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Non è un Paese per chi legge
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di Josh Ronald Cocco

Non è un Paese per chi legge Con il titolo di «crisi dei giornali e servizio pubblico»  i cinque relatori hanno dato un quadro abbastanza drammatico della situazione e della salute dell’informazione nel nostro paese, Secondo  Gianfranca Fois di Art.21 dovremmo usare la costituzione come fosse una sorta di presidio medico , una medicina che cura la salute dello Stato e ne preserva la condizione. Enrico Pedemonte, giornalista dell’Espresso nel suo ultimo libro «Morte e resurrezione dei Giornali» illustra il quadro allarmante della condizione in cui la carta stampata versa rispetto alla diffusione delle notizie sulla rete Internet non soltanto nel nostro Paese ma anche in altre realtà extraterritoriali, sempre secondo Pedemonte, i giornali hanno perso quella che era una loro caratteristica fondamentale, la centralità  sociale. L’essere cioè al centro del tessuto sociale, hanno perso la capacità di essere specchio delle comunità locali, centro di relazioni,di interazioni sociali che oramai sta andando del tutto perduto a causa dell’eccessiva «velocità»con cui si vive.  L’avvento della rete ha favorito da un lato la diffusione massiccia di notizie ma dall’altro ne  ha penalizzato la qualità e i valori aggiunti che si possono avere leggendo un comune articolo su un Quotidiano, la velocità stessa con cui si fruiscono le notizie fa si che si perda anche l’opinione e il commento di chi scrive. Chi legge le notizie su internet spesso si sofferma solo il tempo necessario per arrivare al cuore stesso della notizia, alla fonte. La maggior parte di chi si informa tramite la Rete non ricerca nuovi argomenti, ma vuole solamente una conferma di ciò che già pensa, per cui non filtra più l’informazione; la rete favorisce la frammentazione dell’informazione oltre che la sua personalizzazione e la sua polarizzazione. Se il ’900 è stato definito Secolo breve», Internet in una qual maniera ne incarna appieno il concetto di velocità,  la fruizione delle notizie è sulla Rete, per sua stessa natura, veloce.  Ma la colpa, se di colpa si può parlare, per quel che accade all’informazione nel nostro paese non è della rete Internet, è direttamente dipendente dall’amministrazione del Governo centrale, è dipendente dal grado di istruzione e di abitudine alla lettura del cittadino, la rete è solo un mezzo,per certi versi libero, che cresce si espande e si svincola da certe meccaniche di controllo tradizionali, la vera forza della rete risiede nel soggetto che lo utilizza. Se il soggetto è in malafede, o non è consapevole dei rischi o ancora non è a conoscenza delle potenzialità di utilizzo del mezzo stesso, possono sorgere dei problemi di natura sociale e poi disordini (sia del comportamento dei singoli individui, sia di gestione delle situazioni sociali), la rete è  uno strumento di opportunità (basti pensare alle rivolte in Tunisia ed Egitto, nate grazie al tam tam  e alla coordinazione sui social network.)sia uno strumento di oppressione (truffe, reati informatici,malavita). Secondo Freedom House l’Italia si colloca con lo status di paese semi libero al 7° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa, leggendo il rapporto di Freedom House le ragioni del declassamento sono molteplici ma emerge in particolare il punto veramente dolente, a giudizio dell’organizzazione, è costituito “dalla concentrazione insolitamente alta della proprietà dei media rispetto agli standard europei”. Berlusconi, affermano senza reticenze gli autori del rapporto, controlla attraverso il governo la Rai, e possiede Mediaset. E la crisi di La7 non ha certo giovato in questo panorama. In definitiva a giudicare oggettivamente questo stato di cose, il vero problema sono gli Italiani, questo non è un paese per chi si vuole informare, non è un paese per  chi osa.

*per www.popoloviola.org

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