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Audit che ascolta senza essere ascoltata
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di Ennio Remondino

Audit che ascolta senza essere ascoltata Entriamo nel mondo dei segreti, a cominciare dal nome. “Audit”, che già per il suono  si immagina come un grande orecchio, una sorta di Echelon aziendale, o l'occhio di orwelliana memoria che tutto vede e nulla, pubblicamente, dice. Avendo frequentato, mille anni di giornalismo fa, sbirri e spioni di Stato, provo a trasferire l'antica esperienza nel campo a me ignoto della struttura “investigativa” Rai. Audit appunto o, ad insistere con l'inglese, “Internal Auditing”. Insomma, una specie di Aisi (ex Sisde), affari interni, rispetto ad una eventuale Audit mirata all'esterno (Aise o Sismi di ieri). Il parallelo tra questa struttura di controllo su procedure aziendali e lo spionaggio da romanzi è chiaramente forzato, ma sino ad un certo punto. Wikipedia ci spiega che “esistono principalmente tre tipi di audit. Audit interna; audit esterna; audit esterna di terza parte. Cosa possa essere questa audit terza non riesco a capirlo ma la immagino come una sorta di Cesis (o come diavolo si chiama oggi) che dovrebbe coordinare l'inconciliabile nella concorrenza tra corpi separati. O di una Corte dei Conti miracolistica, sempre evocata e raramente apparsa.  
Più linguisticamente titolata l'Accademia della Crusca che ci ricorda come “l’origine di audit può essere facilmente ricondotta al verbo latino AUDĪRE ‘ascoltare’. Ciononostante -precisano i dotti- come è successo per altre parole quali mass media e summit, il termine viene assunto in italiano, in questo particolare significato, non direttamente dal latino ma tramite la mediazione della lingua inglese”. Ad insistere, cari amici senza nome e senza volta dell'Audit Rai (confesso che, come per le vere spie di Stato, qualcuno di voi forse lo conosco ma “non ricordo”), siete soltanto un “participio passato”. Del verbo latino Audire. Un “auditus” arrivato in Inghilterra nel XV secolo e rimbalzato impropriamente a casa nostra. Potremmo anche dire che Audit sta alla Rai come qualche mio amico Barba Finta sta alla “Presidenza del Consiglio”. Ma il problema che mi assilla resta. Voi “audite” e, io so, voi siete bravi, attenti, puntigliosi e tignosi. Voi audite e riferite, come dovuto, ai vertici aziendali. Voi sapete, loro sanno, noi non sappiamo.
Quesito chiave. Perché non accade mai di vedere conseguenze pratiche al vostro attento lavoro? Chi è che, di fatto, non ascolta voi, nostre Grandi Orecchie aziendali?  Chi è il sordo e chi recita la parte del muto? Più o meno come possedere una nostra piccola WikiLeaks” e nasconderla nei meandri di una burocrazia interna, o complice o codarda, invece di offrirla in “rete” (o anche soltanto in Consiglio di amministrazione), alla conoscenza e all'indignazione del mondo Rai. In qualche caso, direttamente alla Procura della Repubblica. La vostra situazione, cari Audit, mi ricorda ancora una volta quella dei Servizi Segreti veri. Quelli che eseguono correttamente il loro lavoro e riferiscono alla parte politica che governa lo Stato. Se quel vertice insabbia, o deforma, o mente pubblicamente, una volta che emerge la verità, a risultare “deviati” saranno ovviamente gli operativi sul campo, uomini e donne senza volto su cui scaricare le responsabilità delle porcherie consentite o coperte dalla convenienza politica.   
Cari Audit Rai che non so chi siete e dove siete, esattamente come non conosco dove sia la sede centrale del Sismi o del Sisde (consentitemi i nomi usati per una vita). Io a Forte Braschi frequento solo l'ottimo ristorante Shardana e via Cavour la percorro per raggiungere la stazione Termini. Cari innominati nei dintorni di “Mazzini”. Alcune curiosità che non pretendono risposte. Vero o falso che siete stati incaricati di verificare le corrette procedure di trasferta e di spesa dell'Inviato-Direttore del Tg1 Augusto Minzolini? Sì, come afferma “Il Fatto”, o No, come sussurrano altri. Se Sì, attendiamo risultati Consiliari incisivi, se No attendiamo ancora più veementi reazioni nei confronti di chi non vi ha mobilitato. Altra personale curiosità prigioniera del mio passato. In questo caso da rappresentante sindacale dei Corrispondenti esteri Rai. Il tema ha già avuto la sua notorietà giornalistica. Rai Corporation americana e la sua estrosa gestione. O è tutto trasparente, come desidero immaginare, e allora auspicherei una vigorosa smentita aziendale alle voci diffamatorie. O quei nomi e quelle cifre da paura erano soltanto un assaggio di verità e, allora, mancano le dovute conseguenze.
Del resto la tecnica dell'occultamento è scientifica. Me la spiegò un noto professionista dei segreti. Ricordate il capitano La Bruna, Sismi e Stragi e un mucchio di altri misteri italiani? Tra la strana gente che la Rai mi ha costretto a frequentare, c'era anche lui. Un giorno mi fece entrare a casa sua e mi mise di fronte a decine di metri quadrati di scaffali zeppi di carte. Appunti, verbali, stralci di intercettazioni supersegrete. Peggio di WikiLeaks. Non accolsi l'invito a rovistare. Per fortuna ricordavo un ammonimento che mi era giunto da un altro maestro della doppiezza e dei segreti, Umberto Federico D'Amato. Fantasmi del passato ormai scomparsi. Io speravo in qualche segreto ed ebbi invece una lezione accademica. “I segreti si proteggono o per occultamento o per inondazione”. Tradotto nell'attualità Rai, le eventuali porcate di una “élite” superprotetta le difendi lasciando correre come chiacchiere una marea di singoli “si dice”, o inchiodi i fatti su pochi documenti. Ma quelli giusti. Audit audisci. Semper. E in qualche modo, parla.
Ultima memoria, sulla scia del ricordo, le disposizioni aziendali per le trasferte. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, avverte il Vangelo. Inizio quindi dalla confessione. Sempre nella preistoria avevo concordato telefonicamente una intervista col superlatitante Stefano delle Chiaie. La “Primula nera”. Sul foglio di viaggio c'era scritto, più o meno, “attrazioni turistiche”. Bugia anticipatrice dei tempi. A Delle Chiaie arrivò prima il Sismi che il  mio microfono e la trasferta taroccata andò in fumo. Da ex trasfertista a cottimo e piccolo dirigente Rai mi chiedo e mi stupisco. Ogni trasferta dovrebbe avere un interesse aziendale. Se ciò non è, il dubbio dovrebbe cogliere chi è chiamato ad amministrare soldi pubblici. Lui e chi ha ripetutamente avallato trasferte e spese di rappresentanza tanto impegnative. Riconosco l'ingenuità di tanto dire. So che chi doveva sapere sapeva e chi sapeva era complice. Il quesito è quindi un altro: “Ci sarà pure un giudice a Berlino". Come il mugnaio di Potsdam che, nel '700, opponendosi al sopruso di un nobile, dovette arrivare sino a Federico il Grande per avere giustizia.

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