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Caso Calipari: WikiLeaks è "trasparente", mentre i Tg sono "alquanto opachi"
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di Reporter senza rete

Caso Calipari: WikiLeaks è "trasparente", mentre i Tg sono "alquanto opachi"

 

La politica di giornata, le polemiche intorno al mondo degli studenti e dei ricercatori che contestano il DDL Gelmini, quelle sulla neve che ha diviso in due il Paese, sono presenti in tutte le testate, anche se notiamo che su TG 5 e TG 1 vengono proposte in fotocopia, come se la prima e la seconda testata per ascolti si fossero messe d’accordo: a questo punto più che chiamare in causa l’Agcom, si dovrebbe ricorrere all’Antitrust. Le similitudini in area RaiSet proseguono anche sulla vicenda WikiLeaks: Calipari, tutte le testate Mediaset lo ignorano; TG 1 fa una breve citazione da studio riportando in primo luogo le smentite affidate ad un comunicato stampa, che nega sudditanza del Governo italiano rispetto a quello statunitense, concretizzata, nell’ impedire che il Parlamento e la magistratura del nostro Paese indagassero più di tanto. Il TG 2 si comporta correttamente, con un servizio analitico. Ma sono il TG 3 e TG La 7 che titolano sulla vicenda. Segnaliamo che da metà pomeriggio tutti, e sottolineiamo tutti i siti dei maggiori quotidiani dei diversi orientamenti, hanno tenuto molto alta la notizia. L’impatto concreto delle rivelazioni di WikiLeaks sui fatti italiani in questo caso è più forte, a nostro giudizio, di quanto non sia ad oggi avvenuto per i giudizi americani sul Premier. Nel commento abbiamo parlato di questo con Rosa Calipari, parlamentare del PD e vedova dell’agente italiano ucciso nel 2005 a Bagdad, subito dopo aver ottenuto la liberazione della giornalista de "Il Manifesto" Giuliana Sgrena.

Tg 3 e Tg la 7 sono gli unici a raccontarci la sentenza milanese che costringe Sindaco, Prefetto e Ministro degli Interni a consegnare le 10 abitazioni ai Rom cui erano state assegnate. Il Tg 3, in splendida solitudine, dà spazio ai dati forniti da Bankitalia e che ci dicono come il 10% dei nuclei familiari italiani possieda il 45% della ricchezza del Paese.

Una doppia citazione per Emilio Fede: a lungo ospita uno studente "buono" per parlare di violenza nei cortei, ma la situazione gli sfugge di mano e lo studente lo sorprende parlando "addirittura" male del DDL Gelmini. L’ultimo titolo del Tg 4 è invece dedicato a come predisporsi a vivere tanto a lungo da tagliare il traguardo dei cento anni.


Il commento di Rosa Calipari, Deputata Pd e vedova dell'agente Nicola Calipari

(Intervista di Alberto Baldazzi)

Che effetto le ha fatto leggere il testo di questa documentazione interna del 2005 dall’ambasciata americana in Italia al Segretariato di Stato americano?

"Per me non è stata una sorpresa nel suo contenuto. L’unica cosa che mi è giunta nuova è che ci fosse un cablogramma scritto dall’allora ambasciatore americano in Italia, Mel Sembler. Per quanto attiene il contenuto - suscitandomi ovviamente forti emozioni come ogni volta che si parla dell’uccisione di Nicola -, per quanto mi riguarda non c’è novità nella sostanza. Quando io lessi il rapporto italiano a cui si fa riferimento, - lo feci circa un mese/un mese e mezzo dopo la morte di Nicola, prima che fosse dato al Parlamento ed alla stampa- , notai subito una discrasia tra quanto era stato denunciato all’interno del rapporto circa le difficoltà di verificare sia il quadro probatorio - che era stato alterato – sia riguardo l’impossibilità di interrogare direttamente gli stessi militari americani, da parte dei componenti italiani di quel gruppo di inchiesta; poi, però si concludeva repentinamente con un’assoluzione del comportamento dei militari americani, sottolineando la non volontarietà dell’azione. Questo era un segnale che andava chiaramente alla magistratura, che aveva aperto un fascicolo. Lo lessi subito come un segnale alla magistratura di stoppare ogni inchiesta in corso".

La diplomazia americana aveva paura, non tanto del comportamento del Governo italiano, da cui aveva ricevuto rassicurazioni, ma dei magistrati italiani. Nel 2007, poi, la magistratura italiana ha comunque emesso una sentenza che andava nel senso di quello che la diplomazia americana auspicava.

"Purtroppo sì. Nonostante quel rapporto ribadisse la "non volontarietà", la magistratura italiana tentò comunque di far andare avanti il processo, definendolo"delitto politico " in quanto mio marito, essendo un capo dipartimento, si assumeva delle forti responsabilità. Di fatto, era "un generale in campo" e prendeva decisioni, si assumeva responsabilità e quindi, in quel momento, rappresentava gli interessi politici del Paese. Ricordiamo che la vicenda dei sequestri in Iraq era non solo una vicenda umana traumatizzante per i familiari dei sequestrati che subivano quelle vicende, ma era anche una forma di pressione verso l’opinione pubblica italiana per ottenere il ritiro dei militari italiani dall’Iraq. Quindi c’era anche un interesse precipuo, politico, dello Stato italiano".

Onorevole, secondo lei le rivelazioni di WikiLeaks possono spostare in avanti la macchina arrugginita della verità? Oppure dobbiamo mettere una pietra sopra questa vicenda?

"Mi verrebbe da dire che, laddove ancora in Italia si oppongono a segreti di stato, si cerca di spostare in avanti il termine previsto per legge per quanto riguarda la trasparenza delle informazioni, oggi leggere WikiLeaks - come d’altronde anche da un mese, un mese e mezzo fa, quando era tornato sul caso Calipari - dà la conferma che alla fine, per quanto può sembrare devastante, l’informazione fa avanzare anche giustizia e verità laddove, purtroppo, le istituzioni non hanno proceduto in tal senso".


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