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La camorra 25 anni fa uccideva un giornalista: Giancarlo Siani. Aveva il vizio di scrivere le notizie
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di Reporter senza rete

La camorra 25 anni fa uccideva un giornalista: Giancarlo Siani. Aveva il vizio di scrivere le notizie

 

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  •  Oggi apriamo questo spazio non con le notizie dei Tg, ma con un ricordo. Venticinque anni fa a Napoli veniva assassinato il giornalista Giancarlo Siani. Un giornalista, giornalista, come lo si definisce nel film di Marco Risi “Fortapasc” e non un giornalista impiegato. Ed a guardare i primi telegiornali di oggi, ci riferiamo in particolare a Studio Aperto e Tg4, abbiamo avuto la netta sensazione che tale frase sia attualissima nel mondo del giornalismo di oggi.
    Com’è possibile incentrare un telegiornale ancora sulla morte di Sandra Mondaini quando sono stati resi noti dall’Istat  dati catastrofici sulla disoccupazione? Oppure dedicare sempre più spazio alle solite Belen, Valeria Marini,  alle selezioni di Mediaset per diventare famosi,  quando Napoli di nuovo soffoca per i rifiuti nelle strade?
     Tornando al ricordo di Giancarlo Siani, tra l’altro nessun Tg ha parlato dell’anniversario della morte , evidenziamo che sono tanti i giornalisti impegnati seriamente nel loro lavoro  e spesso pagano un prezzo altissimo per  aver raccontato semplicemente  fatti, quelli veri. Come Giovanni Spampinato, stessa età di Siani, 25 anni, giornalista dell’Ora di Palermo, che nel 1972 fu assassinato dalla mafia. Al ricordo di Giancarlo e Giovanni dedicheremo lo spazio commento di oggi, con l’intervista ad Alberto Spampinato, giornalista lui stesso e fratello di Giovanni, responsabile di Ossigeno per l’informazione, l’Osservatorio  istituito dal Sindacato e dal’Ordine nazionale dei Giornalisti, sulle minacce e gli attacchi cui ieri come oggi sono sottoposti i giornalisti che tentato di fare il loro mestiere.
    Per le notizie di oggi proposte dai Tg, escludendo le non notizie di Studio Aperto e Tg4, quasi tutti i telegiornali,  aprono con i presunti dossier confezionati dai servizi segreti sulla casa di Montecarlo, secondo titolo solo per il Tg5. Il Tg1 sull’argomento mette a confronto in studio il parlamentare finiano Fabio Granata ed il direttore del Giornale Feltri, mentre il Tg La7 mette a confronto il direttore del secolo Flavia Perina ed il direttore di Libero Belpietro.
    I dati sull’aumento della disoccupazione diramati dall’Istat  sono solo nella titolazione del Tg3, terza notizia, Tg5, Tg2, e Tg La7, ne parlano all’interno della propria scaletta dei servizi in maniera piuttosto completa. Il Tg1 legge solo una breve da studio sull’argomento, riportando solo le dichiarazioni del ministro del lavoro Sacconi che si dice soddisfatto perché il dato è sotto la media europea. Come dire tutto va bene madama la marchesa.
    Altro capitolo di oggi i rifiuti a Napoli. Ne parlano nei titoli Tg3, Tg5, Tg La7 e Tg2, nessun richiamo invece in Studio Aperto, Tg4 e Tg1. E questo, evidentemente,  per non appesantire le coscienze dei telespettatori.   

     


    Spampinato: cosa emerge dal secondo report di “ Ossigeno per l’informazione ”? 

    “ Il dato principale che abbiamo tirato fuori è quello di 400 giornalisti coinvolti in Italia, nel periodo 2009 – 2010, di cui ci occupiamo nell’ultimo osservatorio. Come arriviamo a questa cifra? Noi abbiamo documentato nel rapporto in totale 53 casi, più altri 15 di cui siamo venuti a conoscenza fino ad oggi, di giornalisti minacciati. Abbiamo quindi un totale di 68 casi. Dei 53 documentati con nomi e cognomi nel rapporto ce ne sono 29 “ individuali ” (minacce ricevute in forma diretta, con lettere, proiettili, telefonate, anche aggressioni , intrusioni in casa. In più ce ne sono 24 “collettivi”, cioè che riguardano gruppi di giornalisti, e 4 di questi riguardano intere redazioni”. 

