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Uno spettro si aggira per la Rai: il conflitto d’interessi del signor B.
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di Tommaso Fulfaro*

Uno spettro si aggira per la Rai: il conflitto d’interessi del signor B.

Da persona normale mi chiedo come è possibile che uno Stato democratico stia rischiando, di giorno in giorno, di perdere ciò che i nostri antenati hanno, con enormi sacrifici, conquistato e difeso. Noi, quasi passivamente, siamo passati dalla prima alla “seconda” Repubblica, credendo di far fare un salto di qualità al nostro Paese migliorandone le condizioni. Il risultato del passaggio, pur venendo da situazioni non molto felici, ha dimostrato e sta ancora dimostrando di essere caduti dalla padella nella brace. I soggetti peggiori del passato hanno raggiunto, falsando ogni percorso democratico, il potere utilizzandolo come risorsa personale dei propri interessi. Voglio ricordare, principalmente a me stesso, che l’uomo pieno di debiti e ormai alla soglia di un sicuro fallimento, utilizzando in maniera vergognosa la politica, non solo ha ripianato i propri debiti ma ha raggiunto mete economiche che ora gli consentono, con l’acquisto anche di parlamentari, di avere un vergognoso potere, naturalmente esente da rispetto e dignità. Analizzando con serietà come sia possibile che certe operazioni, apparentemente democratiche, siano state possibili, è opportuno risalire alle totali disattenzioni ed alle mancate promesse che molti di noi hanno fatto e che poi non sono diventate realtà. Le principali disattenzioni sono state quelle di aver assunto comportamenti (parlo della sinistra) di distacco dalla realtà sociale, regalando, a chi ne ha fatto e ne sta facendo un uso distorto, parlo della Lega, spazi nel territorio. La principale promessa, che non è stata spiegata come interesse verso la collettività, la legge sul conflitto di interessi, legge presente in tutti gli stati democratici, è stata abbandonata, dando la possibilità a chi, approfittando della sua non esistenza, sta massacrando il nostro Paese e lo sta rendendo ridicolo in tutto il mondo.
Non a caso, sperando di sollecitare una maggiore attenzione, sono nate Associazioni che mettono l’accento su situazioni che tragicamente stanno tentando di ridurre non solo i percorsi democratici della nostra società ma anche quelli fondati sulla libertà e uguaglianza. “Articolo 21. Liberi di.”, una di queste  Associazioni, è nata per ricordare a tutti i cittadini che l’articolo della Costituzione sulla libertà di stampa da cui ha preso i natali, non solo non è un articolo secondario ma al contrario, in uno Stato diventato democratico dopo venti anni di dittatura, è uno degli articoli con caratteristiche di grande difensore della libertà e della democrazia. Mi preme rammentare che dove non esiste uno Stato democratico il primo sistema dittatoriale è quello di cancellare il diritto del far sapere alla collettività la realtà dei fatti, percorso che grazie alla mancata legge sul conflitto di interessi sta di giorno in giorno prendendo sempre maggiore spazio anche nel nostro Paese. Anche leggi apparentemente meno importanti vengono manomesse, per perseguire lo scopo di indebolire la Costituzione.
I recenti comportamenti che hanno visto la scesa in campo dell’Agicom, l’Autorità garante delle telecomunicazioni, che è stata costretta ad intervenire, per aver verificato come è stata manomessa  la “par condicio” e multare Tg1 (recidivo), Tg2, Tg4 (recidivo), Tg5 e Studio Aperto (Italia Uno), sono gli effetti più incisivi contro lo scempio mediatico in atto da parte del presidente del Consiglio, che naturalmente si avvale del servilismo di chi avrebbe dovuto avere un diverso comportamento se giornalista, ancora in possesso di professionalità, dignità e rispetto verso la collettività. Ma la sentenza dell’Agicom risarcisce i cittadini? Colpisce realmente i colpevoli che usano le televisioni per interessi personali? Può il principale azionista della Rai ignorare i comportamenti non professionali di qualche direttore, presente nell’azienda perché super raccomandato? Queste domande che quasi certamente resteranno senza alcuna seria risposta, da parte dei veri responsabili, potranno essere un altro motivo per trovare una forte e democratica unità utile a mandare finalmente a casa tutti i fautori dei disastri che stanno colpendo il nostro Paese. I fatti, purtroppo, non corrispondono alle false parole che ci vengono raccontate.
Un’ultima considerazione. Dopo tanti anni di esperienza trascorsi in Banca d’Italia, ho appreso che in tutte le aziende dove è presente il Consiglio di Amministrazione, vengono scelti i componenti di tale organismo capaci di far crescere l’azienda. Questo è il loro compito principale, ma se questo compito non dovesse dare il risultato sperato il o i componenti vengono subito sostituiti. Ora mi e Vi domando come mai alcuni componenti il CdA della Rai, pur sapendo che una persona (Meocci), non poteva, per rispetto ai regolamenti esistenti, essere nominato Direttore generale dell’Azienda, disattendendo tali norme lo hanno lo stesso nominato. Mi preme ricordare che dopo questa infelice operazione, dopo una articolata sentenza del Tar del Lazio e dopo una ulteriore sentenza del Consiglio di Stato, il Direttore Meocci ha dovuto dimettersi e la Rai è stata condannata a pagare 14 milioni di euro. Un detto del nostro passato ci insegnava che “chi sbaglia paga”; speravo che questa semplice ma utile espressione fosse patrimonio culturale anche del ministro Tremonti; sono spiacente di comunicarVi che purtroppo anche questa sua ignoranza danneggia l’Azienda Rai. Il perché è chiaramente verificabile: Tremonti all’epoca della ricordata nomina, da ministro, cioè responsabile del ministero principale azionista della Rai, aveva messo nel CdA  della Rai il Prof. Petrone, artefice insieme ad altri tre della impossibile nomina di Meocci; ricordo i 14 milioni; bene, anzi scrivo: male; lo stesso ministro che ricopre la stessa carica nello stesso ministero ha rinominato nello stesso CdA lo stesso personaggio. Il rischio reale è quello che una azienda in auspicata crescita da parte dei suoi abbonati rischia di abbassare la sua produttività per colpa o incapacità di diversi suoi amministratori e naturalmente per colpa e responsabilità di chi li ha nominati.
Riflettiamoci tutti, e tutti insieme, con il richiamo alla correttezza, alla professionalità ed alla dignità difendiamo lo strumento più democratico della nostra Repubblica. Difendere la nostra Costituzione è la battaglia, ripeto, corretta e democratica per la salvaguardia della vera libertà, dell’uguaglianza e della parità dei diritti e dei doveri.

pubblicato su http://www.ebdomadario.com


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