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L’Aquila è ancora in piena emergenza
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di Stefania Pezzopane*

L’Aquila è ancora in piena emergenza

Eravamo in tanti ieri a Roma. Il popolo nero verde si è mobilitato ancora una volta per la sua città. Stavolta è arrivato fino al cuore della capitale,  per sostenere il Consiglio comunale straordinario. Insieme abbiamo lanciato un nuovo grido d’allarme, un nuovo SOS, per attirare l’attenzione di governo e parlamento, per evitare che la nostra città e il suo futuro cadano nel dimenticatoio e nell’oblio delle coscienze.
L’Aquila è ancora in piena emergenza, non siamo in condizioni di cominciare a ripagare tasse, tributi, mutui. Ci sono ancora 34mila sfollati, tra chi vive sulla costa, chi è ospitato negli alberghi della provincia e chi risiede nelle caserme. L’economia è a terra con 16mila disoccupati, migliaia di cassaintegrati e numerose attività, tra cui quasi tutte quelle del centro storico, praticamente al palo. Non ci sono soldi per la ricostruzione, non ci sono soldi liquidi. Come può il governo in  queste condizioni chiedere agli aquilani di tornare a pagare le imposte? Sarebbe un secondo terremoto!
L’ennesimo rinvio, giunto nelle ultimissime ore, sembra essere più una manovra per rabbonire gli animi. Siamo stufi. Basta con le proroghe di sei mesi in sei mesi, che ci fanno vivere ancora più nell’incertezza.
L’Aquila ha bisogno di una legge speciale, dove siano indicate con chiarezza risorse e strumenti per la vera ricostruzione. Abbiamo bisogno di una programmazione organica, non di provvedimenti estemporanei. Ma il governo continua su questo punto a fare orecchie da mercante, con la complicità e il disinteresse del centro destra abruzzese, che ieri ha stampato l’ennesima pessima figura. Chi era presente ha rafforzato la nostra convinzione di non avere un grande ascendente sui colleghi di governo, che hanno glissato ogni richiesta di un incontro istituzionale.
Ancora più imbarazzante l’assenza del governatore Gianni Chiodi, nonché commissario per la ricostruzione.
Ma la manifestazione di ieri aveva un secondo obiettivo. Rompere il muro del silenzio dietro cui si trincera parte dell’informazione. Il “miracolo aquilano”, di cui certi TG (il TG1 in primis) parlano, non esiste.
E lo dimostra la rabbia degli aquilani, che continuano a protestare per le continue censure a cui siamo costretti ad assistere. La stampa asservita al Cavaliere ha raccontato all’Italia intera con imbarazzante disinvoltura solo delle inaugurazioni e dei tagli dei nastri per case e scuole. Ma le loro telecamere non si sono mai spinte oltre, nei vicoli abbandonati e bui del centro storico, nei palazzi disabitati, nei quartieri un tempo popolosi e ora fantasma della città; non sono mai entrate nelle caserme o negli alberghi per vedere come vive lì la gente, né hanno mai intervistato i giovani disoccupati o i commercianti in crisi. Mentre non hanno mai saltato una visita del premier o della pletora di ministri che sono avvicendati a L’Aquila fino alla vigilia delle elezioni. Sulla manifestazione aquilana del 16 giugno si è raggiunta l’apice della vergogna e della disinformazione. Un segnale preoccupante, che dovrebbe farci riflettere.
 Gli aquilani però non tollerano più bugie, né mistificazioni della realtà. Non siamo più disposti  ad ascoltare le sirene incantatrici che ci fanno sperare sui soldi della ricostruzione, che non arrivano mai, né siamo disposti ad accettare un immorale federalismo fiscale.
Quello che chiediamo è trasparenza sull’informazione, una legge speciale per la ricostruzione.

* Responsabile Nazionale PD per la Ricostruzione. Vice Presidente del Consiglio Provinciale


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