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Sbarco a Latina, specchio di un fallimento ad ampio raggio
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di Antimo Lello Turri

Sbarco a Latina, specchio di un fallimento ad ampio raggio

Lunedi 4 ottobre, Latina si sveglia col rumore delle sirene che la attraversano. Tagliano in due l'aria umida della mattina che dà le sue prime luci. Via del lido è un via vai di macchine ed automezzi di polizia e carabinieri. Il capoluogo pontino scopre  un'emergenza che mai aveva conosciuto e mai avrebbe immaginato di conoscere. Un peschereccio con a bordo almeno cento disperati, approda nell'oscurità sul litorale di Latina, a pochi minuti di macchina dal centro della città. Ad attendere gli immigrati, ci sono gommoni che li smistano sul litorale.
Un anziano che come ogni mattina fa la sua passeggiata in riva al mare, dichiara ai giornalisti locali: “Ne ho incontrati alcuni che vagavano sul lungomare e  mi hanno chiesto quanto dista Roma e come si arriva alla stazione ferroviaria di Latina. Cercavano di farsi capire in francese”.
Uomini, donne e bambini. Una traversata di oltre venti giorni, che dopo aver raccolto disgraziati sulle coste dell'Africa settentrionale, è terminata a Capo Portiere, proprio davanti ad uno di quelli che in estate è uno stabilimento per gente che ha soldi da spendere. Tu, cittadino di provincia, apri gli occhi in una mattina tiepida di ottobre e vedi che è arrivata la sofferenza.
Immagini che gli italiani hanno visto e continuano a vedere decine di volte in televisione e sui giornali. Questa volta a settanta chilometri da Roma. Ad una quarantina di minuti di treno da quei palazzi stupendi dove, su poltrone stupende e comode, poggiano il loro peso istituzionale Presidenti, Ministri e Sottosegretari che hanno siglato accordi con la Libia per rispedire a casa loro, “i negri”.
Via, tornate indietro che a noi fate schifo. Non ci fa schifo la mafia che uccide i nostri giudici e poliziotti, i nostri sindaci che sognano terre libere, che avvelena le nostre terre con rifiuti radioattivi e massacra un sacerdote di 84 anni di nome don Cesare Boschin, la cui colpa è quella di denunciare e testimoniare gli affari camorristi legati ad una discarica alle porte della Capitale. Ci fate schifo voi, “negri” puzzolenti e per giunta islamici.
Sono arrivati anche a Latina-Littoria questi scarti dell'umanità e con il loro sbarco creano non pochi problemi a tutti i livelli. Innanzi tutto dimostrano che la gloriosa politica sull'imigrazione di questo Esecutivo è farlocca, perchè gli sbarchi non diminuiscono, ma semplicemente cambiano i punti d'arrivo. Inoltre, la loro sporcizia che fa un blitz inaspettato sulle coste laziali, rende oggettivo che le vigorose strette di mano con improponibili dittatori libici non hanno dato frutti. Che fallimento. Certo,   ci vorrà davvero un bel coraggio nel tornare a dire davanti a microfoni e telecamere che le politiche di contrasto all'immigrazione clandestina sono eccellenti e danno ottimi risultati. E allora avanti tutta, continuiamo nei comizi politici a gridare contro l'islam, a chiedere che nei test di ammissione all'università gli italiani partano da un punteggio superiore rispetto agli stranieri, a convincere i cittadini di questa italietta terrorizzata che “l'altro” è un pericolo e và cancellato.
Ma la disfatta più grande è che i cento disperati di Latina-Littoria arrivano, senza neppure immaginarlo, in un territorio dove le mafie dettano legge. Qui, terra di conquista dei clan,  verranno utilizzate dal caporalato mafioso, le loro braccia nell'agricoltura e nell'edilizia, verranno violentati i corpi delle loro donne per poche decine di euro che arricchiranno le casse mafiose. Certo, più di qualcuno di loro, delinquerà, ma lo farà soprattutto per colpa dell'incapacità tutta italiana di dare dignità a chi la chiede anche in ginocchio.
Chissà, al di là delle esternazioni da protocollo, cosa ne pensa il Ministro dell'Interno Roberto Maroni. Lui che, nonostante il suo Governo si vanta di essere quello che passerà alla storia per aver sconfitto la mafia, non ha saputo imporsi per lo scioglimento del consiglio comunale di Fondi per infiltrazioni mafiose. Maroni, che  ripetutamente si era pronunciato a favore dello scioglimento di quel comune del basso Lazio e che lo aveva definito infetto da  “forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Proprio lui che è conscio del fatto che la provincia di Latina è zona privilegiata dalle mafie per i loro traffici ed interessi politici.
Probabilmente, in fondo, sa che su questi due temi, mafie ed immigrazione clandestina, tra l'altro strettamente collegati, lui e il Governo di cui fa parte, hanno fallito.

 

 

 


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