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La campagna contro i caccia F-35 chiede di essere ascoltata dal Parlamento
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di redazione

La campagna contro i caccia F-35 chiede di essere ascoltata dal Parlamento
I vertici della Difesa continuano a diffondere in maniera poco  trasparente e senza confronto i propri dati sul programma dei caccia  
F-35: le organizzazioni che si oppongono all'acquisto auspicano una chiara e completa discussione parlamentare anche a partire da proprie
analisi e studi...

Nella giornata di oggi la Commissione Difesa della Camera dei Deputati
ha ascoltato in audizione il Generale Debertolis, Segretario Generale
della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, in relazione
all'attuazione del programma di armamento Joint Strike Fighter.
Dopo la comparsa a Roma del vice-presidente del programma F-35/JSF Tom
Burbage di Lockheed Martin e dopo le numerose esternazioni televisive
e giornalistiche del Ministro-Ammiraglio Di Paola (tutte senza alcun
tipo di contraddittorio) si è trattato di una nuova occasione di
celebrazione del programma d'acquisto dei caccia d'attacco “made in
USA” e dei fantomatici aspetti positivi per il nostro Paese.
Mentre è chiaro l'obiettivo dei dirigenti della Lochkeed Martin (che
si trova in difficoltà estrema visti i ritardi del programma, i costi
aumentati che il Pentagono non vuole pagare e la riduzione degli
ordinativi USA di quasi la metà dei velivoli ipotizzati) non si
comprende come mai i vertici della Difesa continuino a rapportarsi al
programma dei caccia F-35 con nessun tipo di ripensamento. Lo stesso
Ministro-Ammiraglio Di Paola mentre continua a sottolineare come
qualsiasi rimodulazione dei programmi d'armamento debba essere
conseguente al ripensamento del Modello di Difesa (ma fatto da chi?
dai tecnici o dal Parlamento?) afferma quasi contraddicendosi che
invece “rinunciare agli F-35 sarebbe sbagliato e costoso”.
Eppure nessuno è stato in grado finora di quantificare il numero delle
aziende italiane coinvolte e le cifre effettive del ritorno
industriale (elementi richiesti ufficialmente dalle Commissioni
parlamentari al momento del voto positivo sul programma nel 2009)
mentre i costi stimati di acquisto (almeno 15 miliardi di euro)
continuano a salire.
Dopo la caduta della “foglia di fico” delle  
penali inesistenti (da sempre portate come motivazione
dell'impossibile rinuncia e recentemente smascherate) è questa l'unica
linea difensiva del programma reiterata quasi meccanicamente mentre
gli altri paesi partner stanno esplicitando tutti i loro dubbi: ne
sono prova sia la riduzione degli ordini statunitensi sia le
recentissime dichiarazioni del Ministro della Difesa Australiano
Stephen Smith che ha fatto slittare di alcuni anni la decisione di
acquisto del proprio paese.
Ci domandiamo come mai non si possa avere un confronto né discutere in
alcun modo la situazione reale della partecipazione italiana a questo
programma (nascondendosi dietro vantaggi economici solamente
favoleggiati) mentre nel contempo gli Stati Uniti continuano a
cancellare commesse all'industria italiana (ultima quella del cargo
C-27J) e intanto riducono i propri ordini di caccia JSF.
La  motivazione? Il Pentagono è ben conscio di trovarsi di fronte ad un  
progetto non ancora maturo e con svariati problemi anche di volo, per
cui la pressione all'acquisto di aerei incompleti (e che saranno da
aggiornare dopo poco tempo) è tutta sugli alleati.
La campagna “Taglia le ali alle armi” nel rinnovare la propria
contrarietà a questo progetto costoso, inutile, problematico ed anche
in alcuni termini contrario allo spirito della nostra Costituzione
chiede che il Parlamento possa ascoltare sul progetto Joint Strike
Fighter anche le organizzazioni e le campagne che, sulla base di dati
ed analisi documentate, sono contrarie a tale acquisto. Tutte le
decisioni riguardanti i programmi d'armamento dovrebbero essere
sospese in attesa di una ridefinizione complessiva, da affidare al
Parlamento, del nostro modello di Difesa e del ruolo da affidare alle
Forze Armate per l'Italia del futuro. Prendere ora una decisione che
ci costringerebbe ad un matrimonio forzato per 40 anni con il caccia
F-35 sarebbe dannoso ed anche insensato.

La campagna è promossa da Rete Italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci
e Tavola della Pace ed ha lanciato per tutto febbraio un mese di
mobilitazione di respiro nazionale. L'intenzione è quella di
esplicitare all'opinione pubblica l'alto spreco di risorse che
deriverebbe dall'acquisto di tali caccia (senza nessuna sicurezza di
fantomatici ritorni economico-industriali) evidenziando al contrario
le alternative, possibili tutte socialmente utili e in grado di creare
molti posti di lavoro risultando di forte stimolo per l'economia. Un
simbolo forte della problematicità in generale delle spese militari e
non solo per il programma F-35 che viene segnalato in quanto più
costoso e problematico, ma che serve soprattutto a dimostrare che le
priorità vere del nostro paese non possono passare per armi, cannoni e
cacciabombardie

Tutte le informazioni sulla campagna si possono trovare sui siti delle
organizzazioni promotrici:

www.perlapace.it (Tavola della Pace) – www.sbilanciamoci.org (Campagna
Sbilanciamoci!) - www.disarmo.org (Rete Italiana per il Disarmo)

La petizione online (con i dettagli per la raccolta di firme cartacee)
è invece raggiungibile all'indirizzo www.disarmo.org/nof35


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