Articolo 21 - CULTURA
Tagli e bavagli. E' l'ultima e più sottile evoluzione del golpe
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di Federico Orlando

Ma il potere continua a temere, anche oggi, che la libertà dei singoli scavalchi l'ortodossia su cui si regge il trono di chi governa. Anatemi e insofferenze non sono mai mancati; e prima di Berlusconi e dei suoi Bondi-Gelmini ci sono stati il “culturame” di Scelba e il sarcasmo di Togliatti, l'egemonia della scuola di classe, l'egemonia della contestazione “globale”, gli “intellettuali dei miei stivali” di Craxi. Ma nessuno aveva mai teorizzato e praticato una politica di annientamento simultaneo di cultura e comunicazione, sapendo che notizia, commento, comunicazione, riflessione, pensiero sono mattoni del Dna della libertà, il frutto proibito che ci potrebbe far conoscere i famigerati arcana imperi del Principe, e anche le miserie dei suoi servitori, la cui protezione privilegiata oggi si confonde con la privacy. Nessun governo aveva mai pensato di tagliare risorse a università e ricerca accomunando scienza e baronie in un'unica falciata. Nessun governo s'era permesso di dire che chi vuole a scuola il tempo pieno se lo deve pagare, come nella scuole private. Così hanno stilato una lista di enti da sopprimere, in parte inutili in parte gioielli della crescita culturale, come l 'Ente teatrale o il Centro sperimentale di cinematografia: proprio mentre, o forse proprio per questo, l'Italia è applaudita a Cannes per film eretici, cioè liberi, come Draquila di Guzzanti o La nostra vita di Lucchetti: una volta sarebbero stati accusati di vilipendio, oggi ci si limita a denunciare come denigratori dell'Italia non le mafie assassine ma Saviano e le fiction Rai che le descrivono. E' da questa sottocultura di governo che nascono le barzellette tragiche, come l'estetica delle fioriere per il G8 di Genova o la trasformazione del terremoto di L'Aquila in proscenio internazionale del “fare”, salvo le mattanze alla caserma Diaz e il cinismo dei palazzinari protetti. Oppure nascono le barzellette ridicole, come i film sulle radici padane, ieri Alberto da Giussano, oggi un certo fra Marco d'Aviano, gran consigliere di Leopoldo II nella battaglia di Vienna, vinta quattro secoli fa da Eugenio di Savoia, come sa anche il turista del Texas che ne ammira il monumento nel Ring. Dicono che Rai fiction e Rai cinema concorreranno a finanziare fra' Marco d'Aviano. E' questa l'alternativa culturale di un governo che identifica la crescita con gli interessi. E perciò onora gli evasori e infama gli insegnanti.
E' l'ultima e più sottile evoluzione del golpe. Il generale De Lorenzo ci fece sentire il tintinnio di sciabole, la “mafia” l'esplosione del tritolo ai Georgofili, al Velabro, a Milano, il comandante Borghese inviava una colonna di Guardie forestali da Monte Mario sulla Rai di via Teulada, Licio Gelli spiega la conquista dello Stato attraverso lo svuotamento dei poteri dopo aver svuotato cervelli e coscienze, a cominciare dal potere parlamentare: del resto, cos'altro se non gusci vuoti erano stati i governi Kerensky e Facta di fronte a Lenin e a Mussolini? Oggi per conquistare la Rai non servono i forestali: provvedono dall'interno i gaulaiter, mentre le opposizioni tacciono, balbettano, inciuciano. Alla Lega che contesta gli sprechi (veri) del calcio, non si replica che lei si becca ogni anno 20 miliardi di finanziamento pubblico per alimentare la secessione dall'Italia. Tutti sembriamo i quattro amici al bar, che fine hanno fatto il conflitto d'interessi, o l'epurazione lombrosiana di Busi e Ferrario al Tg1? E i gaulaiter provvedono a colpire i conduttori non vespizzati, a toglierci RaiNews di Mineo perché la notizia è la prima pietra del Dna democratico, a minacciare le inchieste di Gabanelli e Iacona, le ipotizzate 4 o 2 trasmissioni Fazi-Saviano, il Tg3 tutto. Resterà Radio Maria. Rispetto a tanta accidia, nell'incontro tra spettacolo, stampa, letteratura, sindacati Cgil,Cisl,Uil, magistrati, giornalisti, ricercatori, docenti, che s'è svolto ieri a piazza Navona, è stato assunto l'impegno di un nuovo incontro nazionale come quello del 3 ottobre a piazza del Popolo: non solo contro i tagli e bavagli all'informazione, ma contro l'asfissia della scuola e la censura sui delitti dei criminali e dello stato. Proibendo le intercettazioni, perfino la signora Aldovrandi e la signorina Cucchi non avrebbero saputo del massacro dei loro giovani familiari. E noi meno di loro. Anch'esse dovrebbero salire sul palco, a testimoniare come la libertà o è indivisibile o muore.
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