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Articolo 21 - CULTURA
Teatro Valle, a un mese dall'occupazione
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di redazione*

Teatro Valle, a un mese dall'occupazione E' passato un mese. Un mese da quando un gruppo di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo hanno deciso di compiere il gesto eclatante, l'unico che potesse dare forza e restituire voce ad una rivendicazione che va avanti inascoltata ormai da troppo tempo. Gli occupanti del Valle, ormai diventati il simbolo della lotta per la cultura in Italia, stanno ancora lì in attesa che le loro proposte vengano recepite, mentre, denunciano c'è già qualcuno che li imita facendo propria la gestione innovativa del Valle occupato.
Continua intanto la solidarietà offerta a quella che è un'azione politica di protesta e di proposta interamente costruita dal basso. Ieri protagonista della serata Marco Cavallo, il cavallo di cartapesta simbolo della lotta contro tutti i manicomi e della liberazione dell'immaginario accompagnato da Ambrogio Sparagna, Fabrizio Gifuni e Giuliano Scabia, ha emozionato il pubblico presente, mentre altri artisti si preparano, anche questa sera, a divertire un pubblico che continua ad essere variegato e soprattutto numeroso.
A un mese di distanza forse un piccolo bilancio è già possibile, e in questo caso, visto il successo di pubblico “partecipante” ( non solo per gli appuntamenti serali ma anche per le assemblee pomeridiane), il riscontro avuto a livello nazionale e internazionale, i fenomeni di emulazione ( non ultimo il movimento palermitano dei Pre-Occupati), le idee e le proposte che dentro quello spazio occupato nel corso di questo mese sono state lanciate, non può essere che positivo.
“Siamo riusciti- si legge nel post pubblicato ieri sul sito www.teatrovalleoccupato.it - ad intersecare istanze differenti, accesso gratuito, molteplicità degli spettacoli che parlano del presente, orario esteso e libero di entrata e di uscita, possibilità di partecipare a discussioni politiche. Con questa prassi siamo riusciti ad intercettare il desiderio delle persone di riprendersi un pezzetto di Roma e di cultura. Questi bisogni li hanno compresi anche i vari Lavia, Gasperini ecc, i quali non hanno perso tempo e hanno fatto propri i processi messi in atto dagli occupanti del Valle, semplicemente imitandoli, laddove l’imitazione è un dato umano, né giusto né sbagliato.”
Un desiderio di rinnovamento per le politiche culturali che parte dal basso, dagli “addetti ai lavori, ma anche dal pubblico che, forse per la prima volta è chiamato ad interagire e a esprimersi concretamente, non solo fruitore passivo, come accade per l'offerta televisiva, ma spettatore attivo per un nuovo modello di teatro e un nuovo modello di offerta culturale svincolato dalle becere logiche di mercato.
Un teatro “bene comune”? Perchè no!
Lo hanno rivendicato con forza nel corso dell'ultima conferenza stampa, lo hanno messo nero su bianco sul documento che prospetta il possibile futuro del Valle.
Qualcuno sarà in grado di cogliere queste sollecitazioni?
*B.I.

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