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Evade perché non ne può più della cella umida. Le mille bolle blu del ministro Alfano
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di Walter Vecellio

Evade perché non ne può più della cella umida. Le mille bolle blu del ministro Alfano

La storia sembra il soggetto di uno di quei film in cui erano insuperabili Camillo Mastrocinque o Steno (a patto d’avere, beninteso, attori del calibro di un Totò, di un Peppino De Filippo, di un Aldo Fabrizi). C’è un detenuto, sconta la sua pena nel carcere di Parma. Riesce ad evadere, fugge. Qualche ora di latitanza, poi si costituisce; non a Parma, piuttosto bussa “asilo” al penitenziario di Lucca. Non per un errore abbiamo scritto “asilo”. L’uomo infatti racconta di essere evaso e di essersi dopo qualche ora costituito a Lucca nella speranza di poter scontare la pena in una cella più comoda, e, soprattutto, “meno umida”.
   Protagonista della vicenda un pregiudicato napoletano di 39 anni; alle spalle una lunga serie di reati contro il patrimonio. A Parma stava scontando la pena alternando periodi in detenzione ad altri periodi in cui era agli arresti domiciliari. La sera del 2 dicembre, dopo il lavoro era salito in automobile, e si era diretto verso la Toscana. Giunto alle porte di Lucca si era poi consegnato agli agenti di una pattuglia della polizia stradale. Gli agenti, increduli, lo avevano considerato un personaggio eccentrico e un po’ svitato. Non sufficientemente eccentrico e “svitato” però, per non fare un controllo; e il controllo rivelava appunto che quell’uomo per quanto incredibile potesse sembrare, aveva detto la verità.
   Ora però basta il sorriso. La storia è vera, e il carcere di Parma è quello che è. Al punto che le denunce dei detenuti e quelle degli agenti di custodia sono sovrapponibili, e le si possono per esempio trovare nei documenti ufficiali elaborato dalle organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria.
   Dunque, evadere per stare in una cella migliore, che non sia umida. Ci sono anche episodi paradossali e amaramente divertenti come questo, quando si parla di carceri e situazione giustizia. Ogni giorno è un bollettino di guerra. Queste sono le “notizie” ricavate spigolando nelle ultime ore le agenzie:
   Prorogato lo "stato di emergenza" delle carceri, critici Sindacati e Associazioni. La decisione adottata dal Consiglio dei ministri. Uno dei leader delle organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria, Donato Capace, dice: “Dei 47 nuovi padiglioni promessi non ne è stato costruito neanche uno. Promessi 2 mila nuovi agenti, ne sono arrivati meno della metà.
   Sono 14mila i detenuti che lavorano, il 20 per cento della popolazione carceraria.
   In Calabria il degrado delle carceri è qualcosa di allarmante.
   A Brescia le carceri, come un po’ ovunque, sono sovraffollate, protestano gli agenti di Canton Mombello e Verziano. La situazione  carceraria cittadina è disastrosa, non solo dal punto di vista dei detenuti, ma anche di chi vi lavora, cioè del personale della polizia penitenziaria.
   “Telegrammi” di vicende assai complicate e che, colpevolmente, si lasciano incancrenire. Oramai da via Arenula non fanno neppure più la “mossa” di fare qualcosa. Assistono, indifferenti e allo svolgersi di quotidiane tragedie. Un giorno è un detenuto che “evade” impiccandosi, e gli mancavano magari poche settimane prima di essere scarcerato, ma poco importa il peso della detenzione era così schiacciante, che ha preferito farla finita; un’altra volta sono detenuti che vivono ammassati in sette-otto-dieci, abbarbicati sui letti a castello…
    Le carceri italiane sono affollate prevalentemente di persone giovani e, sempre più spesso, sono i giovani a morirvi: nei primi 10 giorni dell’anno 4 detenuti di età compresa tra i 28 e i 35 anni sono deceduti per cause naturali e 1 internato di 32 anni si è impiccato nell’Opg di Aversa.
Per “cause naturali”, in assenza di indagini più approfondite (in 3 casi su 4 non è stata disposta l’autopsia), si intende semplicemente che il cuore di queste persone si è fermato.
   Lo scorso anno per “cause naturali” sono morti 107 detenuti, la loro età media era di 39 anni: 73 casi sono stati archiviati senza alcuna ulteriore indagine, dopo che dalle ispezioni cadaveriche non erano risultati segni di violenza sui corpi, e classificati come “decessi causati da malattia”.
  Nei restanti 34 casi è stata avviata un’inchiesta giudiziaria, con ipotesi di reato di varia gravità (dalla omissione di atti d’ufficio, fino all’omicidio colposo) a carico di operatori sanitari e penitenziari, ma finora soltanto 7 procedimenti si sono conclusi e tutti con un “non luogo a procedere”. Ma qualunque sia l’esito delle indagini ancora in corso è inconfutabile il fatto che per un detenuto la probabilità di morire per “cause naturali” sia molto più elevata che non per un coetaneo libero. Un importante riscontro in questo senso viene dall’Istat (Annuario statistico italiano 2009 - Mortalità per malattie cardiocircolatorie): nella popolazione italiana la frequenza è di 33 decessi ogni 10mila persone, ma negli “under 35” è di 0,65 su 10mila.
   Se in carcere valesse la stessa probabilità statistica le morti per “infarto” e simili cause sarebbero non più di 3 - 4 ogni anno, cifre che invece si sono già raggiunte in poco più di una settimana…
   L’evidenza che si ricava anche dalle statistiche degli ultimi 10 anni (1.740 decessi) è che i detenuti muoiono con una frequenza 20 volte maggiore rispetto ai loro coetanei liberi, sia per suicidio, sia per “cause naturali”.
   Questo accade per vari motivi: la popolazione detenuta è mediamente meno in salute di quella libera; la detenzione causa di per sé un aumento dei fattori di rischio per quanto riguarda le malattie nervose, cardiocircolatorie, infettive, respiratorie, etc.; la condizione di vita nelle celle caratterizzata da sovraffollamento, precarie condizioni igieniche, sedentarietà forzata, aggiunge ulteriori elementi patogeni, e così via.
   Tragedie che lasciano indifferenti la maggioranza, ma spesso, purtroppo, anche l’opposizione. E’ molto abile nelle chiacchiere, il ministro Alfano, un affabulatore come il suo leader e presidente del Consiglio. Come lui, promette, annuncia, dichiara; come molti anni fa cantava Mina: “parole, parole, parole…”.


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