Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - ESTERI
“In fuga dall'orrore ma io, darfuriano, in Libia avevo trovato la pace”
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Antonella Napoli

“In fuga dall'orrore ma io, darfuriano, in Libia avevo trovato la pace”

“Ci eravamo stabiliti in Libia per sfuggire ai massacri del Darfur. Stavamo ricostruendo qui la nostra vita. Per questo abbandonare il Paese, per la nostra gente, è ancora più difficile. Anche perché non sappiamo dove andare. Ma qui non possiamo restare. Uccidono tutti, anche donne e bambini. Nonostante i timori di ritorsioni non posso fare diversamente. " A parlare è Naim al-Badawi, poco più che quarantenne, in attesa con tutto il nucleo familiare, moglie e tre bambini, di rimpatriare in Sudan con un aereo delle Nazioni Unite. Volo che non avrebbe mai voluto prendere. In Darfur, la sua regione di origine, non può tornare per motivi di sicurezza. E ora non sa dove andare.
La sua è una delle tante testimonianze dell’orrore che si sta consumando da oltre un mese in Libia.
"Orrore voluto da Gheddafi per rimanere al potere anche grazie alle omissioni e al collaborazionismo dell’Occidente e dell’Italia - sbotta Naim - che lo hanno trasformato da terrorista internazionale a capo di stato e partner economico di cui vantarsi".
Al-Badawi ha vissuto a Tripoli per otto anni. Ha avviato una sua attività commerciale, si è spostato e ha avuto dei figli, era convinto di aver raggiunto finalmente un equilibrio, la pace, dopo gli anni di fuga e paura per i rischi legati alla sua appartenenza passata al 'Justice and equaliment movement', uno dei gruppi ribelli che combattono contro l'esercito del governo del Sudan.
"Sono costretto a lasciarmi tutto alle spalle, tutto ciò che possedevo. Mi rimane solo la famiglia" afferma disperato - "Non possiamo più rimanere. Ormai sparano sulla gente.  Uccidono civili senza pietà. Ciò che arriva agli organi di infomazione non è tutta la verità. E' molto, molto peggio, Da più di un mese non c'è più nessun servizio di comunicazione e nessuna protezione contro le violenze. Persone indifese, che non hanno mai preso in mano un'arma, devono lottare per la propria vita, per proteggere le proprie famiglie. Soprattutto noi, stranieri africani, rischiamo due volte: sia di essere uccisi dalle milizie assoldate da Gheddafi, sia dai ribelli, che scambiano i 'non libici' per mercenari".
Nelle ultime ore, con la decisione dell'Onu di istituire la 'no fly zone', la situazione si è ulteriormente inasprita e la paura di Naim cresce.
"Non so cosa faremo nell'attesa della partenza. Abbiamo già cambiato rifugio tre volte. Adesso aspettiamo che sia il nostro turno per prendere il volo dell'Onu. E' l'unica via di uscita, anche perché prima o poi le armi pesanti e le bombe degli occidentali colpiranno anche noi - sostiene il rifugiato - E' terribile quando nella notte si sentono esplosioni in lontananza e non sai se gli aerei che hanno sganciato quegli ordigni stiano per arrivare sulla tua casa. Nessuno può garantire che le bombe non vengano lanciate anche sulle città dove non ci sono obiettivi bellici".
Il timore di Naim, è lo stesso che spinge ognuno di noi a una riflessione sull'ineluttabilità dell'attacco armato da parte dei paesi occidentali.
Ma si poteva fermare Gheddafi senza ricorrere all'opzione militare?
"Quello che so - è la sconsolata risposta del quarantenne sudanese - è che si stavano cercando delle mediazioni. Poteva esserci un'azione più forte per tentare di smorzare la rabbia di tutti. Ma credo che non si sia voluto andare fino in fondo".
Mentre Al-Badawi è in attesa, con altre migliaia di connazionali, di lasciare Tripoli, almeno in 15mila nelle sono già rientrati in Sudan, sia via aerea sia via terra attraverso l'Egitto.
I migranti sudanesi di ritorno dalla Libia dovranno affrontare la crescente crisi economica del paese, che ha visto salire alle stelle i prezzi degli alimenti primari e la disoccupazione raggiungere livelli altissimi. Inoltre il governo di Khartoum deve far fronte al suo enorme debito estero e alle conseguenze della separazione del Sud dal Nord Sudan.
"Avevo lasciato il Sudan convinto che non sarei mai più tornato. E non lo avrei fatto, nonostante la mia terra mi mancasse molto - è l'amara conclusione di Naim -  Il mio, e quello della mia famiglia, è un futuro pieno di incognite. Dovremo ricominciare, un'altra volta. Non so se avrò la forza per farcela ma ci proverò fino alla fine. D'altronde sono ancora vivo, Inshallah".
La costernazione, per noi, è che troppo spesso alla volontà di Dio si sostituisce quella dell'uomo.

Così non si difendono i diritti umani - di Flavio Lotti / I dubbi di Obama - di Antonio Di Bella / Le contraddizioni di una guerra neocoloniale europea - di Giuliano Garavini / "Stop a petrolio libico, si rischia di finanziare Gheddafi". Lettera aperta all'amministratore delegato Eni Scaroni - di Italians for Darfur e Articolo21 / Libia, lettera aperta alle istituzione  e all’Eni: stop a massacri non sia sono un bluff - di Antonella Napoli / 

SUL BLOG DI ANNIBALE COMMENTI E RIFLESSIONI SULLA CRISI LIBICA

Oggi, martedì 22 marzo ore 13:30 Sala Poli, via Poli direttivo di Articolo21. All'ordine del giorno: adesione sciopero generale, comitati referendari, iniziativa su conflitto di interesse e altre

 


Letto 3134 volte
Dalla rete di Articolo 21