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I Reclusi del centro di identificazione ed espulsione di Kinisia
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di Natya Migliori

I Reclusi del centro di identificazione ed espulsione di Kinisia

Reclusi. Non ci sono altri termini per definire la condizione dei settantuno giovani, perlopiù libici e tunisini, “smistati” da quindici giorni al Centro di Identificazione ed Espulsione di Kinisia. Fra le tende blu nel deserto della pianura trapanese, persino l'ombra è un lusso ed ogni giorno è pura sopravvivenza. "Anche un pastore avrebbe scrupoli a lasciare qui le proprie pecore! -ha dichiarato lunedì scorso il deputato del Pd Jean Leonard Touadì, venuto ad appurare personalmente le condizioni degli “ospiti” della tendopoli- Le norme igieniche sono inesistenti e persino un cinquantenne appena operato è trattenuto qui in condizioni inumane. Ci sono anche quattro transessuali la cui incolumità è ad alto rischio. Farò il possibile per far chiudere questo Centro". Ma quanto appurato dal parlamentare purtroppo non è tutto.

 "Il cibo è scarso -mi confessa un operatore- e l'acqua è veramente poca. Proprio oggi un ragazzo è stato portato in ospedale per gli effetti della disidratazione. Per non parlare dell'atteggiamento delle forze dell'ordine..."

"Veniamo tartassati la notte dalle guardie -mi racconta Saidi, vent'anni, tunisino, mentre il suo sguardo atterrito controlla che vicino a noi non ci sia nessun altro- mentre dormiamo o stiamo vedendo un film. Se la prendono con chi gli capita anche per motivi stupidi e persino se abbiamo ragione. Con me solo perché mi sono lamentato che l'acqua che ci stavano dando da bere era caldissima. L'avevano lasciata tutta la mattina qui fuori..."

Perché ti trovi ancora al Cie? Non hai fatto richiesta di Asilo Politico?
"Ho fatto richiesta a Lampedusa, a maggio..." vorrebbe darmi altre spiegazioni, Saidi, ma non le ha.

"Abbiamo prova -mi spiega l'avvocato Fabio Giacalone, legale di tredici degli extracomunitari del Centro- che quasi tutti i ragazzi qui a Kinisia sono stati trattenuti fino ad oggi in maniera illecita. Bisogna partire dalla premessa che un provvedimento di fermo al CIE è a tutti gli effetti una privazione della libertà personale. Per questo la polizia ha quarantott'ore di tempo per richiedere alla Cancelleria di un Giudice di Pace la convalida di Trattenimento. Il Giudice, a quel punto, ha altre quarantott'ore di tempo per sottoscriverla. Se la procedura non viene effettuata entro le complessive novantasei ore, il periodo di permanenza è illegale."

E' quanto è avvenuto a Kinisia?
"Le irregolarità in effetti -continua l'avvocato- sono iniziate ben prima. Molti dei ragazzi, fra cui i miei assistiti, sono arrivati a Lampedusa il 17 maggio. Ebbene, fino al 14 giugno sono rimasti sull'isola in condizioni assolutamente precarie e senza che le loro richieste siano mai state inoltrate alla Cancelleria di competenza. Quando sono arrivati qui, la richiesta di Protezione Internazionale è stata verbalizzata contestualmente al decreto di Respingimento, risultando in tal modo non valida."

E' questo il motivo per cui i suoi assistiti si trovano qui anziché al CARA?
"Esattamente. Io ed i miei colleghi stiamo provando ad aiutarli, facendo mettere a verbale, innanzitutto, che ognuno di loro ha presentato richiesta di Protezione addirittura un mese fa e che non esiste traccia di quella documentazione."

Servirà a qualcosa?
"Dipenderà dal Giudice di Pace. A Torino è successo che venti ragazzi che arrivavano da Lampedusa con lo stesso problema sono stati ascoltati ed il Giudice ha creduto alla loro buona fede. La decisione del Giudice è discrezionale e la mancata documentazione non costituisce necessariamente un impedimento. Se lui lo vorrà, la richiesta di Protezione Internazionale potrà essere accolta. Resta il fatto che molti dei ragazzi hanno già cercato la libertà in altro modo..."

Cioè fuggendo...
"Già. Devono combattere ogni giorno con troppi interrogativi e con troppe domande senza una risposta. Sono spaventati dalle nostre leggi e qui dentro si sentono, giustamente, in trappola."

Come sono possibili inadempimenti così gravi da parte delle forze dell'ordine?
"Io ho spesso l'impressione che si voglia creare il problema ad hoc. Gli arrivi in Italia dal nord Africa sono stati di recente stimati in percentuale in realtà minima rispetto alle “attese”. L'allarme immigrazione in altre parole non esiste e se non si costruisce appositamente, non ci si può neanche ergere a risolutori del problema. È solo propaganda politica."

Di fatto però, sotto l'accecante sole siciliano, la speranza che Kinisia venga chiusa è ancora un miraggio. Fino a ieri, altri venti immigrati sono stati spostati alla tendopoli dal CPT “Serraino Vulpitta”.

"Perché -è ancora l'operatore-continuano a portarli alla tendopoli? Forse perché da qui possono scappare?" Intanto i confortevoli 204 posti del nuovo CIE di Contrada Milo sono quasi ultimati. In attesa di altri prigionieri.


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