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Le proteste dell'università salgono sui tetti ma i TG abbassano lo sguardo.
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di Reporter senza rete

Le proteste dell'università salgono sui tetti ma i TG abbassano lo sguardo.

Nessuna novità. Nei telegiornali di oggi tutto come ieri, tutto come sarà fino al 14 dicembre. Ne eravamo convinti ieri, ne siamo convinti ancor di più questa sera. Sarà un lungo cammino nella palude politica italiana con continue fibrillazioni ad ogni voto parlamentare. La maggioranza scopre di non essere più tale alla Camera? Immediatamente  i Tg riprendono i soliti scenari, sfiducia si, sfiducia no, compravendita di voti, governi tecnici, di responsabilità o di armistizio, stucchevoli congetture che i telespettatori dovranno sopportare per altri venti giorni. Qualche divagazione la troviamo in Tg5, Tg1e Tg2 che aprono con la crisi irlandese, ma subito dopo si rituffano nella palude mettendo in evidenza le rassicurazioni del capo del governo ai suoi sulla tenuta dell’esecutivo. Nella stessa melma sguazzano anche Tg3 e Tg La7.  Mentana  porta in studio Nichi Vendola che  ricorda come i problemi del paese siano fuori dal Parlamento. Di questo ne sono consapevoli ricercatori, docenti e studenti delle università italiane che oggi hanno iniziato una nuova protesta sui tetti degli atenei. Del fatto ne ha parlato solo il Tg3 attraverso due servizi in coda. Per Tg4 e Studio Aperto i problemi del Paese sono tutti ad Avetrana, apertura nei titoli per entrambi,  messi nero su bianco nelle motivazioni della sentenza che ha negato la libertà alla principale accusata dell’omicidio di Sarah. Della protesta contro il decreto Gelmini torneremo a parlare nello spazio commento con Mimmo Pantaleo, segretario nazionale della Federazione Lavoratori Cultura e Conoscenza della Cgil.
 La crisi tra le due coree ed il maltempo sono le altre notizie in evidenza in tutti i telegiornali, così come il matrimonio reale, fissato per il 29 aprile, tra il principe William e la fidanzata Kate. Ai telespettatori dei nostri notiziari diciamo di non preoccuparsi: la telenovela sui preparativi è già pronta. 


Il Commento di Mimmo Pantaleo, Segretario Generale Federazione Lavoratori Cultura e Conoscenza della CGIL.

(intervista di Alberto Baldazzi)

Mimmo Pantaleo: da mercoledì un presidio a Montecitorio in occasione dell’iter legislativo della riforma Gelmini. Per prima cosa, in questo segmento di contestazione c’è comunque unità sindacale: tutte le sigle sono presenti.
“Sì. È un fatto importante, ma anche il frutto di un lavoro comune fatto contro il disegno di legge Gelmini, che è un disegno di legge che finisce per determinare delle università più piccole, delle università senza diritti per chi ci lavora e che non garantiscono alle nuove generazioni una qualità formativa all’altezza dei suoi bisogni. Si finisce per essere una fabbrica di disoccupati e di precarietà, perché voglio ricordare che tutta la parte sui ricercatori è stata ulteriormente peggiorata. Da questo punto di vista siamo solo all’inizio di una mobilitazione che continuerà perché noi crediamo che il Governo, questo Governo in agonia, debba ritirare questo disegno di legge ed aprire una discussione seria sull’università a partire dalle risorse, perché voglio ricordare che non ci sono risorse per qualsiasi progetto di riforma in questo momento”.

Ecco, Pantaleo, appunto: le risorse. Al di là della miopia di cui voi accusate il Governo rispetto la ricerca, la cultura ed allo sviluppo delle giovani relazioni, il problema economico non potrebbe essere cosi lancinante da precludere qualsiasi strada?
Ma certo: il punto è che qualsiasi riforma non si può fare per ridurre le risorse all’università. Una riforma seria all’università deve garantire un sistema di ricerca e di didattica all’altezza delle sfide globali che oggi i saperi pongono. Ricordiamo che stiamo parlando di un sistema, quello dell’università come quello della ricerca, che sta in un contesto globale dove prevalgono qualità e capacità, anche di mettere in campo in tempi rapidi, progetti all’altezza dei bisogni dei paesi, del sistema economico della Nazione, all’altezza di una possibilità di un livello di apprendimento alto. Insomma, trasformare l’università italiana in punti di creatività ed innovazione. Questo dovrebbe essere l’obbiettivo. In realtà questo disegno della Gelmini va in  tutt’altra direzione perché abolisce la ricerca, ridimensiona la didattica, ridimensiona il diritto allo studio, precarizza ulteriormente il lavoro all’interno dell’università. Va quindi in direzione opposta rispetto a quello che stanno facendo l’Europa ed i grandi paese a livello mondiale”.

Pantaleo, in queste stesse giornate c’è una forte contestazione delle posizioni del Governo da parte del mondo della cultura e dello spettacolo. C’è un collegamento tra ricerca, università, scuola, giovani generazioni ed anche gli elevati consumi in una società, quali quelli culturali?
“Certo, perché l’attacco alla cultura come l’attacco ai saperi prefigura un’idea di società inaccettabile, un’idea di società nella quale le persone non sono libere. Libere di pensare, innanzitutto, libere di poter esprimere le proprie opinioni: non succube di un sistema mediatico ossessivo, che in realtà riduce tutti in perfetti imbecilli. Oggi l’attacco alla cultura e ai saperi è un attacco ad una visione della società e, soprattutto, ad un’idea che ha questo Governo delle persone, che non sono in grado di pensare con la propria testa e decidere, ma persone che devono essere subalterne ai messaggi mediatici di questo Governo, che vuole in questa maniera manipolare la società”.
Un’ultima battuta, Pantaleo: noi seguiamo, nell’osservatorio dei Tg per articolo 21, quotidianamente, l’attenzione o la disattenzione presentata dai grandi media che poi informano l’80% della cittadinanza, nel caso specifico sui termini della cultura e dell’università. Anche questo è un handicap per portare avanti una battaglia con risultati forti.
“Certo. Ci sono dei luoghi comuni che vanno sfatati. Che il sistema universitario italiano, come la scuola e la ricerca, ha bisogno di riforme non c’è dubbio. Ma presentare tutto (come fanno le televisioni, come fanno alcuni giornali) come un sistema del tutto fatiscente per giustificare i tagli non va assolutamente bene. Quelle rendite di posizioni che, ad esempio, all’interno dell’università ci sono, quei sistemi clientelari, quei sistemi per i quali, di padre in figlio, si trasmettono posti all’interno dell’università, le “baronie” che spopolano … In realtà questo disegno di legge finisce per rafforzare quei sistemi, rafforzarli tutti. Da questo punto di vista bisogna uscire dalle esemplificazioni e ragionare molto di merito. Se si ragiona di merito, si capirà perché questa riforma è pericolosa, autoritaria  e del tutto ininfluente rispetto ai processi di cambiamento che c’è bisogno di introdurre da sempre all’interno del sistema universitario italiano.


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