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Biennale, con un tratto di penna il ministro Galan cancella Baratta
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di Vittorio Emiliani

Biennale, con un tratto di penna il ministro Galan cancella Baratta

In ogni Paese “normale”, quando una persona si comporta in modo onesto, efficiente, meritevole nella gestione di un ente pubblico, che si fa? Lo si conferma. Nell’Italia berlusconizzata invece lo si manda a casa. E lo si sostituisce con uno degli amici del “capo”. E’ quello che sta succedendo a Paolo Baratta il quale ha retto, per la seconda volta, con successo indiscusso, apprezzato anche a livello internazionale (di recente dal “Financial Times”), la Biennale di Venezia e che il ministro dei Beni culturali, Giancarlo Galan, ex governatore della Regione Veneto, congeda. Al suo posto propone Giulio Malgara manager milanese della pubblicità, amministratore della Malgara Chiari&Forti (pasta fresca, polenta, gnocchi, olii, mulini e altro) e presidente dell’Unione Pubblicitaria. Andava a trotterellare con Berlusconi di cui è amico. Come di Galan che viene da Publitalia. Tutta gente di alto profilo culturale. Malgara l’ha ampiamente dimostrato nella imbarazzante intervista rilasciata a Paolo Conti del “Corriere della Sera”.

La nomina alla Biennale di Giulio Malgara – che dovrà essere ratificata dalle commissioni Cultura di Camera e Senato – ha suscitato una reazione immediata, accesa e diffusa, di protesta a Venezia e nel Paese. Il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, ha subito definito, seccamente, “inadeguato” il presidente designato all’improvviso da Galan. Il quotidiano della città, “La Nuova Venezia” ha promosso un appello di solidarietà nei confronti dell’attuale presidente e di pressante richiesta al ministro di non sostituirlo.

Appello che sta ottenendo un risultato inatteso: ad oggi oltre 700 adesioni, tante di cittadini comuni, di veneziani, di veneti anzitutto, che si sentono offesi e danneggiati. Ma anche di intellettuali per solito molto riservati: è il caso dello scrittore Alberto Arbasino o del poeta Andrea Zanzotto. Ci sono anche registi come Marco Tullio Giordana, storici dell’arte come Salvatore Settis. Urbanisti come Edoardo Salzano e Vezio De Lucia, la coreografa Carolyn Carson, Luigi Manconi, Corrado Stajano, Desideria Pasolini dall’Onda, Antonio Pinelli, Cesare De Seta, Giuseppe Giulietti a nome di Articolo 21 e tanti altri. E la sottoscrizione va avanti.

Perché tanto fervore? Eppure è un uomo molto riservato Paolo Baratta, ingegnere, economista, una grande passione per la musica (presiede l’Accademia Filarmonica Romana), un passato alla Svimez, alla presidenza di grandi banche pubbliche (“silurato” al Crediop da Craxi), poi ministro con Ciampi, Amato e Dini, nominato una prima volta alla Biennale nel ’98 e indi fatto fuori da Giuliano Urbani per conto del governo Berlusconi. Un personaggio dunque che non ama le facili popolarità. Ma i risultati della “sua” Biennale (molto radicata a Venezia e nel Veneto) parlano chiaro. Come si è letto sul “Corriere della Sera”: “L' attuale Mostra internazionale d' arte sta navigando verso la chiusura con un secco +13% di visitatori (quasi 280.000 fino a ieri) rispetto al 2009. Per la prima volta l' autofinanziamento per la Biennale Arte ha raggiunto la quota del 90% (su 13 milioni di euro): se è compito di una Fondazione rendere meno «pesante» il contributo dello Stato, qui Baratta ha vinto. Altre cifre. Per la prima volta la Biennale ha superato in un quadriennio il milione di visitatori nelle Esposizioni Arte e Architettura.

Ovvero: Architettura 2008, 130mila; Arte 2009: 380mila; Architettura 2010: 170mila; Arte 2011 finora quasi 280.000. Molto fecondo il rapporto col territorio: nel 2010 l' attività Educational (scuole e giovani) ha registrato complessivamente 17.883 presenze dalla Regione Veneto…” Mi pare che basti.
Eppure, con un tratto di penna, il ministro Galan cancella Baratta e lo sostituisce con un personaggio che con la cultura e con le istituzioni culturali – tantomeno con quelle di livello internazionale come la Biennale - non ha mai avuto nulla a che fare. Così va oggi nell’Italia dei Berlusconi e dei cloni.

Un appello per Baratta alla Biennale


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