvolto DSK. Una è quella arcinota e più recente, che riguardava la relazione semi-clandestina con una sua collaboratrice al Fondo Monetario Internazionale di Washington: l’economista di origine ungherese Piroska Nagy, responsabile del dipartimento Africa. Nell’ottobre del 2008, il FMI condusse un’indagine che si risolse con una “assoluzione” di DSK, in quanto la relazione fu considerata “assolutamente consensuale”. Insomma, DSK non aveva abusato del suo ruolo di potere nei confronti della donna, tanto da consigliarla tenacemente di trasferirsi alla BERS, a Londra, usufruendo anche di una sproposita buonuscita, rispetto alle convenzione del FMI. La moglie di DSK, Anne Sinclair, scese in campo, difendendo il marito strenuamente e perdonandogli pubblicamente la “scappatella”. Ora, però, alcuni giornali francesi e dei siti WEB rilanciano le accuse di una giovane giornalista francese Tristane Banon, che a 22 anni nel 2002, nel corso di un’intervista a DSK, fu da questi assalita sessualmente, come fosse “uno scimpanzé in calore”, ricorda ancora lei. La Banon cercò di intentare una causa legale, ma la madre Anne Mansouret, esponente di rilievo del PS e amica di famiglia di DSK, la dissuase dal farlo.

Poco prima di cadere nelle maglie severe della giustizia americana, che sui reati sessuali usa la mano molto dura, senza guardare in faccia se si tratta di un cittadino “normale” o di esponente di primo piano della classe economica o politica (i casi Clinton e Polanski insegnano!), DSK aveva lanciato le sue accuse contro Sarkò e il suo staff della comunicazione (tra questi ci sarebbe Arnaud Dassier, già colonna portante della campagna presidenziale via WEB nel 2007), colpevoli a suo dire di lanciare calunnie sui suoi comportamenti privati, sul suo tenore di vita, proprio perché  ritenuto l’avversario più temuto per le presidenziali del 2012. Un sondaggio pubblicato pochissimi giorni fa dal Journal du Dimanche, non solo DSK era stato designato come “l’erede più fedele” di Mitterrand (al 40%), rispetto alla Martine Aubry, segretaria del PS (al 17%), ma era anche considerato il probabile vincitore nella corsa all’Eliseo.

Certo, per Sarkò, ossessionato sia da DSK, sia dalla rampolla dell’estrema destra, Marine Le P n, figlia di quel nostalgico Jean Marie che riuscì per la prima volta nella storia francese del dopoguerra a sfidare al ballottaggio Chirac, dopo aver sconfitto il socialista Jospin, questo scandalo sessuale è come “la manna dal cielo”. Fuori il concorrente più accreditato e più spalleggiato dagli stessi suoi ex-padrini dell’imprenditoria nazionale (come Arnaud Lagardère e Vincent Bollorè), e più coccolato dai media della sinistra moderata e dagli ambienti finanziari mondiali, ora potrà concentrarsi appunto sull’esponente del Front National e su quello che verrà scelto alle prossime primarie d’autunno dal PS. Toccherà quindi ai socialisti, guidati con mano ferma dalla cattolica radicale Martine Aubry (quella stessa che da ministro del lavoro aveva combattuto proprio DSK, facendogli “digerire” la legge sulle “35 ore”, ancora in vigore in Francia!), saper scegliere lo sfidante giusto, quello che dovrà unire le tre anime del PS (radicale, moderata e cattolico-sociale) e saper dialogare con il radicalismo sindacale e con il movimento ecologista, molto forte, guidato dal “sempreverde” Daniel Cohn Bendit , leader di Europe Ecologie, che presenterà come sfidante alle presidenziali il magistrato anticorruzione, molto popolare in Francia, Eva Joly, eurodeputata. E potrebbe essere proprio lei, la figlia del più amato e stimato Presidente della Commissione europea, Jacques Delors, la Martine Aubry, a prendersi la maglia di sfidante ufficiale per il PS.

E forse per la prima volta, nella corsa all’Eliseo, assisteremo ad uno scontro epocale, tra il “macho” Sarkò da una parte, e le tre “dame di ferro” (Aubry, Joly e Le Pen), dall’altra, senza esclusioni di colpi e con l’eventualità che al ballottaggio siano proprio due donne a contendersi lo scettro finale di “Primo di Francia”. A suo modo, una “sottile vendetta” storica, stavolta tutta al femminile, di quelle donne che da Mitterrand, a Sarkò, a DSK sono sempre state usate per fini maschilisti e per fare carriera nei palazzi del potere.

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