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Libertà di informazione in Italia: doppio allarme dell'IPI
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di redazione*

Libertà di informazione in Italia: doppio allarme dell'IPI

L'International Press Institute (IPI), un’organizzazione internazionale dedicata alla difesa della libertà di stampa, ha recentemente concluso una visita di tre giorni in Italia, durante la quale ha analizzato gli effetti della digitalizzazione sul pluralismo in ambito radiotelevisivo in Italia. L’IPI ritiene che il passaggio al digitale terrestre rappresenti una grande opportunità per rafforzare il pluralismo esterno, se i criteri per l’assegnazione delle frequenze prendono in considerazione l’importanza di tale effetto.
 
Durante la visita in Italia, l’IPI ha anche espresso preoccupazione riguardo all’uso della legge sulla diffamazione a mezzo stampa contro i giornalisti, sia in sede civile che penale. Il reato di diffamazione a mezzo stampa, punibile con pene fino a tre anni di carcere, è contrario alle norme internazionali in questo ambito. In varie occasioni, i tribunali internazionali hanno espresso l’opinione che la detenzione rappresenta una punizione sproporzionata per la diffamazione.

Le richieste di risarcimento danni in sede civile da parti di chi ritiene che la sua reputazione sia stata danneggiata dai media portano ad indebite interferenze sul contenuto dei media da parte degli editori, che, a loro volta, non vogliono essere coinvolti in lunghi e costosi procedimenti legali.
 
L’IPI ritiene che la possibilità di querelare i giornalisti per diffamazione, con esose richieste di risarcimento danni, porta all’autocensura e la perdita di informazioni riguardo a questioni di interesse pubblico.

Sulla questione del pluralismo, in seguito ad un'analisi della situazione in Italia e scambi di opinioni con esperti del settore, l'IPI ha affermato che, nonostante numerose revisioni dei criteri di assegnazione delle frequenze del digitale terrestre, persiste il pericolo che le attuali posizioni dominanti nel settore audiovisivo possano essere ulteriormente consolidate dopo il passaggio al digitale terrestre.

L'Italia ha registrato notevoli ritardi nel processo di digitalizzazione, che originariamente avrebbe dovuto essere completato nel 2006. Oggi, con circa la metà delle regioni italiane e poco più della metà della popolazione che possono usufruire del digitare terrestre, lo Stato non ha ancora stabilito a quali operatori saranno assegnate le frequenze digitali, oltre agli attuali operatori, che riceveranno automaticamente le frequenze di cui già usufruiscono, e potranno competere per ulteriori frequenze.

L’IPI ritiene che, al fine di incoraggiare un maggiore pluralismo, i criteri per la gara dovrebbero essere tali da favorire l’assegnazione di nuove frequenze a nuovi operatori, piuttosto che a quelli già presenti.
 
Ci sono serie preoccupazioni che l'esito della gara finisca a consolidare l’attuale duopolio, in base al quale l'emittente del servizio pubblico, Rai, e la rete di radiodiffusione privata, Mediaset - che appartiene al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi -  controllano oltre il 75% del mercato in termini di audience share.
 
Inoltre, le date della gara, che verrà tenuta dal Ministero dello Sviluppo Economico, non sono ancora state fissate, protraendo così uno "status quo" che l’IPI ha spesso condannato, in quanto non fornisce sufficienti garanzie di pluralismo esterno.
 
In un incontro con i rappresentanti dell'Agcom, l'agenzia incaricata di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato, l'IPI ha espresso preoccupazione riguardo ai limiti antitrust previsti dalla legge italiana, in base ai quali nessun operatore può conseguire ricavi superiori al 20% delle risorse complessive del Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC), che include tutte le attivitá del settore delle comunicazioni, tra cui stampa, radio e televisione, Internet, editoria, cinema e pubblicità. Questo consente l'esistenza di posizioni dominanti in mercati specifici, come quello televisivo.
 
Un rappresentante dell’Agcom ha detto all’IPI che da un’analisi del 2005 é risultato che Rai e Mediaset occupano posizioni dominanti nel mercato televisivo. L’Agcom è stata quindi autorizzata ad imporre sanzioni amministrative su Rai e Mediaset. L’IPI, tuttavia, teme che, se lo scopo di queste sanzioni amministrative era quello di indebolire delle posizioni troppo dominanti, l’obbiettivo desiderato non sia stato raggiunto.
 
IPI ha inoltre invitato l’Agcom ad includere nuovi indicatori nella loro analisi del settore audiovisivo, come le quote di ascolto e la distribuzione delle risorse provenienti dal canone televisivo e dalla pubblicità. Qualsiasi regolamento volto a garantire il pluralismo esterno e limitare l'eccessiva influenza di una singola azienda deve prendere in considerazione anche questi indicatori.
 
Durante la visita in Italia, l’IPI ha incontrato rappresentanti dei media di comunicazione, di associazioni giornalistiche, così come altri esperti nel settore.
 
 
www.freemedia.at

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