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Articolo 21 - Libri
Dunja Bandnjevic: esistono ancora due Europe
Dunja Bandnjevic: esistono ancora due Europe

di Pietro Nardiello
Incontriamo la scrittrice Dunja Bandnjevic, autrice del libro “L’isola Nuda”  che a più di vent’anni dalla morte del padre, stretto collaboratore di Tito, con “L’Isola Nuda” raccoglie le proprie memorie che romanza insieme alle tragiche vicende che hanno visto come protagonisti una generazione appartenuta alla ex Jugoslavia. Lei sarà una dei nove finalisti che concorreranno, domenica 29 novembre, alla giornata conclusiva del Premio Letterario Asti D’Appello, (www.premioastidappello.org).

Come considera la situazione europea adesso?
Non sono una politologa, le mie sono solo considerazioni personali. Esistono sempre un’Europa e un’altra Europa. Una volta era quella “oltre il Muro”, ora ne fanno parte soprattutto gli Stati formatisi dopo l’implosione della Jugoslavia. E più di tutti la Serbia, colpevole per eccellenza. Non voglio difendere l’indifendibile ma credo che ci saranno ancora nuove scoperte che contribuiranno a definire quelle guerre del secolo scorso. Tuttavia finché tutti gli Stati, anche i più piccoli, non diventeranno Europa, trovandosi del resto geograficamente da sempre nel suo contesto, sarà difficile parlare di una vera comunità.
Per quanto riguarda poi l’attuale UE, le differenze sono tante. Gli Stati entrati di recente sono ancora in fase di transizione, mentre l’euro penalizza i redditi bassi. Il gap tra poveri e ricchi non è mai stato così forte dalla seconda guerra.
Anche tra i paesi “forti”, non sempre si è d’accordo su molte questioni: ne dicono qualcosa il protocollo di Kyoto e di Lisbona ecc.).  Penso che ci vorrà ancora molto tempo per riuscire a costruire un’entità davvero giusta ed equa.

Dopo la caduta del Muro, non crede che le religioni siano diventate un nuovo muro?
Nel mio ex paese sicuramente, ma anche oltre. La crisi economica è stata il principale fattore della frantumazione dell’ex Jugoslavia, ma le diverse religioni vi hanno contribuito. Si sono proclamate, nella maggior parte dei casi, come una sorta di nucleo nazionale contribuendo alla nascita dei vari nazionalismi, più o meno sfrenati. Non c’erano i presupposti della pace, dell’armonia e della collaborazione reciproche. E non ci saranno ancora per molto tempo. Da noi nel periodo di Tito professare una religione era permesso, ma lo Stato era laico, per cui non si insegnava religione nelle scuole. Personalmente credo che bisognerebbe insegnare un’onesta storia delle religioni, nelle quali ognuno dovrebbe essere libero di credere o non credere, avere possibilità di scelta. Oggi purtroppo anche nell’ex Jugoslavia ci sono religioni di Stato.

Pensa che ci possa essere una deriva forzata di stampo fascista nel nostro paese?
Spero proprio di no. E’ curioso che oggi in Gianfranco Fini una parte dell’elettorato si riconosca più che nei propri leader. Bisogna tuttavia evitare le xenofobie sia verso gli immigrati da paesi stranieri che verso i cittadini autoctoni nati in regioni economicamente e storicamente più svantaggiate. Il fattore economico, lo diceva un tempo anche un certo Marx, detta tutto il resto.

Si può parlare ancora di blocco dei paesi dell’Est sotto l’egemonia russa?
Se si riferisce ai tempi del Patto di Varsavia, se ne potrebbe parlare. La Jugoslavia in questo era diversa, più progredita e soprattutto più libera degli altri Stati. Avevamo un passaporto che ci apriva le porte di tutto il mondo. Eravamo, come leader dei Paesi non allineati, riconosciuti e stimati ovunque. Si è cercato, senza successo, di inventare una nuova forma di produzione autogestita che avrebbe dato alla gente quello stimolo a lavorare che in altri paesi dell’Est era molto appiattito. Il resto del mondo ex , Unione Sovietica compresa, viveva molto peggio di noi. Non bisogna dimenticare il prezzo che pagavano i cittadini russi per aiutare gli amici/fratelli delle altre nazioni (Cuba, Africa, Asia, paesi del Patto di Varsavia…).

Perché ha fatto passare vent’anni dalla morte di suo padre per scrivere questo libro?
Onestamente era stato scritto in forme diverse molto prima, ma non credevo che potesse interessare altre persone. Dopo le ultime guerre jugoslave, dopo che l’Isola Nuda è stata aperta al pubblico e l’ho visitata, ho sentito di aver trovato la strada giusta. Lo dovevo a mio padre ma avevo anche bisogno di una mia catarsi, era una pietra che mi pesava. Volevo anche essere del tutto sincera e onesta nelle mie considerazioni e questo si acquisisce con gli anni. Sono molto soddisfatta di come il mio libro è stato accolto e di aver sollevato una questione che ormai sembrava seppellita per sempre, visto che nella ricerca dell’individuale si è perso l’interesse generale. Di aver dato voce a coloro che, anche se sbagliavano – come dice Magris -, con le loro illusioni e la loro fede, pur utopistica, hanno fatto fare alcuni passi avanti all’umanità.

Dalla rete di Articolo 21