Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - ESTERI
Indignados di Spagna
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Aldo Garzia

Indignados di Spagna

Quanto è accaduto domenica scorsa è la rappresentazione più vistosa della crisi della politica che avvolge anche la Spagna. Precari e giovani senza lavoro sono una metà della mela che ormai non parla con l’altra metà, quella della politica ufficiale, dei partiti e del governo anche se è guidato dal 2004 da un leader come José Luis Rodríguez Zapatero che ha saputo risvegliare gli entusiasmi della sinistra laica e libertaria. Il problema è che Zapatero diventato premier si è convinto che bisognasse innovare il paradigma tradizionale della sinistra dando più importanza ai temi dei diritti di libertà e del ridisegno di una democrazia partecipativa rispetto a quello socialdemocratico tradizionale fondato sugli obiettivi di piena occupazione e redistribuzione del reddito. Zapatero ha infatti scelto come bussola il filone del pensiero teorico originato dal repubblicanesimo e rinverdito dal filosofo della politica Philip Pettit che insegna presso l’Università di Princeton (in Italia potremmo tradurlo nella tradizione politica minoritaria dell’azionismo e nel pensiero politico di Norberto Bobbio), ritenendo che i margini nazionali di intervento in politica economica si fossero ridotti al minimo per via del ruolo della Banca centrale europea e delle altre istituzioni dell’economia globalizzata. Il premier socialista era inoltre persuaso che il boom economico spagnolo sarebbe proseguito permettendogli di concentrarsi su laicità dello Stato e diritti d’inclusione, riaprendo anche il dibattito democratico sulla storia di Spagna e della guerra civile degli anni Trenta. I segnali della crisi che arrivavano già nel 2008, appena Zapatero aveva vinto per la seconda volta le elezioni, sono stati un ceffone inaspettato. Come inaspettato era fino a poche settimane il movimento di giovani che occupa le piazze di sessanta città di Spagna.

I dati che motivano il movimento degli indignados sono lì a dimostrare che una innovativa politica di sinistra, pur nell’era della globalizzazione economica, non può fare a meno di avere un’idea e un progetto anche sul terreno del rimodello del welfare e dell’occupazione, a iniziare da quella giovanile. In Spagna, un giovane su tre con meno di 30 anni è disoccupato (è la più alta percentuale europea). Il 45,3% di disoccupati è concentrato nella fascia d’età tra i 16 e i 25 anni: il doppio rispetto alla media europea. Il 45,4% dei giovani occupati ha un contratto a termine. L’assenza di prospettive di lavoro ha provocato negli ultimi anni l’incremento dell’abbandono scolastico: il 28,4% si ritira dagli studi prima di concludere le scuole superiori. Il 40% dei giovani occupati in lavori precari è impiegato in mansioni al di sotto del proprio livello di studio o di qualificazione. Il 53,9% dei giovani fino ai 34 anni di età riceve denaro dalle famiglie d’origine per integrare il proprio reddito. A tutto questo va aggiunto che su una popolazione che ormai sfiora i 46 milioni, il 12% d’incremento nell’ultimo decennio è dovuto al fenomeno immigratorio che in tempi di crisi accentua la competizioni tra giovani precari.

Sotto la cenere dei successi politici di Zapatero covava dunque una bomba ad orologeria che è puntualmente esplosa. Al di là di una legge che incentiva le assunzioni di giovani dopo un periodo di precariato, il governo socialista non ha fatto granché per i giovani. Tutto è poi precipitato in modo casuale, come avviene per i movimenti che nascono da malesseri sociali. Un gruppo di giovani, usando internet e sms, prepara per mesi una manifestazione di protesta a Madrid che si tiene il 15 maggio e che vede una partecipazione insperata. Immediata e spontanea la decisione di occupare piazza Puerta del Sol. Effetto imitativo seguito in altre decine di piazze. Primi volantini e documenti che prendono le distanze dalla politica di Palazzo “irreale e lontana dalle nuove generazioni”, chiedendo innanzitutto “ascolto” e rivendicando “’partecipazione”.

È tuttavia troppo presto per analizzare semanticamente e nelle modalità organizzative il movimento degli indignados che qualcuno analizza già come il “’68 spagnolo” perché la Spagna – sotto la dittatura di Francisco Franco – non ha vissuto il suo ’68. Qualcun altro si affretta a paragonare gli indignados ai nostri “grillini”. Il quotidiano El País ha scritto perfino di un uso imitativo delle piazze occupate mutuato dai recenti movimenti di rivolta in Egitto, Tunisia e Siria. Staremo a vedere come il movimento si svilupperà nei prossimi giorni. Di sicuro dovrà iniziare a prendere le misure anche ai Popolari che promettono, in capo di vittoria nelle elezioni politiche del 2012, privatizzazioni e tagli al welfare per incamminarsi verso una economia finalmente priva di lacci e laccioli.

Cosa succede intanto in parallelo nel corpo ferito del Psoe? Zapatero ha annunciato il suo ritiro dopo undici anni da segretario del partito e otto da premier. Non sarà lui a guidare la sfida a Rajoy fra dodici mesi. In campo ci sono le candidature di Carme Chacón, ministro della Difesa, e di Alfredo Pérez Rubalcaba, ministro degli Interni e vicepremier. Forse si sfideranno in autunno nelle primarie del Psoe, anche se nel partito si fanno strada l’idea di un tandem e la richiesta ai due di rinunciare alla contrapposizione. Quarantenne e di Barcellona la Chacón, sessantenne Rubalcaba e con una esperienza di governo già negli anni Ottanta, è probabile che il secondo sia favorito nella corsa alla leadership di un partito che dopo la batosta delle amministrative cerca più rassicurazioni che innovazioni. Staremo a vedere cosa accadrà anche su questo versante.

In piazza tanti giovani che temono di non avere un futuro - di Marco Calamai / In piazza per una migliore democrazia, contro l'oligopolio dei partiti - di Ettore Siniscalchi


Letto 4504 volte
Dalla rete di Articolo 21