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Vieni via con me” due, la conferma. Non bisogna più sorprendersi, bisogna imparare
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di Ottavio Olita

Vieni via con me” due, la conferma. Non bisogna più sorprendersi, bisogna imparare

Ed ora? Cosa potrà ancora dire chi ha fatto di tutto per bloccare “Vieni via con me”? Questa volta non c’era Benigni  e soprattutto i telespettatori sapevano perfettamente – dopo la prima puntata – su cosa si sarebbero sintonizzati. Silvio Orlando cittadino, Luciano Ligabue, cittadino, don Andrea Gallo cittadino, esattamente come la disoccupata alla disperata ricerca di un impiego o la maestra di scuola elementare testimone di un dramma di esclusione, emarginazione, inciviltà. E’ stato per ragionare, riflettere insieme che oltre nove milioni di telespettatori, pari al 30,20 per cento di share (che sale ad oltre il 33% con il tempo compensato) hanno scelto il programma di Fazio e Saviano facendo toccare a Rai Tre uno storico record di ascolti, il più alto della sua storia. Non è servita neppure la maldestra, forsennata, autolesionistica scelta  di contro programmare Montalbano sulla prima rete. Un fuoco amico che ha completamente fallito il bersaglio: 12.56 per cento di share.
E gli altri programmi? quelli su cui tante volte straordinari esegeti della televisione si sono affannati a individuarne ragioni “culturali”, che fine hanno fatto? Il “Grande Fratello” ha raccolto poco più del venti per cento, ben dieci punti in meno di “Vieni via con me”. Possiamo finalmente permetterci di dire a voce alta, senza timore di essere rimbeccati e bacchettati come utopisti lontani dalla realtà, che capire come si è incardinata la malavita organizzata nelle regioni meridionali, o raccontare una straordinaria storia d’amore come quella di Piergiorgio e Mina Welby, interessa di più delle beghe di un pugno di ragazzi spiati, che sanno di esserlo e che si comportano coscienti di essere visti in televisione? Oppure che ricostruire in modo serio, senza furori ideologici che falsano completamente le valutazioni, il dramma umano, profondissimo, dei nuclei familiari colpiti da terribili malattie commuove, interessa, rende solidali? E che misericordia, pietà, comprensione non possono essere distribuite – in particolare da chi ne avrebbe la specifica missione - a corrente alternata.
Certo, anche la curiosità per la partecipazione di Fini e Bersani ha funzionato. Ma qui il programma ha suggerito con umiltà, senza discorsi retorici, che sarebbe meglio che la politica si facesse giudicare sui valori di cui si fa portatrice e non sugli interessi di bottega alla cui difesa dà l’impressione d’essere impegnata ogni giorno. Un leader della destra e uno della sinistra hanno parlato delle cose in cui credono e su cui chiedono il giudizio di chi li ascolta. Elementare e fondamentale esercizio di democrazia che dovrebbe essere riproposto con semplicità in un Paese che invece sempre più spesso è chiamato a pronunciarsi in modo plebiscitario su un uomo, su come governa, su come conduce la sua vita privata e pubblica. Due grandi filoni di democrazia della nostra storia repubblicana, democratica, garantita dalla Costituzione. Certo non era compito di “Vieni via con me” rappresentare tutte le singole formazioni presenti nella politica italiana, anche perché l’interminabile elenco di sigle partitiche letto da Fabio Fazio (il quale ha pure dimenticato, ad esempio, di includere il Partito Sardo d’Azione) è stato molto più esplicativo di risposte ragionate e motivate a chi ha criticato la scelta di ospitare solo Fini e Bersani.
Tutto questo è solo una vittoria della buona televisione contro quella deficiente, volgare, urlata, demenziale che imperversa su quasi tutte le reti private e pubbliche? Io voglio sperare di no. Io credo che la capacità di Fazio, Saviano, Mazzetti di proporre un tale salto di qualità in un medium che tante volte ci esaspera per la sua pochezza non sia solo competenza tecnica. Io credo che all’origine ci sia la convinzione – che condivido completamente – che il Paese reale sia migliore di quello che noi stessi ci raccontiamo tutti i santi e disperati giorni. Che una lenta, progressiva, costante rivoluzione stia avvenendo soprattutto tra i giovani che  sperimentano sulla propria pelle il fallimento totale della concezione culturale ed economica di un liberismo sfrenato, senza regole, che condanna i poveri a essere sempre più poveri, che indica gli immigrati come nemici, che ritiene sprechi le spese per la scuola, la ricerca, il teatro, la musica, il cinema, che negli scambi tra le regioni di uno stesso Stato nega rapporti solidali, che abbandonerebbe il mezzogiorno ai suoi ritardi strutturali, ai suoi rifiuti, alla sua criminalità.
 “Vieni via con me” ci racconta tutto questo senza comizi, senza retorica, senza imbonitori, facendoci riflettere e ragionare, riuscendo anche a scardinare la vecchia idea che l’intrattenimento serale per forza debba concedere qualcosa alla stupidità. E’ la stessa strada intrapresa tanti anni fa con coraggio da Guglielmi, dalla Dandini, dai Guzzanti. Ora Ruffini, Fazio, Ghezzi, gli autori di Blob e molti altri stanno perfezionando il loro lavoro. E non sarà soltanto la Rai ad avvantaggiarsene, ma tutto il Paese perché costringerà tanti intellettuali rimasti in silenzio da troppo tempo a ritrovare la voce.

 


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