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I Tg si dividono sul Viminale che "giudica" i giudici
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di Reporter senza rete

I Tg si dividono sul Viminale che "giudica" i giudici

Tranne TG 3 che relega il maltempo in coda e TG la 7 che non la cita nei titoli, la neve è protagonista nelle aperture di tutti i Tg di prime time. La coltre bianca, scesa anche nella Capitale, comprime le altre notizie sulla situazione politica e sul dopo scontri a Roma, con le comunicazioni di Maroni al Senato. Questi due temi sono comunque sviluppati da tutte le testate. Se la politica, con Berlusconi che "dichiara" da Bruxelles, e con le schermaglie tra terzo polo e opposizione di sinistra, corre via liscia, è su Maroni che compaiono sfumature e caratterizzazioni diversificate che ormai sembrano identificare veri e propri steccati. TG 1, TG 4 e TG 5 sono tutti pro Maroni, e lo seguono anche nelle critiche alla magistratura per il rilascio dei 22 fermati di martedì scorso; TG 3 e Tg La 7 e Tg 2 si fanno più domande, ed interrogano anche la "controparte". TG 3 intervista Luca Palamara, Presidente dell’ANM, che rinvia al mittente le critiche all’operato dei giudici. TG 2 introduce anche il dibattito sule riflessioni di Roberto Saviano, mentre Enrico Mentana, commentando l’autocritica di Berlusconi sulla scarsa comunicazione dei pregi del DDL Gelmini, si mostra scettico : non un problema di comunicazione, ma diversi problemi di sostanza, alla base delle proteste contro la riforma universitaria.

Oggi nel commento intervistiamo Gerardo Morsella, ricercatore universitario, attivista di Rete " 29 aprile", ma anche uno dei 23 arrestati e ieri scarcerati. Un’occasione per conoscere meglio le esperienze e le opinioni di un "protagonista" di queste ultime giornate e la sua difesa, non solo individuale, ma anche quella della credibilità e della onorabilità delle proteste contro il DDL Gelmini.

Le indagini sul’entourage della Ministra Brambilla compaiono solo nei titoli di TG La 7 e TG 3, mentre quest’ultimo è l’unico a riportare un titolo sull’importante sentenza della Consulta che "smonta" un pezzo del reato di clandestinità così come, fino ad oggi, presente nell’ordinamento.

Nella quotidiana gara per il titolo ed il servizio a più forte connotazione giornalistica, per noi stasera vince Studio Aperto, con una importante informazione di servizio per le famiglie italiane. Ecco l’integrale: "Chi ha paura di Babbo Natale? I bambini lo sognano per mesi, ma poi quando lo vedono, dopo tanta attesa, capita che si spaventino. Succede in tutto il mondo".


 Il commento di Gerardo Morsella, ricercatore universitario di Tor Vergata e attivista "Rete 29 aprile"

(Intervista di Alberto Baldazzi)

Gerardo, io faccio di mestiere il giornalista è sono un po’ imbarazzato perché ti conosco, ti ho visto all’opera, con la tua macchina fotografica, sui tetti di architettura, al presidio dei ricercatori, che oramai dura da settimane. Ho quindi qualche difficoltà a pensarti violento, ma tu sei stato arrestato martedì pomeriggio e sei uscito nella giornata di ieri. Devo farti, inevitabilmente, una prima domanda: hai commesso atti violenti martedì pomeriggio a Roma?

"No, assolutamente no. Tutti quelli che mi conoscono, oggi mi hanno detto "Non riesco a pensare ad una persona più lontana della violenza di te", quindi mi sembra veramente assurdo che m’abbiamo arrestando accusandomi di atti violenti ; io ho fatto l’obiettore di coscienza e cerco di evitare di uccidere anche le zanzare. Non mi è passato nemmeno nell’anticamera del cervello di fare un qualunque atto violento nella giornata di martedì".

Con ogni probabilità queste saranno le tue tesi, legittimamente difensive, al processo che avverrà …

"A febbraio"

…..a febbraio, nel tuo caso. Allora, come mai sei stato fermato?. In che situazione? Ce la puoi descrivere brevemente?

"Sì,: io sono stato fermato mentre ero a Piazza del Popolo. Ero andato a vedere che cosa succedeva, e volevo fare delle fotografie (che poi, in realtà, non ho fatto perché la situazione era un po’ troppo tesa ed non me la sono sentita di tirare fuori la macchina fotografica). Insomma, stavo lì a Piazza del Popolo. Ci sono stato per qualche minuto quando, ad un certo punto, sono partiti dei caroselli di blindati, perché la polizia e la guardia di finanza non riuscivano a trattenere lo scontro dentro la piazza semplicemente con i lacrimogeni e le cariche normali. Hanno quindi cominciato a fare caroselli di blindati e c’è stato un fuggi fuggi generale. Nel fuggi fuggi io mi sono ritrovato da solo, e - si sa - in quei momenti, quando sei solo, è facilissimo prendere il primo che capita, anche se non ha fatto niente. È anche più facile prendere chi non fa nulla rispetto a chi, piuttosto, è preparato agli scontri e si muove in maniera organizzata e tattica. Un finanziere mi ha preso e mi ha portato su una camionetta della polizia."

