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OdG e FNSI scrivono a Maroni: " Libertà di informazione sia garantita anche nei CIE"
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di redazione

OdG e FNSI scrivono a Maroni: " Libertà di informazione sia garantita anche nei CIE" Il testo della lettera inviata al Ministro Maroni

“Con la presente Le chiediamo un urgente incontro, per segnalare alcune difficoltà
insorte, tali da limitare il nostro dovere di informare liberamente i cittadini, in
ottemperanza all’articolo 21 della Costituzione.
In particolare, i problemi che intendiamo segnalarLe riguardano la possibilità per gli
operatori dell’informazione di avere accesso – nel rispetto della privacy di tutti i
soggetti interessati – ai luoghi di accoglienza e di trattenimento di migranti e profughi,
in questa fase provenienti soprattutto dall’Africa settentrionale.
Tale accesso, a seguito della Sua circolare prot. n. 1305 del 01.04.2011, è oggi e
“sino a nuova disposizione” consentito solo ad alcuni organismi umanitari
internazionali. Questo si traduce nel fatto che risulta impossibile, per chi intende
esercitare il diritto di cronaca, poter verificare con i propri occhi e con i propri
strumenti cosa accade in tali luoghi.
A tale proposito, recentemente alcuni giornalisti hanno lanciato un appello - che
l’Ordine e il Sindacato dei giornalisti hanno ritenuto di accogliere - in cui si chiede
espressamente che detta circolare debba considerarsi non più applicabile.
Pur comprendendo le problematiche derivanti talvolta dalla gestione quotidiana e
materiale dell’accoglienza, crediamo che non sia giusto considerare l’informazione un
intralcio al funzionamento di queste strutture; anzi siamo convinti che la credibilità e
la trasparenza delle stesse debbano essere considerate fondamentali per rafforzare la
fiducia nelle istituzioni.
Purtroppo, per quanto riguarda soprattutto i Cie (un tempo Cpt), tali limitazioni non
nascono con la suddetta circolare ma sono intrinseche all’esistenza stessa delle
strutture. Tutte le direttive finora emanate riguardo alle figure sociali a cui è garantito
l’accesso non menzionano gli operatori dell’informazione. Accade anche se queste non
sono giuridicamente definite come luoghi di detenzione, e quindi soggette alle
limitazioni previste, che comportano preventive richieste di autorizzazione all’ingresso.
Siamo convinti che un momento di discussione in merito risulti estremamente
importante, oggi più che mai, non essendo a nostro avviso ammissibile l’esistenza di
luoghi di concentramento non volontario di persone che siano inaccessibili alla libera
informazione.
Si tratta di una vera e propria anomalia democratica, che peraltro non può essere
rimessa - come finora è stato - né alla discrezionalità delle singole autorità prefettizie,
né tantomeno alla disponibilità di parlamentari della Repubblica che si fanno garanti
per i giornalisti.
Siamo certi che sia possibile addivenire ad una intesa atta a regolamentare il dovere
dell’informazione anche in questi luoghi: in maniera tale da non precludere il normale
funzionamento delle procedure che in essi vengono svolte e da garantire, come già
affermato, l’imprescindibile diritto alla privacy per gli “ospiti”, per gli operatori degli
enti gestori, per le forze di polizia predisposte alla vigilanza e alla sorveglianza.
In attesa di una Sua pronta e positiva risposta.”

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