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La Fiom dice no all'accordo e sì alla Costituzione italiana, vilipesa in diversi punti
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di Vincenzo Vita

La Fiom dice no all'accordo e sì alla Costituzione italiana, vilipesa in diversi punti

La Fiat, anche questa volta, costituisce lo spartiacque della , nella,  per la  politica italiana. Richiede la determinazione di comprendere la strategia industriale ( e civile) scelta e di esprimersi di conseguenza senza remore. Non è lecita, etica - né è credibile- l’ambiguità. Da che parte si  sta a  Mirafiori con l’accordo senza la Fiom, o a Pomigliano con l’intesa firmata, sempre senza la Fiom? L’appello proposto dalla associazione ‘Lavoro e libertà’ è condivisibile e propone giustamente di sostenere la Fiom. Si evitino leggerezze ‘politichesi’. I cantori, gli esegeti della ‘svolta’ di Marchionne parlano di modernità. E’ esattamente il contrario.

La risposta possibile ai temi –certo enormi e da non banalizzare- posti dalla globalizzazione e dalla stagione digitale, post-fordista del capitalismo non è solo quella. Anzi. E’ bene chiarire che la strada imboccata dal gruppo dirigente dell’azienda torinese è la miope scorciatoia conservatrice, nei fatti reazionaria: calibrata su di una restrizione della produzione e su un impoverimento progressivo dell’intelligenza del lavoro. Con prevedibili effetti distruttivi sul tessuto economico e sociale. Dei venti milioni promessi ne arrivano meno di due; dei trentadue modelli immaginati per l’Italia , sedici sono stati già mandati all’estero.  

Quantità senza l’ambizione della qualità. ‘Ovviamente’, i salari – che in verità pesano nel settore dal sei all’otto per cento- vanno compressi e i luoghi fisici, gli apparati possibilmente de- localizzati, andando indietro nel tempo. Si corre a ritroso, per intercettare le aree territoriali che appartengono a livelli ancora inferiori di sviluppo, spostando le lancette del tempo indietro. Peggio, per certi versi dirigendo gli orologi agli albori dell’accumulazione capitalistica, ri-creando forme di schiavismo. 

L’azienda potrà scegliere tra tre differenti turni: anche da dieci ore per sei giorni.  Si riducono le pause, si sposta la mensa a fine turno. La ‘monetizzazione’ della salute è stata contrastata e battuta tanti anni fa. Vogliamo il flash back? E’ stato giustamente sottolineato che sono in causa i diritti delle persone, ancor prima delle piattaforme contrattuali. Che, naturalmente, rivestono un’importanza straordinaria.

E’ un passaggio a ‘nord ovest’, quello in corso, in cui le libertà fondamentali vengono scambiate per qualche euro in più. Quindi, se una parte delle organizzazioni sindacali –la Fiom- si oppone a simile strategia, in realtà sta difendendo la Costituzione italiana, vilipesa in diversi punti. E dice no ad una linea né coraggiosa, né evolutiva, bensì di pura revanche. Un regolamento dei conti sociali. Una via alternativa, e progressiva, è stata delineata da studi e ricerche assai seri, centrati sulla ricerca di modelli di produzione avanzati, centrati sulla qualità e sulla ricerca. Sull’intelligenza connettiva della rete. Quale auto nel nuovo millennio. Lì passano modernità e postmodernità, accompagnate dalla comunità del lavoro, coinvolta e asset dell’innovazione. Non considerata territorio di sovversivi ed infedeli.

Sull’impresa dell’era della conoscenza ci sono tanti, tanti esperimenti positivi, moltissime buone pratiche.
Ma dalla Fiat, come è sempre successo nel bene e nel male, ‘deve’ partire la ‘controrivoluzione’, sorretta dalla grottesca ‘caccia’ al ‘68(?!). Che pena, che capitalismo italiano…Lo stesso che è riuscito a perdere anche il treno della information technology. Abbiamo un telefono cellulare e mezzo per abitante, e pressoché nessun presidio produttivo italiano. Per non dire della filiera delle telecomunicazioni avanzate. Discorsi non casuali, visto che nel 1996, quando fu privatizzata Telecom, Ifil-Fiat poteva essere in prima fila nel ‘nocciolo duro’. Prevalse, però, la logica di don Abbondio, della pura conservazione. La virulenza delle ventate globali ha fatto il resto.
E tale insufficienza programmatica, innovativa si redime comprimendo diritti e salute di chi lavora, in vista di un mondo integralmente precarizzato?

Il partito democratico può eludere un simile passaggio di frontiera o, persino, schierarsi con la metafora di Marchionne? Non si coglie che così facendo si dà uno schiaffo sulla faccia degli esseri umani e si uccide ciò che resta del riformismo? E che si mette in causa - parlando del Pd- la ragione profonda, ontologica del partito?
I turni moltiplicati, le pause ridotte o abolite… Sembra di rivedere quella scena magnifica di Chaplin, in ‘Tempi moderni’….o quella degli schiavi sulle navi a vogare a ritmi vorticosi in ‘Ben Hur’….

Non ci si arrende mai, non è nelle nostre facoltà. Questa è la partita democratica per eccellenza, la posta in gioco decisiva. Il varco per ricostruire il nuovo centrosinistra, nel vivo dei programmi reali o non nella penombra della tattica politicistica.  Hic Rhodus, hic salta. 

Caso Fiat: ed ora lo sciopero generale! - di Gianni Rossi / Da Pomigliano a Mirafiori: l'offensica autoritaria del regime del ricatto - di Giuseppe Giulietti / Giorgio Cremaschi: "illegittimo il referendum di Marchionne" / Rodotà, Gallino e altri: Appello a sostegno della Fiom, clicca e firma 


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