Gerardo, ma tu comunque hai visto elementi, gesti, attività violenti da parte di chi, come studente e come contestatore, era per strada?

"Sì, si. È innegabile: Piazza del Popolo era piena di persone. Non è che tutti scagliassero oggetti contro la polizia, ma molti lo facevano e molti altri li sostenevano. Purtroppo è un dato di fatto: la generazione di chi ha vent’anni vive in una condizione di disperazione, in una condizione in cui non vede un futuro davanti a se. Ovviamente la violenza non è mai una cosa bella, però bisogna pensare che è violenza anche la condizione di vita precaria ed assurda in cui questi ragazzi si trovano e da cui non vedono sbocchi per la loro vita. Loro la vivono come una violenza, e quindi la violenza genera violenza, purtroppo. È una cosa a cui, secondo me, la politica deve trovare una soluzione. Se non la troverà, la situazione non potrà che peggiorare".

Gerardo, passiamo dal tuo caso individuale - ricercatore di matematica a Tor Vergata – alla rappresentanza che tu in qualche maniera incarni come ricercatore mobilitato ed in lotta, da settimane e mesi, contro il Ddl Gelmini. In queste ultime ore stanno uscendo notizie di dossier che riguarderebbero proprio l’associazione Rete 29 aprile, quella nella quale tu svolgi la tua attività. Si parlerebbe di "contatti stretti con gruppi antagonisti fin dalla scorsa primavera", quasi a preparare un fronte pronto a qualsiasi emergenza, anche di guerriglia. Voi ricercatori avete a che fare con gli elementi, organizzati o meno, violenti di questa contestazione?

"No, no. È veramente assurdo. Noi abbiamo a che fare, ovviamente, con gli studenti, con i precari, con chi si mobilita nelle università e con chi contesta il Disegno di legge Gelmini, ma dire che c’è un contatto organizzato con le frange violente è veramente una cosa che non sta né in cielo né in terra. Io mi sono avvicinato alla protesta un po’ di più negli ultimi tempi però, insomma, da quando conosco le persone che animano principalmente la Rete 29 aprile, sono più che sicuro che tutto sono tranne persone che possono avere in mente che con la violenza si risolva qualcosa. Siamo tutte persone che cercano di contrastare un Disegno di legge che ci sembra profondamente ingiusto e che ci sembra decreti, essenzialmente, la fine dell’università pubblica italiana. Manifestiamo con tutti i mezzi che la politica ci mette a disposizione, come la protesta , ovviamente pacifica".

Gerardo, per concludere: la prossima settimana ci saranno, con ogni probabilità, nuove mobilitazioni quando il Ddl Gelmini passerà all’analisi del Senato. Tu che sei rimasto un po’ incastrato in questa esperienza personale, sicuramente drammatica e dura, che consiglio ti senti di dare a te stesso, ai tuoi colleghi e agli studenti che, con ogni probabilità, già dalla prossima settimana torneranno a contestare?

"Io mi sento di dare, prima di tutto, il consiglio a tutti di non … non mollare. Secondo me questa è una battaglia importante, in cui abbiamo avuto dei successi nonostante la sproporzione ovvia delle forze in campo. Da una parte c’era un governo che, fino a qualche tempo fa, era il governo con la più grossa maggioranza parlamentare della storia, e dall’altra ci sono ricercatori e studenti che ovviamente non hanno potere politico esplicito. Però con la nostra protesta, nonostante questo, siamo riusciti a sensibilizzare l’opinione pubblica ed a far emergere un problema che, altrimenti, molti non avrebbero notato. Quindi il primo consiglio che mi sento di dare è di continuare e non demordere. Di cercare di fermare questo Disegno di legge che, lo ripeto secondo noi rappresenta la distruzione, la fine dell’università pubblica".

E sul rischio infiltrazioni, violenza, autogol, boomerang, insomma: su quello che è successo, in parte, martedì, cosa ti senti di dire?

"Che ovviamente bisogna non farsi strumentalizzare. Ma penso anche che non bisogna nemmeno farsi mettere paura. Bisogna sentirsi liberi di manifestare ; pacificamente, ma manifestare in maniera decisa".


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