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Ricordiamo Pippo Fava lavorando incalza la terza generazione di "carusi" attorno a Riccardo Orioles
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di Pino Finocchiaro

Ricordiamo Pippo Fava lavorando incalza la terza generazione di "carusi" attorno a Riccardo Orioles

Molto di quel poco che ho imparato sul mestiere di cronista lo devo a Pippo Fava direttore del Giornale del Sud. Quotidiano di rottura in una Catania dominata negli anni "80 dal connubio tra la borghesia mafiosa capitanata dai quattro Cavalieri dell’Apocalisse descritti dal direttore dei Siciliani nei suoi ultimi articoli e nell'opera teatrale "L'ultima violenza". Messa in scena dal Tetro Stabile un mese prima che venisse ucciso davanti allo stesso teatro da un commando di Cosa Nostra. Soldati scelti che su quell'omicidio hanno costruito la carriera criminale e le fortune economiche dei fiancheggiatori e mandanti morali.

Era il 5 gennaio 1984, una fredda e piovigginosa sera quando arrivai in via dello Stadio. L'auto era vuota perché i poliziotti di pattuglia avevano rimosso il corpo impedendo così la perizia balistica. I depistaggi erano già iniziati. Da allora non sono mai finiti.

E' il 4 gennaio del 2011, i ragazzi di Palazzolo Acreide, città natale di Giuseppe Fava, mi propongono per la seconda volta come moderatore al dibattito che precede la consegna del premio giornalistico Pippo Fava-giovani. Il premio va a Gaetano "Gato" Alessi, fondatore di Ad Est, giornalista senza tessera in Sicilia. Emigrato a Bologna per pagare con la tredicesima e gli straordinari le spese per le attività editoriali a Raffadali, paese dell'ex governatore di Sicilia, Totò "de cannola" Cuffaro. Una lunga e commossa motivazione che mi sento così di riassumere: "piccoli rompicoglioni, crescono".

Qui a Palazzolo, ancora una volta, il dibattito non è di quelli paludati e politicamente corretti come si usa in certe circostanze. Si parla delle beghe giudiziarie del padrone dell'informazione Mario Ciancio Sanfilippo e dell'attuale governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, entrambi indagati in due diverse inchieste per concorso esterno in associazione mafiosa. Ciancio Sanfilippo in compagnia di mafiosi e imprenditori di facili costumi urbanistici. Lombardo attorniato da uno stuolo di familiari e famigli che reggono l'impero del terrore e del favore.

Ne delineano i contorni gli inviati di Repubblica, Alessandra Zinniti e Francesco Viviano. Si parla delle stragi e della borghesia mafiosa. Del rapporto tra politica, istituzioni e braccio militare di Cosa Nostra che vede protagonista il bandito Giuliano da Portella delle Ginestre nel '47 eprosegue ininterrotto sino ai giorni nostri con i depistaggi sulla strage di via D'Amelio e la sparizione dell'agenda rossa di Paolo Borsellino.

L'attualità si chiama Caso Catania. La guerra di successione per la guida della procura etnea vede in campo due magistrati inquietanti. Alessandra Zinniti narra delle prodezze dell'attuale procuratore generale di Catania, Gianni Tinebra. Alla guida della procura di Caltanissetta diede credito al pentito Scarantino e alle inverosimili rivelazioni sulla
preparazione dell'attentato a Borsellino. Prese per oro colato i depistaggi istituzionali dell'investigatore capo del gruppo Falcone-Borsellino, Arnaldo La Barbera.

Nel mio ruolo di moderatore-cronista pungolo il sostituto procuratore Nicolò Marino, protagonista inascoltato insieme al presidente emerito del Tribunale per i Minori, Giovambattista Scidà, della battaglia di fronte alla commissione antimafia e al Csm sul Caso Catania. Nico Marino non parla delle stragi di Palermo sulle quali indaga da quando è stato trasferito a Caltanissetta. Però si indigna quando sullo schermo gigante dell'aula comunale di Palazzolo appare una foto dell'attuale procuratore aggiunto di Catania, Giuseppe Gennaro, che sbocconcella qualcosa accanto all'imprenditore mafioso Carmelo Rizzo ucciso nel '97 dai suoi compari del clan Laudani mussi i ficurinia. Gennaro
ha comprato una prestigiosa villa costruita a San Giovanni La Punta (capi tale amorale dei mussi) proprio dall'impresa gestita da Rizzo per conto della cosca.

Gennaro, per due volte presidente dell'associazione nazionale magistrati, in tutte le sedi, anche sotto giuramento, ha sempre negato di aver incontrato o semplicemente conosciuto Rizzo e ha prodotto carte dalle quali risulta di aver acquistato la magione non dal costruttore ma dal proprietario originario del terreno.

Il pm Nico Marino non può parlare delle stragi del passato ma non nasconde la preoccupazione per il futuro della città che lo ha visto pubblica accusa nel processo per il delitto Fava.

"Mi duole veder concorrere per il posto di procuratore a Catania persone che non dico dovrebbero andare via da Catania ma dovrebbero andar via dalla magistratura". Non fa nomi. Lo sguardo di tutti corre alla foto sullo schermo.

I ragazzi del premio Fava-giovani registrano tutto. La diretta è trasmessa sul web in diretta streaming. Cinque ore tra dibattito e premiazione. Il 5 gennaio, il lavoro continua a Catania. Appuntamento alla lapide. Non c'è il freddo né l'umidità che sentivo penetrarmi sin nelle ossa 27 anni fa. Poi al centro Zo e a Cittainsieme per ricordare lavorando.


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