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Storie che non devono essere raccontate. Il giornalismo minacciato a Urbino, 11-12 novembre 2010
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di redazione

Storie che non devono essere raccontate. Il giornalismo minacciato a Urbino, 11-12 novembre 2010

Intervista a Ilio Trafeli, professore dell’Università di Urbino e organizzatore del convegno

Il convegno è frutto del lavoro fatto insieme ad un laureato di questo stesso ateneo: è un esempio interessante di collaborazione fra studenti e professori…

“L’idea, direi quasi l’esigenza, di realizzare il convegno consegue da una tesi di laurea presentata lo scorso anno da Dario Barà. Sia l’impostazione analitica – misurare se la presa dei giornalisti sulla realtà s’attenuava dopo le minacce -, sia l’impostazione formale – l’impaginazione e la narrazione in formato graphic novel della tesi – meritavano uno sviluppo. D’altro canto, chiedersi se il giornalista minacciato cede o no alle pressioni vuol dire farsi la domanda chiave rispetto alle condizioni in cui la libertà di stampa è garantita. E oggi in Italia non è una questione banale”.

L’evento anche se si svolge fra le mura delle sedi universitarie, non è rivolto solo agli studenti, è così?

“L’evento si svolge utilizzando le strutture dell’università perché è diciamo il nostro ambiente naturale. Le tematiche non sono affatto “universitarie” come per altro evidente dal tipo di relatori invitati: tutti giornalisti professionisti, certo moderati anche da esponenti del mondo cattedratico urbinate. Ma d’altro canto, l’università non è fuori dal contesto civile, anzi dovrebbe esserne un fulcro, un motore di riflessione e libertà…”.

Ci saranno tre incontri nell’arco di due giorni, oltre alla proiezione di due film e ad uno spettacolo teatrale: come avete scelto gli ospiti e la forma da dare ad ogni momento del convegno?

“Beh, siccome l’obiettivo è quello appunto di chiedersi sinceramente a quali condizioni il giornalista minacciato può continuare a fare liberamente il proprio mestiere, allora abbiamo invitato persone che hanno esperienza diretta relativamente alla fatica di essere coerenti, e a che prezzo. Conduciamo anche riflessioni intorno alle forme storiche di addomesticamento della stampa libera, proprio per cercare sostanza al ragionamento di fondo, che in sintesi è che i giornalisti non cedono se non cede la società civile che sola può proteggerli”.


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