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Al Vaticano piace l’Ungheria in noir
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di Francesco Peloso*

Al Vaticano piace l’Ungheria in noir Dal Vaticano nei giorni scorsi è  arrivato, in sordina, un placet autorevole alla nuova Costituzione ungherese, un testo criticato da mezza Europa per i suoi contenuti fortemente autoritari.  L’Osservatore romano ha infatti pubblicato un lungo intervento dell’ambasciatore di Budapest presso la Santa Sede, Gabor Gyorivanyi, dal titolo: “i valori cristiani nella nuova Costituzione ungherese” nel quale si puntualizza, in sostanza, che la prima parte del testo, quella relativa ai principi, è fortemente ispirata al magistero della Chiesa. Nessuna menzione si fa, invece, dei problemi relativi alla concentrazione di potere nelle mani dell’esecutivo e del Presidente e dello svuotamento del Parlamento, delle limitazioni dei  diritti civili e sociali, dei poteri straordinari assegnati a un organismo non elettivo, il consiglio economico della la Banca centrale, che può porre un veto alle leggi finanziare. Questi e molti altri aspetti della Carta, sono stati per altro oggetto di una risoluzione del Parlamento europeo, approvata di recente, che critica diversi punti della nuova Costituzione fra i quali uno dei più pericolosi è quello relativo al riconoscimento dei diritti delle minoranze magiare nei Paesi confinanti con l’Ungheria, aprendo così la porta a possibili contenziosi territoriali.

In generale, in questa fase storica, il Vaticano, nella difesa oltranzistica dei “principi non negoziabili” – la tutela della famiglia tradizionale fra uomo e donna contro ogni riconoscimento delle unioni di fatto, la salvaguardia della vita dal suo concepimento ala morte naturale e la libertà educativa, val a dire il sostengo alle scuole cattoliche – sta giocando di  sponda con alcuni Paesi dell’Europa orientale che esprimono tendenze politiche nazionali particolarmente conservatrici o reazionarie.

Su questa stessa linea, fra l’altro, troviamo la Polonia dove si sta discutendo una legge d’iniziativa popolare che limita ulteriormente l’aborto, negandone la possibilità anche in caso di stupro o di rischio della vita per la donna. Su un fronte più ampio, si registra poi la battaglia ingaggiata dal rappresentante della Santa Sede all’Onu di Ginevra, monsignor Silvano Maria Tomasi, per contrastare una risoluzione in favore dei diritti dei gay e di “genere” che godeva dell’appoggio degli Stati Uniti; il Vaticano, in questo caso, pur uscendo sconfitto, si è avvalso del sostegno – fra gli altri – della Russia e della Moldavia. E d’altro canto nel testo pubblicato dall’Osservatore romano, il diplomatico ungherese spiega due cose importanti. In primo luogo che un invito a tutelare matrimonio e famiglia nella nuova Costituzione, era venuto proprio dal Papa alla vigilia della discussione del testo. Quindi si chiarisce  che in materia di diritti il testo vuole andare “contro corrente rispetto a certe tendenze europee”. L’ambasciatore rileva inoltre che “la dignità della persona scaturisce dal suo essere creato ad immagine e somiglianza di Dio, e da ciò discende anche l’obbligo della difesa della vita umana, aggiungendo che ‘la vita del feto va difesa sin dal concepimento’”.

Di tutt’altro avviso l’Europarlamento di Strasburgo per il quale  “il processo costituzionale è stato caratterizzato da una mancanza di trasparenza e l’elaborazione e l’adozione della nuova Costituzione sono state completate in tempi eccezionalmente brevi che non hanno lasciato abbastanza tempo per un completo e sostanziale dibattito pubblico sul progetto di testo, e che un processo costituzionale pienamente riuscito e legittimo dovrebbe essere basato su un consenso quanto più ampio possibile”. Quindi si rileva che “la nuova Costituzione, per i valori che sancisce e la sua ambigua formulazione di nozioni fondamentali come la ‘famiglia’ e il diritto alla vita dal momento del concepimento, crea il rischio di discriminazione nei confronti di alcune categorie della società, in particolare le minoranze etniche, religiose e sessuali, le famiglie monoparentali, le persone che vivono in unioni di fatto e le donne”. Qualche tempo fa i socialisti ungheresi hanno denunciato il rischio che, con la nuova Carta, il Paese si avviasse a diventare una nuova Bielorussia. L’europarlamentare rumena del gruppo liberale, Renate Weber, ha affermato a sua volta:  “come liberale mi preoccupa un governo che erode le libertà civili e il controllo democratico. Sono preoccupata per una legislazione che chiude gli occhi sulle diversità, e sono convinta che non tutti i cittadini ungheresi si riconoscono nell’immagine conservatrice rappresentata dalla Costituzione”.

*da www.ilmondodiannibale.it

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