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Addio a Mino Martinazzoli, Ministro coraggioso che rifiutò la legge Mammì
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di Ennio Chiodi

Addio a Mino Martinazzoli, Ministro coraggioso che rifiutò la legge Mammì

La morte di Mino Martinazzoli lascia un vuoto davvero profondo, anche se da tempo si era allontanato dalla politica , credo con un senso di rigetto e di nausea per logiche, comportamenti politici, atteggiamenti personali e semplificazioni che certo non gli appartenevano. Non appartenevano in realtà a buona parte della classe politica di cui era stato parte attiva negli anni ottanta e novanta. Solo adesso, anagrafe alla mano, mi rendo conto di quanto fosse giovane. Sarà stato per la sua saggezza e la sua straordinaria arguzia e ironia - che poteva talvolta confondersi con cinismo e superbia - ma l’ho sempre visto più grande di quello che era. In realtà non aveva ancora compiuto 80 anni.

La sua straordinaria intelligenza politica (offuscata, per usare l’ironia di cui sopra, dalla “scarsa propensione a frequentare il genere umano”) e la sua lucida capacità di ragionamento erano semplicemente affascinanti. Noi, cattolici ancora giovani seppur impegnati nella professione e nella politica, seguivamo i suoi interventi a bocca aperta non perdendo una parola del filo logico, che legava le parole una all’altra e che conduceva a sbocchi che ci sembravano gli unici possibili. Per chi come me, abitava Dolomiti e dintorni, era impensabile perdere i Convegni di fine estate della Rosa Bianca a Brentonico. Memorabili gli interventi finali della domenica pomeriggio. Veri e propri duelli all’ultimo ragionamento con De Mita. Andreatta, e tanti altri: una palestra politica nella quale si riprendevano i fili dei ragionamenti interrotti dalle cosiddette pause estive e si preparavano le imminenti prossime battaglie.

Che nostalgia… Si è detto e scritto molto in queste ore della sua attività di politico, di ministro e di sindaco, della delicatissima fase storica, che lo ha visto protagonista a passaggio tra le due Repubbliche, della gestione e della trasformazione di quel che restava della DC e dei popolari. E si è detto del suo antiberlusconismo, che non nasceva da posizioni ideologiche o preconcette, né da interessi di parte a breve termine, ma da una profonda convinzione che quelle logiche, quel sistema di potere, quelle alleanze, quei metodi avrebbero inevitabilmente modificato il “dna” costituzionale del Paese e degli italiani. Singolare, preoccupante è invece un altro aspetto. Pochissimi tra i grandi giornali e i Telegiornali di ieri sera (ho visto un accenno sul Corriere, ma nulla su Repubblica, e non ho sentito nulla dal TG di Mentana, o addirittura dal Tg3… ) hanno però ricordato una pagina cruciale della recente storia italiana.

Le dimissioni, dal governo a guida Andreotti, di Mino Martinazzoli e di altri 4 ministri cattolici della sinistra democristiana (Sergio Mattarella, Riccardo Misasi, Calogero Mannino, Carlo Fracanzani) per protesta contro l’accordo, raggiunto all’interno della maggioranza, sull’approvazione della famigerata Legge Mammmì. La legge fotografava il sistema televisivo così come si era illegittimamente costruito nel corso dei mesi e degli anni precedenti, a suon di decreti legge e in barba alla Costituzione che avrebbe preteso equilibrio nella gestione di una risorsa così delicata, e così preziosa in quanto limitata, come quella della comunicazione televisiva.

La legge Mammì significava l’inizio della fine per un servizio pubblico degno di tale nome, e per le speranze che anche l’Italia potesse avere un sistema televisivo adeguato ad un Paese moderno e sano, almeno simile a quello delle democrazie di tutto il mondo. Martinazzoli e i sui colleghi lo avevano – profeticamente - capito molto bene, ma l’importanza della posta in gioco era altissima. I ministri della sinistra democristiana vennero sostituti dal Presidente del Consiglio Andreotti in pochi minuti e la legge passò con voto di fiducia. Silvio Berlusconi poteva brindare e Bettino Craxi ridersela sotto i baffi…. Il Paese stava cambiando … Il senatore Paolo Cabras dichiarò: «Non è mai successo che il Parlamento fosse chiamato a tutelare gli interessi di una sola persona.» Il resto è cronaca…


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