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Cie vietati ai cronisti: è protesta
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di Alessio Nisi*

Cie vietati ai cronisti: è protesta

Dal primo aprile una circolare del ministero degli Interni Maroni vieta alla stampa l’ingresso nei centri di identificazione e nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo politico. Il pretesto giuridico è la dichiarazione dello stato di emergenza per gli sbarchi. Un salto indietro di diversi anni, quando la direttiva Pisanu stabilì che nei centri di espulsione, che allora si chiamavano Cpt, nessun giornalista poteva entrare, se non al seguito di qualche delegazione parlamentare. Anzi pure peggio, perché oggi la stampa non può entrare nemmeno con i parlamentari (che hanno sindacato ispettivo nei luoghi di detenzione). Sull’immigrazione il ministro degli Interni Maroni ha messo in atto una vera e propria strategia della censura che cancella gli spazi di democrazia per l’informazione in Italia. La cancellazione di un diritto costituzionalmente garantito attuata con
una circolare. «Siamo alla sospensione di alcuni articoli della Costituzione - ha sottolineato Beppe Giulietti di Articolo 21 - in luoghi di questo paese e alla decisione arbitraria di chi entra e chi esce». Contro questa censura è partita una vera e propria mobilitazione. L’appello, che è uscito nei giorni scorsi sui giornali, ha tra i primi firmatari Giovanni Maria Bellu, Raffaella Cosentino, Gabriele Del Grande, Stefano Galieni, Cinzia Gubbini, Alessandro Leogrande, Stefano Liberti, Antonella Mangano, Marco Rovelli. Si tratta di giornaliste e giornalisti che hanno dedicato il loro impegno professionale e civile a contrastare l’esclusione sociale, il sequestro dei diritti, la xenofobia, il disprezzo verso quelli che vengono considerati gli ultimi, gli scarti umani da eliminare perchè «tanto danno solo fastidio e non votano in Italia». Un appello cui ha aderito anche la Fnsi. «Chiediamo ufficialmente al ministero che questi immotivati restringimenti vengano rimossi - ha detto il presidente Roberto Natale - l’accesso è stato ristretto per impedire all’informazione di fare il suo mestiere. Le disposizioni sine die non sono da paese civile». Mentre per Giulietti di Articolo 21 la necessità è «di illuminare a giorno i luoghi della sofferenza e della reclusione. Aderiamo convintamente e all’appello e alla raccolta di firme. Non solo di giornalisti: la cancellazione di un diritto riguarda tutti i cittadini e anche chi si vede negato un diritto alla conoscenza». Per Vincenzo Vita, senatore del Pd «chiederemo che Maroni venga a riferire. È un aspetto oscuro della politica criminale in Italia». Leonard Touadì, parlamentare del Pd, ha proposto a tutti i deputati di firmare insieme una interrogazione al ministro Maroni e di dare la disponibilità a promuovere iniziative. «Ci troviamo di fronte a un’inquietante e deliberata "strategia della censura" volta ad impedire ai cittadini italiani di venire a conoscenza della portata, della gravità e della
drammatica situazione dei migranti ormai da considerarsi dei veri e propri detenuti dentro le piccole “Guantanamo d’Italia” disseminate da Maroni su tutta la penisola. Questo modo di agire impedisce l’emergere delle gravissime violazioni dei diritti umani perpetrate in questi centri».

*giornalista de "Il Romanista"


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