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Meglio tardi che mai? Tutti i Tg italiani sono sbarcati in Libia
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di Osservatorio Tg

Meglio tardi che mai? Tutti i Tg italiani sono sbarcati in Libia

 

  • ASCOLTA L'OSSERVATORIO DEI TG DEL 25 FEBBRAIO 2011
  • ASCOLTA L'ANALISI DEI TG DEL 25 FEBBRAIO 2011              
  • ASCOLTA IL COMMENTO DEI TG DEL 25 FEBBRAIO 2011
  • LEGGI L'OSSERVATORIO DEI TG DEL 25 FEBBRAIO 2011 

  • Ogni argine è rotto. I nostri Tg hanno oramai una quindicina di inviati in Libia, anche se in gran parte sono arrivati ieri e si polemizza per  i visti rilasciati dall’ambasciata libica a Roma.  I materiali non mancano e c’è gara tra chi propone più servizi e visuali più originali. E’ il Tg 3 che probabilmente fornisce materiali più originali, riportando numerose testimonianze dirette; la maglia nera è ancora una volta per Fede, che esordisce con il discorso odierno di Gheddafi riportandone i passi centrali, col tono asettico di un lancio di agenzia. Unico commento: “La situazione è complicata”. Se l’informazione è in ripresa, la politica arranca e i commenti sulla Libia riportati nelle interviste e dagli interventi di La Russa (Tg 3 e TG 5)  e Romani (TG La 7) sono lontani dalle prese di posizione delle leadership europee. Più elevato il tono dell’intervista a Pisanu nel TG2. Ma questa non è una colpa da addossare ai TG. Nel commento abbiamo sentito Francesco Peloso, de “Il Mondo di Annibale”, per fare un bilancio di questa prima settimana di informazione sulla Libia,con i suoi pregi ed i suoi limiti.
    Passando ad altro, la politica con il Milleproroghe è presente su tutte le testate. Tg 1, Tg 3 e TG La 7  riprendono lo scontro alla Camera tra Fini e Cicchitto.
    TG 3, TG 1 e TG La 7 salutano il ritorno di Ferrara su Raiuno, subito dopo il TG di prime time, nello spazio che fu de “Il Fatto” di Enzo Biagi. Dimenticavamo di dire che per Studio Aperto doversi occupare di esteri – come inevitabilmente è accaduto per il dramma libico – è proprio  una  forzatura. Così, stasera, di nuovo Sarah Scazzi e le gemelline primo e secondo titolo. Il Tg di Italia 1 è tornato al suo “core business”. L’infotainment  è risultato compresso nei giorni scorsi anche nel Tg1, che però stasera si riprende con due splendide proposte presenti nei titoli: lo sapevate che un terzo delle separazioni è da addossare alla responsabilità dei suoceri? Ma non basta. Per tacchi altissimi, “regola di seduzione”, attenzione a non superare i cinquemila passi, pena qualche malessere fisico.  Chissà chi avrà avuto la pazienza di contarli.

    Il Commento di Francesco Peloso, de "Il mondo di Annibale”
    (intervista di Mariella Magazù)

    Si scopre che un gruppo di giornalisti italiani dal Tg1 al Corriere, all’Ansa, siano arrivati a Tripoli su invito esplicito dell’ambasciatore libico in Italia. Quanto è opportuno per un giornalista, ed in determinate situazioni, arrivare su invito diplomatico?

    “ E’ giusto che tanti giornalisti vadano e sono andati tardi.  E’ giusto anche che vadano a Tripoli in queste ore, il problema però è innanzitutto quello di cui parlavi tu. Uno: non si può andare su invito di un'ambasciata che rappresenta una dittatura che sta dando il peggio di sé in queste ore. Questo è un problema etico e politico. Due: bisogna capire se l’informazione italiana sta seguendo con la stesa attenzione l’altra parte del territorio libico, l’altra parte del Paese che è caduta in mano ai rivoltosi.  Al Jazeera ed  altre  testate, agenzie di stampa internazionali, ci stanno dando informazioni da tutto il resto della Libia, in contrasto, con la rappresentazione dei fatti che ci sta dando il Tg1, ci stanno dando altre testate, altre agenzie italiane -comprese l’Ansa in queste ore-  spiace dirlo. Quindi il problema c’è, esiste. Non è che non si debba fare cronaca da Tripoli, certo bisogna stare attenti. Non si può scendere a patti con una dittatura; non si può lasciare scoperto il fatto nuovo e cioè anche la vittoria  -almeno in una parte del Paese - di chi si è ribellato a quella dittatura”.    