    I giornalisti in questione sono lasciati soli, oppure c’è chi assicura una vicinanza? 

    “ Per fortuna ci sono delle forme di solidarietà, anche se  noi pensiamo che siano deboli. Tante volte i comitati di redazione, tante volte anche i sindacati territoriali esprimono  delle forme di solidarietà, per fortuna, però non siamo ancora a quelle forme di solidarietà che sarebbero necessarie di fronte ad episodi così diffusi e sistematici. Un'altra forma di ciò che noi assimiliamo alle intimidazioni sono le perquisizioni invasive, che vengono fatte soprattutto nei confronti di cronisti giudiziari, che hanno ottenuto una notizia importante da una fonte che può essere un magistrato o un funzionario pubblico: loro la pubblicano ed i magistrati, invece di scoprire chi ha commesso un reato non custodendo la riservatezza a cui era tenuto, indagano i giornalisti e, con queste forme di pressioni, perquisizioni materiali, domiciliari, d’intere redazioni ( che a volte bloccano il lavoro), cercando di costringerli a rivelare le fonti confidenziali . Questa è una cosa che bisognerebbe frenare, perché non è giusta. Proprio in queste settimane in Germania il Parlamento sta esaminando una proposta della maggioranza di cambiare nei prossimi giorni il codice penale per sancire esplicitamente che, in questi casi, il giornalista non deve essere inquisito”. 

    Le minacce, gli “avvertimenti” che questi giornalisti hanno ricevuto secondo il vostro report, sono distribuiti in tutte le Regioni, oppure ci sono delle preminenze? 

    “ Sono distribuite un po’ in tutta Italia. È evidente che i casi più ricorrenti, più diffusi, sono nelle regioni in cui mafia, ndrangheta e camorra sono attive, e quindi l’uso delle violenza è più immediato: abbiamo,  difatti, il caso più clamoroso, la prima posizione in classifica  della  Calabria, dove noi contiamo all’inizio dell’anno 15 giornalisti minacciati, più altri 8 che avevamo indicato nel precedente rapporto che si riferiscono, più o meno, all’anno precedente. Però anche nelle altre regioni non si scherza. Tanto per dire alcuni dati, abbiamo 6 casi in Sicilia, 6 casi in Campania, 10 nel Lazio ed anche6 in Lombardia”. 

    La domanda può apparire capziosa: succede qualcosa di negativo anche nelle redazioni centrali dei nostri Telegiornali nazionali, oppure li l’atmosfera è così eterea che non arrivano neanche le minacce? 

      C’è un dato, ad esempio,  nel rapporto: sono le minacce ricevute da Sandro Ruotolo, di Annozero, quando ha cominciato l’inchiesta, in cui era impegnata tutta la redazione, sulla cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia. Ruotolo ci ha detto che le minacce sono state rivolte anche a Michele Santoro e Marco Travaglio. Questo è significativo, ci fa capire che i dati da noi trovati sono quelli che gli interessati vogliono rendere noti. Sono,  come ha detto l’Unesco, presentando il rapporto biennale sui giornalisti uccisi o minacciati nel mondo: “ I casi conosciuti sono la punta dell’iceberg: il fenomeno è in gran parte sommerso, ed è destinato ad aumentare pericolosamente in tutto il mondo perché non esistono delle forme di protezione adeguata dei giornalisti. C’è una sostanziale impunità”. 

    Per concludere, ci sono molti collegi sotto scorta? 

    “ Di colleghi sotto scorta noi non abbiamo il numero preciso: la nostra stima è di circa 10 giornalisti; ce ne sono alcuni che meriterebbero la scorta. Tra questi ce n’è uno, che è il caso più grave di cui ci stiamo occupando adesso, quello di Nello Rega, che da oltre un anno non riesce ad avere la protezione che sarebbe necessaria”. 


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