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Terremoto l’Aquila: dopo quasi due anni tutto è fermo, o quasi, al 6 aprile
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di Stefania Pezzopane*

Terremoto l’Aquila: dopo quasi due anni tutto è fermo, o quasi, al 6 aprile

Sono trascorsi 22 mesi da quella terribile notte, quando le nostre vite sono bruscamente cambiate. Una città è crollata e 53 comuni sono entrati a far parte di un’area chiamata “cratere”. Un termine che aveva per me un altro significato, prima del 6 aprile. Ma d’altronde, da quel giorno abbiamo cominciato a familiarizzare con una serie di neologismi (MAP, MUSP; MEP; COM…) che solo i terremotati possono comprendere. L’Aquila e i 53 comuni del cratere sono diventati per mesi “l’epicentro solidale e mediatico”. Tante generose donazioni ci hanno fatto sentire l’Italia e il mondo più vicini. L’invadenza, talvolta eccessiva delle telecamere, paradossalmente ci rassicurava, nella speranza che finché i riflettori sarebbero stati accesi, l’Italia non si sarebbe dimenticata di noi.
Ma già dopo il G8, che avrebbe dovuto convogliare su L’Aquila intelletti e aiuti mondiali rimasti per lo più lettera morta, abbiamo dovuto prendere atto che lentamente i riflettori si stavano spegnendo e che L’Aquila sarebbe diventata una notizia sporadica nei Tg e sui giornali.
Tutto questo mentre la ricostruzione, quella vera, stenta ancora a decollare. Dopo quasi due anni tutto è fermo, o quasi, al 6 aprile.
Alla prodigiosa velocità con cui sono state realizzate le 19 new towns con i quartieri, che qui la gente chiama “la case di Berlusconi” e le casette di legno ( i MAP; appunto, per rimanere in tema di neologismi da terremotati) fanno da contraltare le macerie, ancora tante, che giacciono nei centri storici e nei borghi più belli del territorio. Tutti i nostri paesi sono ingabbiati in zone rosse, impenetrabili a chiunque e non esiste la minima previsione sulla possibilità di accesso per chi potrebbe già ricostruire.
Una recente proposta “bipartisan” del Consiglio comunale aquilano, che proponeva di accelerare la ricostruzione del centro storico e le procedure per riaprire parzialmente le principali arterie, è stata bollata come impraticabile  dalla Struttura Commissariale.
Nessuno si ricorda più dei nostri monumenti, delle chiese, ancora tutte da rifare, dell’immenso patrimonio storico ed architettonico di una delle città d’arte più belle d’Italia. L’inerzia del Ministro alla cultura Bondi non offende più di tanto una buona fetta del Parlamento. Non passa la  sfiducia ad un  Ministro, che tra i tanti suoi obiettivi vuole anche trasformare L’Aquila in una nuova “Pompei”. All’inoperosità del Ministro alla Cultura si aggiungono poi le volgari dichiarazioni dell’on. Borghezio, che considera i cittadini che hanno perso tutto, casa e lavoro,  “pesi morti e piagnoni”.
E mentre le prime pagine dei giornali sono ormai tutte occupate dalle vicende di “Ruby rubacuori” e delle cenette ad Arcore, dell’Aquila e dei veri problemi del paese non parla più nessuno, tranne qualche rara eccezione.
Passano in secondo piano le nostre battaglie per la restituzione delle tasse. Un altro bel regalo fatto dal governo Berlusconi alla vigilia del nuovo anno. Prima promette una proroga di sei mesi per la restituzione delle tasse non versate nel 2009 (perché gli aquilani le imposte per il 2010 le hanno già cominciate a ripagare) e poi scopriamo che nel decreto mille-proproghe, o meglio “mille-beffe”, non c’è la copertura finanziaria. Siamo trattati da terremotati di serie “B”.
Ci si dimentica della Zona Franca, considerata da tutti la vera chiave di volta della ripresa economica, di cui però si sono perse le tracce. Nessuno parla più dell’aumento vertiginoso della cassa integrazione.
Passano in secondo piano i disagi di chi abita nel progetto CASE, costretto a fare i conti con il cattivo funzionamento degli impianti di acqua e gas, che si bloccano ai primi freddi o con le pareti e finiture di bassa fattura che si sbriciolano, come polistirolo. Nessun telegiornale parla più di chi è ancora sulla costa e aspetta da due anni di rientrare a casa. Sono ancora in pochi ad interessarsi delle macerie che abbruttiscono il nostro centro storico e gli altri borghi.
Dopo i fiumi di inchiostro sulle passerelle, nei primi mesi d’emergenza, dei vari ministri e del premier, nessuno scrive più di questa città, delle nostre speranze, della voglia di ricostruire, di come si vive in una città quasi fantasma, della mancanza degli spazi di aggregazione.
Nessuno scrive più della necessità delle risorse, di una vera legge nazionale per la ricostruzione, della raccolta di firme per una proposta di iniziativa popolare.
Sembra quasi che tutti siano convinti che a L’Aquila il miracolo è stato compiuto e che ormai tutto è a posto.
È un messaggio mediatico pericoloso, che va scongiurato. A parte qualche eccezione, l’attenzione mediatica è scesa pericolosamente, mentre abbiamo bisogno ancor più di prima di un’informazione puntuale e corretta.
Colgo, quindi, l’opportunità che mi viene offerta dagli amici di Articolo 21 per rilanciare l’appello, già sollevato nei mesi precedenti, di monitorare costantemente il processo di ricostruzione, attraverso una sorta di “adozione mediatica” del capoluogo e degli altri comuni del cratere.
Non possiamo consentire che vanga oscurata la drammatica situazione in cui versa ancora la nostra gente, la nostra terra. Non possiamo tollerare che le immagini delle manifestazioni e delle proteste degli aquilani vengano usate ad arte per lanciare messaggi propagandistici, come ha fatto più di una volta il TG1.
È bene che i riflettori dei media tornino ad accendersi, come hanno fatto di recente le telecamere di alcuni Tg sui vari aspetti della ricostruzione. Facciamo vedere in maniera eloquente all’Italia intera, quanto ancora c’è da fare e che in stato di abbandono versano molti dei nostri comuni. Perché quando parliamo di ricostruzione, quella vera, non vogliamo più sentirci paragonare a dei “pesi morti che si piangono addosso”. Sono parole che colpiscono l’orgoglio  e la fierezza di noi aquilani.
Vogliamo far capire che qui la volontà di andare c’è, ma dobbiamo e vogliamo essere messi nelle condizioni di poter andare avanti. Venite, venite a L’Aquila  e vi renderete conto da soli.

*Assessore comune dell’Aquila alle Politiche Sociali. Responsabile nazionale PD alla Ricostruzione dell’Aquila


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