    I primi giornalisti italiani, soprattutto quelli delle reti ammiraglie Rai e Mediaset, sono arrivati nel momento in cui anche il nostro governo  -un po’ forzatamente-  ha preso le distanze da Gheddafi. Come a volere rispondere ad un ordine anche politico, di tipo editoriale ?

    “Questo è un problema che naturalmente esiste in Italia in modo clamoroso ed è sotto gli occhi di tutti da tempo, quindi non scopriamo nulla di nuovo. Tuttavia, per salvare la faccia come è noto- negli ultimi giorni alcune affermazioni precise sono state fatte- e da qui è scattata immediatamente la corsa dell’ informazione ufficiale. Questa è una pagina non bella della nostra vita pubblica e della nostra opinione pubblica. Non bisogna lanciare anatemi, non è il momento degli anatemi, ma è il momento di riflettere è cambiare. Cioè questo è un episodio storico, dobbiamo cominciare a raccontarlo in un altro  modo. Si può partire da ora, da subito” .    

    Il circo mediatico dell’informazione italiana che si è  messo in moto destinazione Libia, è più motivato dagli interessi  politici ed economici che affliggono il governo o dalla preoccupazione dell’esodo bilico di cui da almeno quattro giorni si parla?

    “Beh guarda su questo cominciamo a dire alcune cose. Intanto che c’è un modo diverso di fare informazione, è possibile cominciare a farlo, lo dicevo prima. La questione dell’esodo biblico dei profughi, di possibili arrivi è una cosa pazzesca. Perché si stanno facendo illazioni su delle previsioni, si sta facendo un allarmismo sconsiderato e strumentale, sul quale i media si sono gettati  -secondo me sbagliando-  perché qui bisogna esercitare una funzione critica e capire quali sono le reali condizioni, capire quello che realmente può succedere.  E’ un atto di demagogia politico. E’ chiaro che c’è un’attenzione forzata negli ultimi anni su questo tema; è un'attenzione strumentale molto spesso. E di nuovo la si ripropone. La si ripropone nel momento in cui l’Italia non esercita una funzione politica internazionale come sta accadendo in queste ore ed allora si usa l’arma della paura”. 

    Il mondo arabo dal Maghreb al Medio Oriente cambia. I Tg italiani restano concentrati sulla Libia; però c’è l’università di Fez in Marocco circondata dalla polizia dallo scorso lunedì, in Algeria, dopo diciannove anni decade lo stato di emergenza, proteste ancora anche in Yemen … queste notizie le troveremo nei nostri telegiornali?    

    “No. Non solo non le troveremo, ma non troveremo il Bahrein, non troveremo il fatto che l’Arabia Saudita cominci ad essere un paese “assediato” dalle rivolte. La questione ha un carattere veramente epocale; c’è ancora  la questione  delle navi iraniane  che sono entrate nel Mediterraneo e sono arrivate in Siria. C’è moltissimo che sta succedendo e che anche -come dire- può influire sugli eventi successivi, scatenare nuove crisi,aprire nuovi conflitti. No, tutto questo non lo stiamo ancora trovando”. 

    Una parte dell’informazione italiana rischia di essere complice degli interessi politico-economici del nostro governo o comunque di chi ha interessi in quell’area?  
     

    “Sì questo problema c’è.  E’ importante dire però che è soltanto una parte dell’informazione di questo Paese; per quanto importante, per quanto potente e che ragiona in questi termini”.

     

     Dati Auditel giovedì 24 febbraio

    Tg1 - ore 13:30 4.616.000 25,73% ore 20:00 6.717.000 25,63%.
    Tg2 - ore 13:00 3.308.000 19,88% ore 20:30 3.014.000 10,56%.
    Tg3 - ore 19:00 2.674.000 13,69%.
    Tg5 - ore 13:00 4.011.000 23,83% ore 20:00 5.463.000 20,88%.
    Studio Aperto - ore 12:25 2.820.000 20,38% ore 18:30 1.362.000 8,55%.
    Tg4 - ore 19:00 1.221.000 6,15%.
    Tg La7 - ore 13:30 1.035.000 5,77% ore 20:00 2.693.000 10,24%.

    Fonte: www.tvblog.it


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