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Perchè ci riguarda la sentenza sul reintegro degli operai di Melfi
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di Giuseppe Giulietti

Perchè ci riguarda la sentenza sul reintegro degli operai di Melfi

Ciascuno di noi e di voi può pensarla come crede sulla vertenza Fiat, ma chiunque creda nei valori costituzionali non può che esultare per la decisione del tribunale di annullare i licenziamenti dei tre operai cacciati dallo stabilimento di Melfi con la infamante qualifica di sabotatori, poco ci è mancato che venissero etichettati come terroristi, anzi qualche mazziere travestito da editorialista non ha esitato a manganellare energicamente loro e chiunque abbia osato mettere in discussione i piani presentati da Marchionne.

Il giudice, per fortuna, non si è fatto intimidire e ha distrutto letteralmente la equazione tra lotte sindacali ed eversione, stroncando sul nascere una linea di pensiero e di azione che, altrimenti, sarebbe stata destinata a fare scuola in numerose altre vertenze.
Bisogna dire con altrettanta chiarezza che bene ha fatto la Fiom Cgil a non lasciare soli i tre lavoratori e a conferire una dimensione nazionale all'episodio di Melfi.
Se fossimo ancora in un Paese semi normale anche questa sentenza dovrebbe indurre i protagonisti, a partire dalla Fiat, ad abbandonare toni e modi muscolari e a riaprire una trattativa che coinvolga tutti i soggetti sindacali a partire dalla Fiom, mettendo in un cassetto il perverso sogno di dare il colpo finale ai sindacati che non piacciono e che non accettano l'idea che i diritti fondamentali si possano mettere tra parentesi o addirittura sopprimere.

Quella sentenza, dunque, ci riguarda e riguarda anche il mondo dell'informazione, tra qualche settimana si svolgeranno anche i processi a carico di quei delegati che sono stati sospesi per aver espresso le loro opinioni, per aver diffuso i documenti di solidarietà arrivati dai loro colleghi polacchi.
In questi casi si configura una vera e propria limitazione al diritto di critica, alla libera circolazione delle opinioni, si tende a trasferire il codice militare dentro gli stabilimenti. Si tratta di una pressi e di un metodo che nessuno dovrebbe mai accettare, a partire proprio da chi condivide i progetti di rilancio e di modernizzazione della Fiat.

Spiace constatare quanti presunti liberali abbiano preferito tacere o girarsi dall'altra parte.
Questa associazione non ha avuto esitazione ad alzare la voce contro la legge bavaglio e contro ogni bavaglio agli editori e ai giornalisti, allo stesso modo continueremo ad alzare la voce contro ogni forma di bavaglio anche quando si tenta e si tenterà di metterlo sulle bocche degli operai o su quelle dei clandestini considerati, per definizione, persone senza diritti.

Se quello che è successo a Melfi e in alcuni altri stabilimenti, ci riferiamo sempre al tema dei diritti sindacali, fosse capitato in alcune redazioni italiane, magari a quegli stessi editorialisti che hanno puntato il dito vindice contro le tute blu, le urla sarebbero salite sino al cielo, gli appelli si sarebbero sprecati, le solidarietà non sarebbero certo mancate. Sarà appena il caso di ricordare che lìautobavaglio non è meglio del bavaglio..

Un ringraziamento, infine, lo vogliamo rivolgere a quelle migliaia di donne e di uomini che, anche attraverso verso questo sito, hanno fatto sentire la loro voce firmando l'appello contro i licenziamenti e contro la sospensione dei diritti sindacali e costituzionali.


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