Articolo 21 - CULTURA
Con Sanremo si ritorna a Giovinezza?
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di Nicola Tranfaglia
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Non ha torto il signor Mazzi a evocare lo scenario grottesco del regime anche perchè ogni tanto lo stesso Berlusconi è sorpreso a citare frasi e modi di dire che erano del dittatore romagnolo come quando ha detto, alcune settimane fa, citando i diari apocrifi di Mussolini, spacciati dal consocio Dell’Utri e ormai in via di pubblicazione: “Dicono di me che sono un dittatore ma il vero potere ce l’hanno i miei gerarchi. Quello che io posso è dire al mio cavallo di andare a destra o a sinistra.”
Ma è davvero incredibile che in questo paese la storia tenda a ripetersi con così piccoli cambiamenti. Certo Berlusconi - secondo i giornali di tutto il mondo - sta attraversando l’ultima fase del suo ciclo e si avvia in maniera ormai ineluttabile verso il tramonto ma atti gratuiti di servilismo come quelli del direttore di Sanremo indicano l’atmosfera sempre torbida del tempo che passa e le idee balzane che vengono a chi non conosce la nostra storia.
A meno che si concepisca la storia come il seguito indistinto di parole e avvenimenti che non si distinguono tra loro e segnano soltanto il tempo come pedine equivalenti di un cammino che non registra sbalzi né mutamenti di rilievo.
In un’Italia ancora ricca dei suoi mali storici e che, in questi ultimi anni, li ha visti crescere pericolosamente, dal clientelismo all’arretratezza civile e al trasformismo, dalle mafie fiorenti al culto crescente del capo, non si capisce in nessun modo l’intento di far eseguire l’una dopo l’altra, (come se potessero stare sullo stesso piano) Bella ciao e Giovinezza.
Insieme la canzone della lotta per la libertà e quella dell’oppressione fascista: ma questo è il ritratto di chi non sa distinguere tra la luce e le tenebre, tra i momenti di riscatto e quelli di soggezione e schiavitù del nostro popolo.
Non sarebbe allora il caso di chiedere alle vittime ancora in vita, o a quelli che sono venuti dopo ma conoscono il passato dei loro cari, se vivere durante la dittatura equivalga alla democrazia che è venuta dopo la seconda guerra mondiale al prezzo di lutti e di sofferenze che non si possono dimenticare?
Giriamo la domanda a Gianni Morandi e a tutti quelli che dividono con il signor Mazzi la responsabilità del Festival del 2011, quello che dovrebbe ricordare i centocinquant’anni della nostra storia.
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